Manifesto dei nuovi tempi
Russia e Cina non sono solo due potenze ri-emergenti, sono due formazioni nazionali portatrici di un nuovo sistema sociale complessivo (economia, politica, apparato statale-militare, cultura e ideologia) destinate ad estendere la propria influenza su aree sempre più vaste. Ciò vuol dire che il capitalismo per come lo abbiamo conosciuto finora, legato all’evoluzione del modello a matrice americana, declinerà inesorabilmente insieme al primato geopolitico statunitense. Del resto, è quanto già accaduto col tramonto del capitalismo inglese a cui si sostituì quello più avanzato a stelle e strisce che si impose su gran parte del pianeta con decisivi cambiamenti di forma e di sostanza, ed elevate implicazioni sulle esistenze di tutta l’umanità. Ma nulla è per sempre ed il destino di ogni cosa che riguarda gli uomini è quello di essere superata. Si chiama storia e finché ce ne sarà, in barba a certi determinismi propagandistici, si alterneranno civiltà e stili di vita, altrimenti si ritornerebbe solo indietro, al cosiddetto periodo pre-storico in cui gli uomini vivevano allo stato naturale.
Nel frattempo tutti i fattori che avevano decretato la superiorità del capitalismo occidentale si sfaldano insieme al loro portato idealistico che si avvita su sé stesso. Dalla scienza alla tecnica, dalla libertà alla democrazia, quello che ci aveva trasformato in faro per le generazioni sta degenerando e marcendo infrangendosi sulla scogliera della realtà. La scienza è diventata un fortino di cricche autoconsistenti e conseguentemente la tecnica insegue scenari senza futuro, la democrazia e la libertà hanno perso le loro maschere progressive e mostrano ora tutta la loro inconsistenza. Da un’altra parte del mondo invece si approcciano frontiere inesplorate che galvanizzano le persone e riorientano le loro preferenze. La Cina e la Russia attirano i popoli a lungo tenuti in una minorità coatta e depredati di ogni energia. La forza tecnologica cinese, la sua espansione economica e quella militare russa indicano un’altra strada da intraprendere per affrancarsi da una condizione sventurata. Siamo in presenza di una nuova forma di società che ancora non sappiamo descrivere. L’Occidente continua a sottovalutare la situazione e a sopravvalutarsi ma intanto accumula ritardi su armamenti che i suoi nemici hanno già sviluppato che proseguiranno a perfezionare.
Anche culturalmente è finito in un vicolo cieco. Non è in grado di auscultare il battito del cuore dell’epoca storica. Quando i suoi intellettuali scrivono saggi consolatori privi di realismo vuol dire che manca del tutto oggettività nell’analisi. Continuano a dirsi quanto sia bello il capitalismo e anche quanto sia buono per tutti ma ormai non serve più a nessuno. Da ultimo leggo di un improbabile “Manifesto capitalista” a firma si Norberg, così recensito da uno di quei soliti liberali poco solidi: “Quest’opera spiega che il capitalismo è fondamentalmente etico, perché consente di vivere secondo la versione migliore di se stessi. L’agire economico può riflettersi nei comportamenti non-economici. Ed è abbastanza per essere orgogliosi di questo sistema, difendendolo da chi vorrebbe affossarlo”. Questo piagnisteo moralistico è solo un anticipo di bara, si tengano pure l’orgoglio questi rimbecilliti ma non servirà a parare i colpi. La Storia non ha mai tenuto conto delle buone intenzioni, ammesso che qualcuno ne abbia.
Infine, assistiamo allo spettacolo indecente di un doppiopesismo che ormai fa crescere solo la rabbia dei nostri ipotetici avversari e che porterà a breve alla distruzione di tutte quelle false istituzioni nazionali e internazionali che abbiamo innalzato per celare relazioni a dominanza che non trovano più riscontro nei fatti. Sempre pronti a giudicare gli altri non siamo più capaci di essere onesti nemmeno tra noi stessi. Non siamo l’asse del bene che combatte contro quello del male. Solo al di là del bene e del male si affaccia quel minimo di verità che non ha nulla a che vedere con la giustizia ma solo con una ingiustizia meno unilaterale.