Marx fa parte dei (Tele)visionari? Scritto da Andrea Berlendis
A proposito del trattamento massme(r)diatico di una teoria
“Citatemi dicendo che sono
stato citato male.”
Marx (non Karl ma Groucho)
Lunedì sera 5 maggio, Rai 3 ha mandato in onda (o in orbita, come si preferisce) una puntata della trasmissione condotta da Corrado Augias, il cui titolo è già di per sé emblematico ‘Visionari, dedicata a Marx.
1.Un mostro mitologico senza testa: il marxaugias
Augias ha in più occasioni dato prova di essere un ‘profondo’ conoscitore dell’elaborazione marxiana. Nella sua recensione al volume di Hobsbawm ‘Come cambiare il mondo. Perché riscoprire l’eredità del marxismo’, ha sostenuto che “Perfino i detrattori – soprattutto all’indomani della crisi finanziaria – hanno dovuto riconoscere la forza e la lucidità del suo pensiero.”[1]. In altra circostanza ha proferito con sicumera che “cristianesimo e marxismo sono gli unici due grandi movimenti ad aver messo i poveri al centro della loro dottrina. C’è anche nel marxismo un certo messianismo che non stupisce essendo anche Marx un ebreo.” [2] Intervistato sul senso della trasmissione ha ovviamente risposto che: “Parlando di Marx ci chiederemo se l’utopia comunista è stata un fallimento.”[3]
Con queste premesse, con Marx posto tra Santa Chiara e Martin Luther King (altri personaggi cui è stata dedicata una puntata), la presentazione della trasmissione non poteva che stonatamene suonare così:
“Filosofo, economista, sociologo, rivoluzionario: Marx è stato tutte queste cose assieme e ha attraversato i territori del sapere mentre percorreva quelli geografici dell’Europa dell’Ottocento. Il 5 maggio avrebbe compiuto 196 anni. Ma quanti Marx esistono? Tanti. O almeno due. Perché c’è quello che sopravvive e attraversa i secoli e l’altro cancellato dalla storia. Dopo aver popolato l’immaginario collettivo del Novecento, Marx è infatti stato “riposto nell’armadio”, ma la crisi che sta facendo tremare il capitalismo mondiale lo ha riportato al centro della discussione. E quali sono i nuovi pericoli del capitalismo finanziario?”[4]
Dopo squartamento tramite la divisione accademica del lavoro, tra “Filosofo, economista, sociologo, rivoluzionario” della teoria al tempo stesso scientifica e critica, di Marx non poteva che rimanere meno di nulla, per cui alla domanda di Augias “Ma quanti Marx esistono?” è più che lecito rispondere, cinque, cioè il numero esatto dei cinque fratelli Marx costituenti l’omonimo gruppo comico dei Marx Brothers. Sempre in omaggio ai fratelli Marx, le affermazioni udite potevano confluire nel loro film ‘Il bazar delle follie’, ma più propriamente erano interamente pertinenti con l’altro loro film ‘Humor Risk’ poiché, come di Marx, “Della trama del film si sa ben poco“[5], infatti “Nell’ambiente cinematografico Humor Risk viene definito un film perduto. La copia del film non è mai stata trovata.”[6]
Lasciamo quindi le visioni (allucinogene) ai ‘visionari’, agli Augias di turno, per inoltrarci ahinoi verso il contenuto centrale della trasmissione.
2. Olio di Canfora per Marx
Il fulcro su cui si è retta la puntata in questione di ‘Visionari’ è stata l’interpretazione che Luciano Canfora ha dato di Marx. Ha esordito affermando che “Marx ha intuito molte cose, alcune le ha dette chiaramente. Ha intuito la globalizzazione. Non poteva descrivere quello che stiamo vivendo, cioè l’estensione a tutto il pianeta di quello scenario di conflitto che ha descritto via via nelle sue opere, soprattutto nel ‘Manifesto’”[7] Precisando successivamente che: “Quello che ha unificato il mondo, il capitale ha anche unificato i ceti dipendenti… Nel Bagladesh, in Thailandia, in India, in Brasile l’operaio non gode di quella situazione abbastanza confortevole di cui godono alcune minoranze operaie dell’Europa. Siccome il capitale è mondiale, anche le classi dipendenti sono mondiali. Dunque il quadro idillico, ‘tutto sommato le cose vanno meglio’, è sbagliato.”[8]
Queste brevi formulazioni rappresentano un’angolazione teorica consolidata di Canfora riguardo all’elaborazione marxiana. Infatti già nel volume dal titolo significativo ‘Marx vive a Calcutta’ sosteneva che: “Quello che al tempo di Marx erano le grandi nazioni industriali, e costituivano, ciascuna per sé, un campo proficuo di analisi sociale, oggi sono le province di un unico grande sistema sovranazionale. Considerarle ciascuna per sé non ha molto senso. Al vertice di tale sistema sono le circa 160 multinazionali che, secondo di calcoli della CNUSED [= Conferenza della Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo], risalenti al 1985, da ‘sole o congiuntamente esercitano un controllo chiave sull’uno o sull’altro dei settori dell’economia mondiale’. In questo sistema mondiale, la ‘classe operaia’—per adoperare questa espressione come metafora—non è l’elite costituita dai lavoratori industriali del ‘primo’ mondo, è l’insieme dei mondi dipendenti su cui si esercita il dominio di questo ‘padrone unico’. E poiché le 160 società che costituiscono questa sorta di ‘padrone unico’ hanno sede esclusivamente nel mondo euro-atlantico (anzi in alcune aree di esso), in tali regioni esse hanno consapevolmente promosso il coinvolgimento dell’intera società circostante nella propria orbita. Ecco perché non vi è quasi più, in tali regioni, una ‘classe operaia’ nel senso ottocentesco o proto novecentesco del termine: soggetto antagonistico al capitale!”[9]
Il conflitto, assunto come centrale e determinante, tra capitale e lavoro salariato si sarebbe esteso al mondo intero, ma soprattutto con la globalizzazione, il conflitto antagonistico si dovrebbe ormai dispiegare tra due Soggetti su scala mondiale. La difficoltà consisterebbe nel passare dalla unificazione oggettiva a unificazione soggettiva delle ‘classi operaie’ (l’esortazione finale de il ‘Manifesto’, “Proletari di tutti i paesi, unitevi!”, evocato esplicitamente da Canfora).A causa di questo mancato passaggio, il destino dell’elaborazione marxiana è stato per Canfora il seguente: “Calato nel vivo dei movimenti rivoluzionari dei mondi dipendenti, il ‘marxismo’ ha cessato di agire come ‘scienza’: vive come grande istanza utopistica ed egualitaria. E’ un processo per certi versi parallelo a quello subito dal cristianesimo”[10] Anziché prendere atto della falsificazione derivata dai processi storici di questa ipotesi centrale del marxismo (del marxismo si badi bene, non si tratta qui dell’ipotesi marxiana che non faceva perno sulla rivoluzionarietà della ‘classe operaia’, ma sull’oggettivo formarsi del ‘lavoratore collettivo cooperativo’), come codificato dal suo fondatore Kautsky, si preferisce percorrere a ritroso il tragitto dall’utopia alla scienza.
Per quanto riguarda poi la conoscenza della effettiva teoria marxiana, coglie nel segno Gianfranco La Grassa nella prefazione del suo ultimo lavoro: “Lo stimolo a quanto segue mi viene dalla rilettura, effettuata in questi ultimi tempi, di alcuni ‘classici’ marxisti del secondo dopoguerra. Sono rimasto piuttosto sorpreso nel constatare in alcuni di loro, fra i più apprezzati (del resto pure da me), una tutt’altro che buona conoscenza della teoria marxiana, pur magari sostenendo che era superata e andava rivista e rielaborata in profondità. Proposito che giudico ancor oggi lodevole; tuttavia, considerare superato e da riformulare ciò che si conosce in modo assai imperfetto e carente è atteggiamento assai meno approvabile. E’ ad es. superficiale, a mio parere, discutere della scienza di Marx, se prima non si afferra il fulcro della sua teoria della formazione sociale, per comprendere la quale è indispensabile non commettere svarioni in merito alla teoria del valore; tanto meno dichiararla decaduta prendendola per una teoria dello ‘sfruttamento’ inteso nel senso banale e usuale del termine. Ho riletto pure alcuni ‘ortodossi’, che forse avevano un migliore controllo di detta teoria, irrigidendola però in canoni dottrinali di tale fissità da renderla simile ad una religione. Mancava proprio l’atteggiamento a mio avviso corretto: conoscere adeguatamente il punto d’avvio, l’effettiva elaborazione marxiana, prendendo però atto che un secolo e mezzo è trascorso da allora.”[11]
Se ne deduce quindi che, se addirittura “alcuni ‘classici’ marxisti del secondo dopoguerra” avevano “una tutt’altro che buona conoscenza della teoria marxiana”, figuriamoci gli attuali intellettuali che si situano ben al di sotto di essi. Per esemplificare, a fronte dell’affermazione canforiana (che si è però ormai solidificata come un luogo comune) secondo cui Marx “ha intuito la globalizzazione”, La Grassa pensa invece che “Vi sono altri superficiali studiosi che fingono di riverire Marx affermando che ha previsto la ‘globalizzazione capitalistica’. Il capitalismo ha comportato la generalizzazione del mercato a livello mondiale. E sarebbe questa la scoperta sconvolgente, che farebbe in realtà di Marx soltanto un seguace minore dei ‘classici’, di Adam Smith, che già sapeva come il capitalismo fosse produzione generalizzata di merci; e rivendicava al mercato il grande merito di premiare chi produce meglio e a costi (impiego di risorse) minori. Era inoltre disincantato nel considerare i vantaggi della produzione mercantile, tanto da affermare che ci si deve aspettare la buona carne dall’interesse egoistico del macellaio e non dalla sua benevolenza. Una società che fa gli interessi dell’insieme degli individui in società, poiché spinge ognuno, appunto a causa della concorrenza nel mercato, ad accrescere la quantità di beni prodotti e a migliorarne la qualità abbassandone anche i costi e quindi i prezzi (l’esborso di denaro per chi li acquista) – ed ottiene simili risultati non facendo ‘cristianamente’ appello alla bontà, ma utilizzando invece l’egoismo individuale – non può che prevalere su ogni altro sistema produttivo sociale, espandendosi quindi a macchia d’olio a partire da un’area iniziale; che fu, fondamentalmente, l’Inghilterra. C’era bisogno di Marx per capire questo?”[12]
Ora procediamo con un passo, che è sì laterale, ma più serio di quel che può apparire a prima vista, rispetto all’atteggiamento verso la teoria marxiana.
2. Lo ‘spirito scientifico’ di Marx secondo il signor G di Gaber
In due monologhi contenuti nell’album ‘Libertà obbligatoria’ del 1976, Gaber suggerisce tramite la forma artistica un approccio analogo (e ciò non appaia una bestemmia!) a quello espresso in forma epistemologica da Althusser: “Naturalmente il marxismo, come ogni disciplina scientifica, non si è fermato a Marx, non più di quanto la fisica si sia fermata a Galilei, che ne aveva gettato le basi. Come ogni disciplina scientifica anche il marxismo si è sviluppato, e già mentre Marx era ancora vivo. Nuove scoperte sono state rese possibili dalla prima fondamentale scoperta di Marx. Sarebbe molto imprudente credere che tutto sia già stato detto.” [13]
Nel primo monologo, ‘Il sogno di Marx’, il signor G, che incontra per caso Marx, pennella ironicamente coloro che ridotto in senso economicistico l’elaborazione marxiana e sostengono l’invariante permanenza e priorità sia del conflitto tra capitale e lavoro salariato che delle relative soggettivazioni (borghesia e proletariato):
Marx: “Dunque: come si muoveva il tutto ai miei tempi? Qui il capitale, qui le classi, qui la borghesia ecc., ecc.”
E io: Flash Simpatico Marx quando si scalda eh? Però mi permetto di dirgli:
G: “Anche noi, anche noi: capitale, classi, borghesia” Flash
Marx: “Bravi!”
G: “Grazie. Ho capito dopo che per lui bravi voleva dir coglioni! Affettuosamente si intende! L’ho capito dal seguito.”
Marx: “Bravi, la borghesia non cè più, o meglio, non conta, sbriciolata!”
G: “E no eh? Qui mi incazzo! Un momento, non cè più. Oh Dio, non c’è più la borghesia. Che detto da lui fa anche rabbia perché uno dice: allora cha preso per il culo fino adesso! No scusa!
No scusa Marx i padroni eh? I capitalisti?”
E lui bello, con quegli occhi che vedono tutto:
Marx: “I padroni, i capitalisti non li vedo, nel senso che stanno diventando impersonali.”
G: “Ma puttana miseria, io ho bisogno di aggrapparmi a qualcosa, ho bisogno di punti fermi!”
Marx: “Allora dovevi sognarti Gesù!”
G: “Già fatto grazie. Ma mi dica maestro, la lotta di classe, la lotta di classe…, lasciami almeno la lotta di classe!”
E lui calmo:
Marx: “La lotta di classe”
G: “Più svelto maestro, dai!”
Marx: “La lotta di classe sarebbe ancora giusta”
G: “Oh, meno male!”
Marx: “se fossero chiare le classi!”
G: “Come non son chiare le classi? Uhè, allora non sei marxista? Eh? Scusa se mi incazzo Marx ma mi sembri un po’ spappolato eh? E l’imperialismo eh? L’imperialismo dai, dai, su? L’imperialismo? Svelto dai, è l’età, ma svelto su Marx.”
Marx: “Ne parlavo col Lenin. E’ lassù che lo guarda, lui c’è fissato. Dice che ne ha un’immagine un po’ sfuocata parla di pax, di pax americana. Dice che la pace è peggio della guerra.”[14]
Di converso, nel secondo monologo, ‘Il sogno di Gesù’, parallelo al primo, Gaber dipinge magistralmente anche coloro che hanno ridotto in senso umanistico l’elaborazione marxiana ad una filosofia dell’Uomo e/o incorporandola in una forma religiosa con annesse chiese e chiesuole varie:
G: “Si si Gesù, ma anche tu sei sicuro che, che, un po’ di ideologia.”
Gesù: “No.”
G: “Si quando hai detto a san Pietro di mettere.. si, la pietra.”
Gesù: “E si, lì ho fatto una cazzata, è per mio padre sai, non c’ha mai avuto una casa, però bella eh, solida, un chiesone che non finisce mai, perché se uno fa le cazzate, perlomeno che le faccia bene. Se penso a voi mi fate pena, ogni sei mesi, una chiesettina, poi crolla, un’altra chiesettina un’altra chiesettina, non vi dura niente la roba.”
G: “Era lì che lo aspettavo, certo, perché crediamo nel movimento, noi.”
Gesù: “ E allora perché fate le chiesine?”
–
G: “Già, e come si fa a non farle? Me lo dica maestro, me lo dica lei.”
Gesù: “Figliolo, cerca di sognarti Marx, io c’ho il mio specifico.”
G: “E sta per andarsene, un momento maestro, un momento, qui l’uomo muore.”
Gesù: “Embè, che c’è di male? Tanto risorge no, la resurrezione del corpo, semplice. Buona pasquaaaa”[15]
3. Il concetto di problematica
In origine la nozione di problematica era stata pensata da Bachelard, partendo dalla considerazione che “Il dubbio universale polverizzerebbe irrimediabilmente il dato in un ammasso di fatti eterocliti; non corrisponde a nessuna istanza reale della ricerca scientifica. La ricerca scientifica richiede con insistenza, invece dell’ostentazione del dubbio universale, la costituzione di una problematica che prende il suo reale punto di partenza in un problema, per quanto mal posto.”[16] Tale nozione è stata poi ripresa e modificata da Althusser secondo il quale è possibile cogliere un sistema teorico di un dato individuo (singolo o gruppo) se , e solo se, si coglie la sua problematica, perché pensare “sotto il concetto di problematica, significa permettere di evidenziare la struttura sistematica tipica che unifica tutti gli elementi del pensiero, è dunque scoprire in questa unità un contenuto determinato, che permette allo stesso tempo di concepire il senso degli elementi” [17], per cui al fine della conoscenza di un pensatore occorre “che si sia definita la sua problematica effettiva.”[18] Perché la “scienza non può porre problemi se non sul terreno e sull’orizzonte di una struttura teorica definita (la sua problematica) che costituisce la condizione di assoluta possibilità definita e dunque la determinazione assoluta delle forme con cui si pone ogni problema in un momento considerato della scienza.”[19]
Secondo uno studioso del pensiero althusseriano: “Nelle mani di Althusser, il concetto di problematica di una teoria coincide con quello di una struttura sottostante che mentre esclude certe domande, ne rende possibile altre che vengono poste in una particolare forma. La comprensione di un particolare problema non è il risultato delle qualità del singolo lettore del testo, che lo mettono in grado di vederlo per quello che esso è, ma piuttosto il risultato della problematica con la quale egli si sta confrontando.”[20]
4. La problematica di Marx
Decisivo diventa quindi individuare qual è la problematica marxiana e come rapportarsi oggi ad essa. Canfora abbiamo visto ritiene che la problematica teorica di Marx sia quella delle classi e del loro conflitto, e questo sia il viatico che ne marca la sua scientificità: “Direi, per un verso che la storia come storia dei conflitti di classe è entrata ormai nella consapevolezza di qualunque storico Degno di questo nome, quale che sia la sua fede politica. In questo senso Marx analista e storico è entrato nel lavoro scientifico.” [21]
In primo luogo, non si può certo trascurare il piccolo dettaglio che Marx stesso in una famosa lettera a Weydemeyer del 5 marzo 1852, affermò esplicitamente che “Per quello che mi riguarda, a me non appartiene nè il merito di aver scoperto l’esistenza delle classi nella società moderna, nè quello di aver scoperto la lotta tra di esse. Già molto tempo prima di me degli storici borghesi avevano esposto la evoluzione storica di questa lotta delle classi e degli economisti borghesi avevano esposto l’economia delle classi.”. Posizione ribadita successivamente anche in una lettera a Engels del 25 luglio 1854, in cui considerava Thierry come “il padre della lotta di classe nella storiografia francese.”
In secondo luogo, Marx è andato ben oltre la trattazione delle classi e del loro conflitto. Nei termini della metafora althusseriana: “Con una visione prospettica, si può ora considerare che la storia delle scienze fa apparire l’esistenza, in questo spazio teorico, di grandi continenti scientifici:
1. Continente Matematica (aperto dai Greci).
2. Continente Fisica (aperto da Galileo).
3.Marx ha aperto il terzo grande continente: il continente Storia.”[22]
In terzo luogo, Marx ha aperto il continente scientifico Storia producendo una rivoluzione teorica: “Marx fonda infatti una nuova problematica, crea un nuovo modo di interrogare il mondo, nuovi principi e un nuovo metodo.”[23] A tale proposito Marx stesso nella Prefazione al primo volume de ‘Il capitale’ aveva indicato qual’era il suo oggetto di conoscenza: “In quest’opera debbo indagare il modo capitalistico di produzione e i rapporti di produzione e di scambio che gli corrispondono.”[24], per cui “fine ultimo al quale mira quest’opera è di svelare la legge economica del movimento della società moderna“[25] La problematica marxiana è quindi costituita dall’analisi delle strutture di rapporti sociali (di produzione), che contraddistinguono specificamente una formazione sociale, implica una logica specifica correlata ad un oggetto specifico.
L’impostazione di Canfora non coglie qual è l’effettiva problematica teorica marxiana, perché, con le puntuali parole di Althusser: “Non è dagli elementi stessi che si può ricavare una risposta. Infatti l’oggetto del discorso non qualifica il pensiero direttamente. Che io sappia non tutti gli autori che hanno parlato delle classi sociali, anzi della lotta delle classi, prima di Marx, sono stati considerati marxisti per il semplice fato che trattavano di oggetti sui quali si sarebbe un giorno fermata la riflessione marxista. Non è la materia della riflessione a connotare e a qualificare la riflessione, ma, a questo livello, la modalità della riflessione, il rapporto effettivo che la riflessione instaura con i suoi oggetti, ossia la problematica di fondo da cui prende le mosse il pensiero che pensa questi oggetti.”[26]
Il lungo lavorio lagrassiano, consono allo spirito scientifico richiesto dalla problematica teorica di Marx, di questa problematica ha ricostruito i tratti, gli elementi ed i nessi e l’ipotesi centrale, e ne ha individuato l’ “‘errore’, sempre con linguaggio improprio, relativo alla dinamica del modo di produzione capitalistico, così come analizzato in Inghilterra. Già ne ho parlato più volte per cui mi limito a ricordare che si sarebbero dovute formare le classi fondamentali dei rentier (proprietà finanziaria del tutto separata dalle potenze mentali della produzione e dunque vista come solo parassitaria, quasi signorile) e del lavoratore collettivo, potenze mentali ed esecuzione in stretta collaborazione in quanto lavoro salariato. O progressivamente e in modo pacifico (socialdemocrazia) o con la violenza (comunismo leninista) sarebbe stato tolto alla classe parassitaria lo ‘scudo coercitivo’ dello Stato e, in definitiva, ci si sarebbe avviati verso la società senza più classi sociali antagonistiche, solo composta da gruppi differenziati in base alle loro competenze specifiche.”[27]
Ad un livello più generale, La Grassa ha sostenuto che “E’ stato da me posto in luce che l’errore marxiano deriva dall’aver assegnato centralità, in ciò seguendo in parte l’economicismo degli ideologi dominanti, al principio del minimo mezzo, criterio di efficienza economica pur se poi è stato esteso ad altri ambiti della vita degli individui; ciò ha provocato la sottovalutazione della reale preminenza della razionalità strategica connessa ai conflitti per la supremazia. Non si tratta per nulla di una conflittualità basata soprattutto sulla concorrenza nel mercato, bensì di un carattere fondamentale dell’attività dei gruppi in ogni formazione sociale, attività che consegue la massima parte dei suoi risultati nella sfera della lotta per il potere politico. Nella società capitalistica prende però il davanti della scena la sfera economica (duplicatasi, dato il suo carattere mercantile, in attività produttiva e manovre riguardanti il denaro), la quale indubbiamente manifesta particolare dinamismo e flessibilità, fornendo ampi mezzi a quella che tuttavia resta, per chiunque veda al di là del proprio naso, la sfera fondamentale per l’assunzione del potere e della massima influenza politica.
La trasformazione dei rapporti sociali, interna alla società del capitale e non invece tesa alla fuoriuscita da essa, sembra mossa da tutto ciò che “agita” la sfera economica, la sfera dinamica e flessibile fornitrice dei mezzi. Di conseguenza, la segmentazione (orizzontale) e la stratificazione (verticale) di tale formazione sociale viene considerata nelle sue determinanti tecnologiche, mercantili, finanziarie, ecc. Il motore centrale di tutto questo dinamismo, che rende la società più complessa e anche più complicata nello spezzettamento dei suoi gruppi in interazione reciproca, è però la Politica, la lotta di strategie per la supremazia.
Gli ideologi dei dominanti – e i falsi marxisti, del resto quasi sempre poi riciclatisi nell’establishment – sono mille volte più economicisti di Marx. Quest’ultimo si lasciò affascinare dalla preminenza della sfera economica nel capitalismo, attribuendo quindi centralità dinamica ai movimenti interessanti quest’ultima – e, come detto più volte, al principio dell’efficienza economica o del minimo mezzo, importante per i decisivi avanzamenti dei metodi del plusvalore relativo – invece che alle motivazioni strategiche della lotta per prevalere. Mai tuttavia egli lasciò tale dinamica alla mercé dei fattori tecnico-produttivi, dell’organizzazione della produzione e della distribuzione mercantile, dello svolgimento dei giochi finanziari e di tutte le altre superficialità che sono moneta corrente fra gli economisti, sociologi, ecc. odierni. Egli pose in ogni caso in posizione di dominanza, sia pure nella sfera economica, i rapporti sociali e i loro mutamenti oggettivi. Questa la sua problematica, totalmente ignorata da chi non ha mai capito nulla del suo pensiero. Ed è in questa problematica che il sottoscritto si muove, pur criticando Marx e con la convinzione di aver abbastanza ben circoscritto il ‘suo errore’.”[28]
Conclusione
Ritornando sia ai ‘Visionari’ augiasiani che al Marx canforiano da cui eravamo inizialmente partiti, se la problematica scientifica marxiana è quella del modo (sociale) di produzione capitalistico, della sua struttura (di rapporti sociali) e della sua dinamica, allora “Solo chi non ha capito nulla della previsione (in realtà effettiva convinzione) marxiana relativa alla dinamica intrinseca al modo di produzione capitalistico – e non l’ha capita perché si è perso nel Marx ‘filosofo’, o in quello della letterina a Vera Zasulič, ma non ha mai studiato Il Capitale, le Teorie sul plusvalore, il Capitolo VI inedito, magari anche le Glosse a Wagner, ecc. ecc. – può arrivare ad una così grossolana falsificazione del suo pensiero, riducendolo ad elucubrazioni di un utopista, intellettualmente limitato, che sognava la ‘redenzione’ degli uomini, l’inveramento di una supposta ‘natura generale’ dell’Uomo”[29]
Un rapporto realistico, critico e razionale, con la problematica teorica di Marx può essere impostato secondo la seguente indicazione lagrassiana: “Un marxista deve partire da Marx; attestarsi su una determinata rotta con la convinzione di voler arrivare comunque a qualcosa di nuovo, che non può più aspettare dopo un secolo e mezzo di continuo calpestare il solito suolo, di ancoraggio nella solita rada. Restare attestati alla fonda dopo tanto tempo implica che non si è marinai se non a chiacchiere. Partire però senza nemmeno sapere dove si stava stazionando durante i preparativi del viaggio, significa votarsi a vagare in alto mare senza cognizione di quale rotta effettiva si sta seguendo. Si può consultare la bussola quanto si vuole; se gli occhi sono appannati, se i giramenti di testa sono incessanti, se le mani tremano e l’aggeggio continua a cadere di mano, l’aggirarsi come quando si esce ubriachi da un tugurio è garantito.”[30] Partire sì ma assolutamente ed improrogabilmente non restare lì ancorati.
Per i ‘Visionari’ che sono invece partiti per la tangente e per coloro che sono rimasti al di sotto di ogni comprensione della problematica marxiana, valga l’invito di Weber per cui “Chi vuole la ‘visione’ vada al cinematografo“[31], magari a guardarsi proprio i film dei succitati fratelli Marx, visto che la problematica scientifica dell’altro Marx gli è rimasta del tutto estranea!
[1] Corrado Augias Libri http://www.zam.it/3.php?id_autore=615&libro=9788817057509
[2] c.augias@repubblica.it 8 aprile 2014
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2014/04/08/perche-gli-sfruttati-di-marx-non-sono.html.
[3] ‘Visionari’, torna Corrado Augias: “Ecco i personaggi che hanno cambiato il mondo” di Leandro Palestini
http://www.repubblica.it/spettacoli/tv-radio/2014/02/12/news/corrado_augias-78355092/
[4] www.visionari.rai.it
[5] http://www.tuttocinema.biz/humor-risk-ID1514.htm
[6] http://it.wikipedia.org/wiki/Humor_Risk
[7] Affermazione effettuata durante la trasmissione ‘Visionari’ su Rai 3 lunedì 5 maggio, nella puntata dedicata a Marx.
[8] Affermazione effettuata durante la trasmissione ‘Visionari’ su Rai 3 lunedì 5 maggio, nella puntata dedicata a Marx
[9] Canfora ‘Marx vive a Calcutta.’ Dedalo edizioni pag. 37-38
[10] Canfora ‘Marx vive a Calcutta.’ Dedalo edizioni pag. 19-20. Notasi che il capitolo si intitola ‘Marx dalla ‘scienza’ all’utopia’.
[11] La Grassa ‘Centocinquant’anni bastano. Uscire da Marx con Marx.’ Narcissus pag. 2
[12] La Grassa ‘L’altra strada.’ Mimesis edizioni pag 4 ed ancora: “gli attuali “conati” (deboli d’altronde) di falsa ripresa di un Marx totalmente depotenziato a “classico” minore o a filosofo squallidamente umanistico; quando addirittura non sia trasformato in un quasi cantore della liberistica globalizzazione mercantile.” La Grassa ‘L’altra strada.’ Mimesis edizioni pag 14
“Ho molte volte illustrato il problema, ma con scarsi risultati per chi non vuol sentir ragione; alcuni hanno creduto di attuare la Marx renaissance sostenendo che egli avrebbe ‘profetizzato’ la globalizzazione mercantile.” La Grassa ‘L’altra strada.’ Mimesis edizioni pag. 97
[13] Althusser ‘Per Marx’ Editori Riuniti pag pag. 47
[14] Gaber ‘Il sogno di Marx’ in ‘Libertà obbligatoria’. Per chi vuole ascoltare l’intero monologo: http://www.youtube.com/watch?v=tWJEA1xWW0g
[15] Gaber ‘Il sogno di Gesù’ in ‘Libertà obbligatoria’. Per chi vuole ascoltare l’intero monologo: http://www.youtube.com/watch?v=PUilXf8Mk0Q
[16] Bachelard ‘Il razionalismo applicato’ Dedalo edizioni pag 67
[17] Althusser ‘Per Marx.’ Mimesis edizioni pag 64
[18] Althusser ‘Per Marx.’ Mimesis edizioni pag. 66
[19] Althusser , Balibar ‘Leggere il Capitale’ Feltrinelli editore pag. 26
[20] Callinicos ‘Il Marxismo di Althusser ‘ Dedalo edizioni pag. 48
[21] Affermazione effettuata durante la trasmissione ‘Visionari’ su Rai 3 lunedì 5 maggio, nella puntata dedicata a Marx
[22] Althusser ‘Lenin e la Filosofia’ Jaca book editore pag. 55
[23] Althusser ‘Per Marx’, Roma, Editori Riuniti, pag. 202-205
[24] Marx Prefazione alla prima edizione de ‘Il Capitale’ Utet edizioni pag.
[25] Marx Prefazione alla prima edizione de ‘Il Capitale’ Utet edizioni pag.
[26] Althusser ‘Per Marx’ Editori Riuniti pag 50-51
[27] La Grassa ‘L’altra strada.’ Mimesis edizioni pag. 52
[28] La Grassa ‘L’altra strada.’ Mimesis edizioni pag. 98-99
[29] La Grassa ‘L’altra strada.’ Mimesis edizioni pag. 116
[30] La Grassa ‘Centocinquant’anni bastano. Uscire da Marx con Marx.’ Narcissus pag. 2
[31] Weber ‘La sociologia della religione’ Edizioni di Comunità pag. 16