MARX NON ERA UN FILOSOFO
I filosofi non sanno più interpretare il mondo, soprattutto se quest’ultimo si trasforma sotto i loro occhi. Ma ancor peggio essi si servono di Marx, un Marx inventato ed inesistente nella realtà, per dare sfogo ai loro deliri, contorti e sospetti. Pochi filosofi hanno davvero capito il pensiero di Marx. Qualcuno c’è stato in passato, come Althusser, ma è merce rarissima. Innanzitutto, il filosofo pretende di mettere Marx alla sua stessa bassezza filosofica. E’ un errore grave perché Marx non era un filosofo, checché ne dicano i parolai che non l’hanno letto mai, essendosi al massimo concentrati sui Manoscritti economico-filosofici del ’44. In secondo luogo, un filosofo, disarmato teoricamente, si lascia abbagliare dalle fantasmagorie della cosalità sistemica, quelle in cui la fenomenicità capitalistica si svela in tutta la sua evidenza distorcente. Un bel disastro compiuto da uomini che hanno la pretesa di saper guardare oltre l’evidenza o di pensare altrimenti. Poiché i filosofi non afferrano la profondità del rapporto sociale capitalistico non possono che venire abbagliati dalle proiezioni che si stagliano dalla superficie dei mercati, dei consumi e delle reazioni umane nell’ambiente sociale (da loro chiamato impropriamente natura). Per questo parlano soltanto, in una accezione negativa ma non ragionata, di globalizzazione (accecamento determinato dall’estensione del mercato), consumismo (accecamento proveniente dalla disponibilità sovrabbondante delle merci), alienazione (accecamento che danno i sentimenti al cospetto dei cambiamenti). I filosofi la fanno tanto lunga, coi discorsi e con le parole, ma non scorgono nulla ad un palmo del loro naso. Sono scarsi teoricamente e colmano i vuoti analitici coi polisillabi che non aggiungono nulla, se non confusione, alla comprensione dell’evoluzione sociale. Su queste basi irrealistiche gli insegnamenti di Marx vengono disattivati e si fanno passi indietro di secoli sulla strada della comprensione del mondo. Marx non è colui che ha previsto la globalizzazione e i suoi effetti apparentemente deteritorializzanti. Per questo bastava “un classico” come Smith. Non è nemmeno lo scopritore dell’alienazione, cioè di quel processo che depaupera l’anima dell’uomo per adattarlo alla macchina capitalistica. La vita non è un romanzo di Urania anche se i filosofi assomigliano sempre di più a narratori di fantascienza. Marx ha fatto due scoperte essenziali, una conseguenza dell’altra, ha colto due dinamiche contraddittorie che avrebbero portato il capitalismo ad autofagocitarsi facendo emergere un modo di ri-produzione comunistico. Lo spossessamento dei mezzi di produzione alla massa dei produttori e la loro appropriazione e concentrazione nelle mani di pochi individui avrebbe determinato una potente divaricazione sociale e la formazione di due classi irriducibili in lotta tra loro. Tuttavia, ad un certo punto dello sviluppo capitalistico la classe inizialmente espropriata (delle macchine e dei saperi) accresciuta negli effettivi e nella consapevolezza del suo ruolo (grazie all’unificazione di potenze mentali e manuali nella produzione) si sarebbe ritrovata padrona dell’intero ciclo produttivo, con i capitalisti ridotti a meri speculatori di borsa:
“Ad un certo grado del loro sviluppo le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti o, per usare un termine giuridico, con i rapporti di proprietà nel cui ambito si erano mosse fino a quel momento. Da che erano forme di sviluppo delle forze produttive questi rapporti si tramutano in vincoli che frenano tali forze. Si arriva quindi ad un’epoca di rivoluzione sociale. Cambiando la base economica viene ad essere sovvertita più o meno rapidamente tutta l’enorme sovrastruttura. Nell’osservare tali rivolgimenti bisogna sempre distinguere tra il rivolgimento materiale, che si verifica nelle condizioni economiche di produzione, e che va constatato scrupolosamente alla maniera delle scienze naturali, e le forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche, in breve ideologiche, in cui gli uomini si rendono coscienti di questo conflitto e si battono per risolverlo. Come non si può giudicare un individuo dall’idea che si è formato di sé, così non si può giudicare una di queste epoche di rivolgimento in base alla coscienza che essa ha di se stessa; questa coscienza infatti va piuttosto spiegata partendo dalle contraddizioni della vita materiale, dal conflitto che esiste tra le forze produttive della società e i rapporti di produzione. Una formazione sociale non scompare mai finché non si siano sviluppate tutte le forze produttive che essa è capace di creare, così come non si arriva mai a nuovi e più evoluti rapporti di produzione prima che le loro condizioni materiali di esistenza si siano schiuse nel grembo stesso della vecchia società…I rapporti di produzione borghesi sono l’ultima forma antagonistica del processo sociale di produzione, antagonistica non nel senso di un antagonismo individuale ma in quello di un antagonismo che nasce dalle condizioni sociali di vita degli individui; nello stesso tempo però le forze produttive che si sviluppano in seno alla società borghese creano anche le condizioni materiali per il superamento di tale antagonismo. Con questa formazione sociale si conclude quindi la preistoria della società umana”. ( Marx, Prefazione a Per la critica dell’economia politica).
Come ben sappiamo, questa previsione di Marx non si è avverata. Lo stesso sistema capitalistico non esiste più in quelle circostanze storiche in cui Marx lo aveva studiato. Il capitalismo americano, divenuto dominante, a partire dal XX secolo, è strutturalmente diverso da quello inglese ottocentesco, benché possa esteriormente richiamarsi ad alcune formule e forme d’antan. Questi profondi mutamenti sono sfuggiti ai filosofi che destoricizzano il capitalismo, o meglio i capitalismi, per relegarli in un passato eterno, sempre uguale a se stesso, che può solo “avanzare” nel presente di degenerazione in degenerazione. A cominciare da quella del loro cervello. Per tali motivi li sentirete blaterare di capitalismo assoluto, di dominio della società del denaro, di smarrimento della natura umana, di alienazione, di consumismo estraniante. Sono tutti concetti degenerativi e privi di tempo che non devono confrontarsi con la realtà in mutamento dei rapporti sociali ma che, ovviamente, nulla possono dirci dei nostri tempi cangianti.