Mamma ho preso l’aereo. di A. Berlendis

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‘Mamma ho preso l’aereo’

A proposito del viaggio del 1978 di Napolitano negli Usa nell’ultimo libro di Paolo Cirino Pomicino

 

 

“Io sono qui per fare da intermediario

con coloro che lavorano dietro le quinte

che sanno come vivere.”

 

Henry Kissinger

 

 

1. “«My favourite communist», ossia «il mio comunista preferito» è stato il saluto scherzoso che Henry Kissinger ha rivolto a Giorgio Napolitano quando lo ha visto a Cernobbio” Così riportava il Corriere della sera nel 2001, segnalando però che “I due scherzavano meno nel 1975, quando Kissinger, segretario di Stato, fece negare a Napolitano il visto per gli Usa.”

Sorgono qui due domande: Napolitano è stato il ‘comunista’ preferito da Kissinger, ma da quando? e soprattutto perché?

In questo scritto mi concentrerò sulla domanda apparentemente meno rilevante, cioè il ‘da quando?’.

Per farlo mi servirò del volume appena edito di Paolo Cirino Pomicino, ‘La Repubblica delle Giovani Marmotte. L’Italia e il mondo visti da un democristiano di lungo corso.’ Questo scritto si ricollega ad altri miei contributi a sostegno dell’ipotesi lagrassiana del cambiamento di campo geopolitico del Pci avvenuto nel corso degli anni Settanta, che ha costituito un evento decisivo con effetti significativi generatisi sin da allora, ma proseguiti sino all’oggi.

 

2. Nel libro si trova la seguente apodittica affermazione: Napolitano “è sempre stato troppo espansivo nell’abbraccio americano, sin dal 1974, in occasione del suo primo viaggio negli Usa, reso possibile proprio dall’amico Henry Kissinger.”

Sulla data del viaggio negli Stati Uniti di Napolitano, consideriamola, un refuso, una svista del correttore di bozze, un errore di datazione da parte di Pomicino, in quanto contrastante con riscontri fattuali, legati alla datazione del 1978 ed alla precedente negazione dei visti del 1975…quindi non ci costruirò nessun ragionamento.

Ma in verità, l’elemento sconvolgente per una dominante tradizione storiografica, giornalistica, ed ideologico-politica è costituita dal ruolo che Kissinger avrebbe svolto nell’agevolazione del viaggio di Napolitano negli Stati Uniti.

Occorre partire dalla constatazione che l’affermazione di Pomicino non è isolata, ma va collegata ad altre, che l’autore dispensa in altre parti del suo volume, e che contribuiscono a sostanziarla ed articolarla.

 

Una prima affermazione, di tipo assertivo, è la seguente: “Napolitano era il comunista più accreditato negli ambienti politici dell’Occidente ed è molto amico di politici americani, primo fra tutti Henry Kissinger.” Qui abbiamo una sequenza che declina i legami di Napolitano dal generale al singolare. In primo luogo, si indica un ruolo (“comunista più accreditato”), e si indica presso chi (“negli ambienti politici dell’Occidente”). In secondo luogo, si restringe e focalizza la nozione prima assunta in generale di “ambienti politici dell’Occidente” delineando a quali ambienti in particolare l’accreditamento è riferito (“è molto amico di politici americani”). In terzo luogo, procedendo nel percorso, concretizza e singolarizza a chi si riferisce parlando di “politici americani”: “primo fra tutti Henry Kissinger” (in altra pagina riguardo Napolitano rammenta la “strettissima amicizia con Henry Kissinger”).

 

Una seconda affermazione, di tipo allusivo, rafforzativa della prima, è la seguente: “Girava voce, peraltro, che Napolitano fosse membro della Trilateral, fondata da David Rockfeller e da Henry Kissinger nel giugno 1973.”

A supporto di questa affermazione Pomicino pone la seguente congettura: “Da un po’ di tempo a questa parte la Trilateral partecipa al governo italiano, almeno con un proprio rappresentante. Marta Dassù, Mario Monti, Enrico Letta sono stati autorevoli componenti o presidenti nei governi degli ultimi anni (oggi abbiamo Federica Guidi) e nella loro ascesa Giorgio Napolitano ha avuto un ruolo fondamentale, dando così spazio ai tanti sospetti che lo ritengono componente della stessa Trilateral.”

Di conseguenza, ne conclude che Napolitano “passò dalla internazionale comunista alla Trilateral, una sorta di internazionale del capitalismo fondata, come già detto, da David Rockfeller nel 1973. C’è chi passa una vita senza un organismo internazionale e chi invece, non riesce a vivere senza un organismo internazionale di riferimento. Il caso di Napolitano può spiegarsi con la velenosa teoria del pendolo, che passando da un estremo all’altro sbaglia sempre.”

Pomicino chiarisce peraltro in più parti del suo volume in che cosa consista la Trilateral: in un punto sostiene che è “una delle più forti lobby internazionali”, per la precisione “organismo a metà strada tra lobby permanente e centro studi”,in particolare, luogo di convergenza tra “politica ed economia”. Sottolineando, in altre pagine, che un “associazione, diciamo, riservata, come la Trilateral …richiede obbedienza e dedizione assoluta, offrendo in cambio incarichi ben remunerati, funzioni, prestigio e tutele di ogni tipo.”, il che per Pomicino significa che “Quando si entra in collegamento con organismi del tipo Trilateral si rinuncia a una parte della propria libertà”

Circa i possibili effetti sulle azioni di Napolitano, sia del legame con Kissinger che della supposta appartenenza alla Trilateral, Pomicino sostiene quanto segue: “Torniamo a Napolitano, Monti e la Trilateral. Ho già ricordato la sua [di Napolitano; nota mia] strettissima amicizia con Henry Kissinger: le pressioni di quegli ambienti americani e della Trilateral trafissero, come un coltello nel burro, l’anima di Giorgio Napolitano, il quale non soltanto sostenne Monti ‘for president’, ma addirittura fece uno scempio istituzionale, nominandolo senatore a vita alcuni giorni prima dell’incarico di formare il nuovo governo.”

 

3. Disponiamo ora di tutti gli elementi che il volume di Pomicino ci fornisce, per rispondere alla domanda: Napolitano è stato il ‘comunista’ preferito da Kissinger, ma da quando?

Se quanto affermato nel volume ha un fondamento, allora ne possiamo dedurre che:

a) il legame vigeva prima del viaggio negli Stati Uniti del 1978, e questo sarebbe già di per sé sufficiente

▪ a smentire tutte le ricostruzioni di quell’evento,

▪ a disvelare il ruolo di Kissinger rispetto all’apertura al Pci,

▪ ma ancor di più porrebbe il non piccolo problema del legame tra il Pci e gli Stati Uniti…

 

b) il terreno comune sarebbe stato l’appartenenza di entrambi, ovviamente con capacità di influenza e pressione ben diversi, alla Trilateral.

 

3. A questo punto proviamo a dare una mano (anzi, una ‘manina’ si potrebbe dire visto l’autore, anche se non ‘d’Oltreoceano’ come lui sostenne a proposito degli ispiratori del colpo di Stato giudiziario di Mani Pulite), non più per corroborare l’affermazione di Pomicino circa il ruolo di Kissinger nel favorire viaggio negli Stati Uniti di Napolitano del 1978 come abbiamo fatto sopra, ma anche, e questo lo aggiungiamo noi, rispetto ad uno degli incontri che Napolitano ebbe.

A tal proposito, credo si debba partire dal fatto che, probabilmente, almeno riguardo alla lista ufficiale, l’incontro di maggior rilievo fu quello con il Council of foreign relations (Cfr). Le strategie diversive rispetto all’evento e/o alla sua natura sono articolate e consolidate nel tempo. Si va dalla dissimulazione dell’incontro con il Cfr, per cui in un testo del 2011 redatto da storici, basato sugli archivi americani ‘trafugati’ da WikiLeaks, si può ancora leggere: “Nel 1978,Giorgio Napolitano fu invitato negli Stati Uniti per una serie di incontri e conferenze universitarie.”; al restringimento dell’ambito d’azione e del ruolo del Cfr, come opportunamente fece a suo tempo il corrispondente de ‘L’Unità’ che lo qualificava esclusivamente come uno dei “centri di ricerca quali, ad esempio, il Council of foreign relations di New York”; sino all’attribuzione al Cfr di un asettico status istituzionale, come nella biografia di Napolitano scritta da Paolo Franchi:“Il viaggio di Giorgio Napolitano in alcune prestigiose università (tra le altre Harvard, Priceton, Yale, Georgetown, il Mit) e importanti istituzioni degli Stati Uniti, come il Council on Foreign Relations”

Rivolgendosi ad altra fonte si può sapere di più sulla tipologia di quegli incontri: “Napolitano diventa il primo esponente del Pci in visita ufficiale negli States. Al ritorno racconta su Rinascita le conferenze a Harvard e Princeton, ma anche – e questo è più interessante – i suoi colloqui presso il Cfr, l’esclusivo e potentissimo Council on Foreign Realtions, il ministero degli Esteri informale degli Stati uniti.” Un’autrice, peraltro complessivamente assai discutibile, a proposito di tali organismi capaci di ‘riservatezza’ e influenza ha sostenuto che: “Il Consiglio per le relazioni estere (Conuncil on Foreign Relation, CFR), da molti considerato solo un importante centro studi, si presenta nelle sue stesse parole come un ente ‘che si dedica all’approfondimento della conoscenza e della comprensione del mondo fornendo idee e proposte per la politica statunitese. A tal fine il Consiglio promuove al suo interno dibattiti e tavole rotonde, studia ed esemplifica le più importanti questioni di geopolitica e pubblica la rivista ‘Foreign Affairs’. Nonostante questa affermazione innocua e piena di buoni propositi, molti ritengono che il CFR sia la più potente e influente organizzazione privata nel campo della politica estera americana e che sia impegnato nell’instaurazione di un Nuovo Ordine Mondiale.” A tal fine “il CFR vanta contatti con capi di Stato e governi stranieri. La sua influenza arriva quindi praticamente ovunque.”

Scorrendo la “lista dei membri più importanti del Cfr con gli incarichi di potere che hanno rivestito fino ad oggi” si trova subito “Henry Kissinger (ex consigliere per la Sicurezza Nazionale; membro della Commissione trilaterale e del gruppo Bildenberg)”. Dando seguito all’affermazione di Pomicino circa il legame tra Napolitano e Kissinger, si può allora forse immaginare che quest’ultimo abbia agevolato l’effettuazione dell’incontro di Napolitano con il Cfr, in quanto membro assai autorevole dello stesso?

 

4. Quanto alla domanda sul perché, Napolitano fosse il comunista preferito da Kissinger ripropongo qui, come viatico per impostare una risposta, l’arguta disamina contenuta in un racconto di fantapolitica del 1980, redatto da Rerum Scriptor, pseudonimo dietro cui si celò un “noto politologo, studioso del marxismo e della società italiana” (così recitava la quarta di copertina). Passando in rassegna le posizioni dell’allora gruppo dirigente del Pci, svelava che vi erano“dirigenti che celavano a stento, sotto un velo di diplomatico rispetto per l’Urss e per l’acceso filosovietismo della base, una decisa simpatia per gli Usa.

Si diceva che appartenesse a questa elite già da allora Giorgio Napositano. Tale era almeno l’opinione dei funzionari del Dipartimento di Stato che incontrarono l’uomo politico comunista, allora in fama di concorrente da destra di Berlinghieri, nel corso della missione segreta del novembre 1979 negli Usa, dove la direzione del Pci aveva deciso di mandarlo, come segno di buona volontà nel momento della gravissima crisi degli ostaggi a Theran. Uno dei suoi interlocutori arrivò provocatoriamente a chiedere a Napositano in che cosa uomini come lui si considerassero ancora comunisti. Ne ricevette questa illuminante risposta:

‹‹Non è questo il problema. Il Pci esiste, ha un grande seguito di massa che tale resterebbe quale che fosse il comportamento di gente come me. Nel corso di una storia drammatica e tormentata parecchia zavorra si è certamente accumulata nelle stive del mio partito. Occorre che se ne sbarazzi, d’accordo. Molto è stato già fatto in questo senso, ma molto resta da fare. Ecco il compito che ci proponiamo, ma ci vuole tatto e gradualismo. Voi americani potreste aiutarci moltissimo, ma dovreste rendervi conto che quando si deve disinnescare un ordigno esplosivo, è stupido imprecare contro chi lo ha apprestato. Invece di ostracizzarlo, sarebbe meglio, se questo fosse possibile—convincere il costruttore a passare dalla nostra parte, rivelandoci i piani di fabbricazione. Così si potrebbe procedere allo smontaggio col minimo rischio. Strano che voi americani, che vi vantate di essere un popolo di pragmatici, stentiate tanto a capire un concetto così elementare.››.

Gli americani avevano invece capito benissimo, come si evince dai rapporti dei funzionari incaricati dei contatti con le missioni del Pci.”