MAGOMARCHIONNE di Giellegi

Circa due anni fa mi permisi di mettere in dubbio i miracoli di “mago Marchionne”, anche perché questi era soprattutto noto come un “aggiusta bilanci”; quindi, secondo il mio punto di vista, un prestigiatore dell’amministrazione. Del resto, non era la prima volta che in Fiat prevaleva un aspetto altro rispetto a quello propriamente industriale. Un precedente rilevante fu lo scontro negli anni ’80 tra Ghidella (che godeva della fiducia soprattutto di Umberto Agnelli) e Romiti, che alla fin fine fu fatto vincere e messo in sella dall’Avvocato. Potremmo dire, schematizzando, che si trattò dello scontro tra un progetto più legato all’industria (dell’auto in senso stretto) e quello romitiano di carattere più specificamente finanziario (non dunque soltanto amministrativo e di aggiustamento di bilancio). Ghidella stava fra l’altro conducendo in porto le trattative con la Ford per costruire – in ballo progetti di fusione o almeno di joint venture con messa in comune degli impianti produttivi dell’auto – un colosso decisamente potente; in Europa avrebbe occupato almeno un quarto del mercato. La riuscita dell’operazione l’avrebbe portato ai vertici della Fiat (dopo i due big Agnelli). Il progetto fu fatto fallire da Romiti, che per un buon periodo divenne lui il fiduciario della famiglia proprietaria. A quel tempo si disse anche che il vero obiettivo da colpire non fosse Ghidella ma il secondo degli Agnelli; e che quindi la lotta, in realtà, non si svolse tra i due alti manager (comunque, è inutile interessarsi delle lotte “dinastiche”, per di più ormai vecchie).

Con Marchionne siamo “quasi” alle solite; il “miracolo” è solo apparentemente industriale, ma più che altro amministrativo (nemmeno finanziario in senso stretto). Del resto, sarebbe bastato rendersi conto che le speranze di rinascita dell’auto erano al 90% basate sul lancio della “stufa con motore a scoppio” rispondente al nome di “nuova 500”. Tutta la stampa di regime – in particolare nella fase in cui sembrava che la GFeID, con Prodi e la sinistra, fosse ben unita e al completo comando del paese – fece una pubblicità assordante. Solo la presentazione e poi il lancio (fra cui la “notte bianca” del 4 luglio 2007, ecc.) sono costate non ricordo quanto, ma una cifra enorme. Immagino sia stato redatto un rendiconto – ma non mi consta sia mai stato reso noto – delle colossali spese pubblicitarie e del “rientro” delle stesse. E’ passato poco più di un anno dalla commercializzazione della vetturetta; chi ne parla più, quante se ne vedono in giro? Sono diventato particolarmente cieco, o il nord-est è troppo ricco per abbassarsi a comprarla?

A parte questi piccoli imbrogli da magliari, non vi è dubbio che la Fiat si trova in brutte acque per la grave crisi in corso; e non versa (forse) in condizioni peggiori di altre case automobilistiche. Basti solo pensare alle “tre big” americane (GM, Ford e Chrysler) che – dopo il no del Senato a reali e duraturi aiuti – riceveranno dal Governo (in due tranches) 17,4 miliardi di dollari a titolo di prestito; ma a brevissimo termine, solo per ovviare a problemi di carenza di liquidità. Se esse non dimostreranno di saper sanare le più gravi deficienze relative alla produzione e smercio d’auto, saranno chiamate a restituire i prestiti (e come?). E’ in crisi nera pure la Toyota, famosissima per aver lanciato quella grossa “bufala” della qualità totale (e del just in time), su cui hanno fatto carte false anche i nostri sciocchi “operaisti” (e personaggi francesi alla Coriat), ecc., dimostrando di quale pasta “marxista” e “ultrarivoluzionaria” fossero fatti. Ovviamente, hanno scritto libri pubblicati dalle case editrici dell’establishment, hanno inondato di demenzialità i vari giornali italiani e d’oltralpe, ecc. [Mentre il sottoscritto, che li ha “smerdati” (mi si passi il termine) fin dal primissimo momento, dicendo che erano dei semplici buffoni o forse peggio – così come quando sostengono la fine degli Stati nazionali, i social forum come “seconda potenza mondiale alternativa agli Usa”, le varie Moltitudini che agognano al comunismo e altre “maialate” del genere – è stato altrettanto ovviamente boicottato in ogni sua “produzione”].

Resta comunque il fatto che il Mago Marchionne, contrariamente a tutta la pubblicità fattagli, si sta dimostrando quello che questo blog aveva sostenuto essere – beccandosi i rimproveri e gli improperi di qualche commentatore evidentemente un po’ sprovveduto – fin dall’inizio della sedicente opera di “risanamento”, cui non credemmo prima che iniziasse la crisi, quando ancora le vendite di auto non erano crollate in tutto il mondo. E abbiamo avuto in questi ultimi giorni alcune soddisfazioni. Sabato scorso su Repubblica (giornale non sospetto, da sempre organo della GFeID, e dunque anche della Fiat) il giornalista Penati ha scritto un articolo intitolato significativamente “La Fiat di Marchionne fu vera gloria?”. Le considerazioni ivi sviluppate potrebbero ben figurare in questo blog; evidentemente, perfino dentro la casa automobilistica torinese, qualcuno si è scocciato delle “fantasmagorie” marchionniane e comincia a “sbuffare e scalpitare”. Martedì 23 è uscito un altro articolo su Libero mercato (solo apparentemente “non in linea” con il capitalismo alla GFeID, perché è invece un giornale sempre molto benevolo verso la Fiat e il suo nuovo vertice, John Elkann), dove si definisce ripetutamente Marchionne come “giocatore di poker” (cioè uno che o bluffa o bara).

Un ciclo sembra stia per chiudersi; la crisi ha accelerato l’“ora della verità” e fatto apparire il piombo che era ricoperto di una sottilissima spolveratura d’oro. Attendiamo fiduciosi che, per l’ennesima volta, i fatti ci diano ragione. La crisi, lo ripeto, mette tutti in difficoltà. Alcuni si consolano perché la Fiat, in questa crisi, ha guadagnato 3-4 decimi di punto nella quota d’auto venduta in Italia (dove a novembre c’è stato un crollo di oltre il 29% rispetto a un anno fa) e un decimo di punto in Europa (sempre a novembre, con oltre il 25% di vendite di auto in meno rispetto al 2007). Magra consolazione. In ogni caso, lo ripeto, attendiamo ancora; credo che il 2009 ci chiarirà molte idee. Per il momento, ci accontentiamo di notare che molti dell’establishment iniziano ad averne piene le scatole dei “giochi di bussolotti” del Mago Marchionne. Noi invece non ce l’abbiamo affatto con lui personalmente. Semplicemente, siamo stufi dei cialtroni (non lui, bensì quelli che a lui hanno inneggiato) in vena di inventarsi di continuo miracoli e “magnifiche sorti e progressive” del capitalismo più parassitario – sempre assistito e sempre affamato di nuovi aiuti – esistente in questo paese; un capitalismo che ha compiuto simili “miracoli” solo perché assistito mediante spesa pubblica, mentre perfino gli "sceeeemi" (o imbroglioni “ultrarivoluzionari”) lo osannavano e ne raccontavano mirabilie, con tutta l’editoria e stampa (e media in genere) al seguito.

Marci sono questi intellettuali tromboni – ex ’68 ed ex ’77 – che suonano la carica per poveri giovanottelli già rimbambiti, ponendosi al servizio dei potenti, che adesso hanno ancora una volta bisogno di trovare qualche altra fantasmagoria per tirare avanti con ulteriori maneggi e malversazioni. Finito un Marchionne, se ne cercheranno dieci altri; e cosa c’è di meglio che assoldare quale coro gli “ultrarivoluzionari” per il solito gattopardesco cambiamento totale che riesca a lasciare tutto (il loro potere) come prima? Attenti alle “Vandee” mascherate da “movimenti popolari” (di pochi scriteriati, avventuristi e pronti a tutte le peggiori mascalzonate che sono sempre state appannaggio di chi le spara più grosse in termini di “trasformazione sociale”). I recenti, “strani”, attacchi di Repubblica a Marchionne, e degli altri giornali che si sono accodati, non debbono ingannarci. Il problema non è mai quello di una persona. Marchionne è stata una scelta (come già quella di Romiti contro Ghidella) atta a favorire i giochi finanziari, gli abbellimenti amministrativi (più certamente qualche nuova vetturetta da lanciare come fosse l’astronave di 2001 Odissea nello spazio o di Guerre stellari).

Tutto serve sempre a mangiare risorse a spese dell’intera popolazione e di una politica industriale consona ad un paese che volesse usarle in modo più adeguato a rafforzare la propria potenza. I (falsi) miracoli vengono sempre attribuiti ad una data persona – così come il “male del mondo”, egualmente attribuito a qualche “uomo nero”: o Bush o Berlusconi, ecc. – approfittando del totale rincoglionimento della “gente”, in particolare di quel “ceto medio” di sinistra, di cui ho già sparlato mille volte. Così facendo, è facile, dopo qualche anno e in un periodo di crisi nera, buttare a mare quella persona, chiamarla “giocatore di poker”, in modo da escogitare una nuova presa in giro per i “colti e gli incliti” (deficienti a tutto tondo) e ricominciare i giochi di sempre, ma fingendo che siano completamente nuovi e questa volta vincenti. E anche questa volta, vedrete che si troverà un “uomo nuovo” per sostenere il giochetto: diciamo un qualche “Obama” casereccio (chi si è più esaltato di fronte a questa non novità accaduta negli Usa, presa per una quasi rivoluzione? Toh, guarda caso, sempre la sinistra: o cogliona o furfantesca). Fino a quando li si lascia giocare, questi (sub)dominanti parassiti continueranno all’infinito a prenderci per i “fondelloni”. E fanno bene: sottoporre a sevizie chi è masochista non è un delitto, è un’azione decisamente altruistica; bisognerà anche ringraziarli. Perfino se, come azione di complemento (ma decisiva), aprissero le galere mediante una nuova campagna giudiziaria e con le accuse di aver commesso chissà quali terribili delitti (un nonnulla rispetto ai loro).