MISCELLANEA, di GLG

gianfranco

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Russia e Cina hanno votato le sanzioni ONU contro la Corea del Nord e i ministri degli esteri cinese e nordcoreano si sono incontrati; ufficialmente il cinese ha rivolto un invito al suo collega affinché il paese che rappresenta si astenga da “provocazioni” tipo test nucleari e lancio missili. Quindi solo alcune grandi potenze possono munirsi di dati “deterrenti” bellici, gli altri devono sottostare al predominio di queste. Sono convinto che Usa, Russia e Cina intrattengono anche colloqui nascosti fra loro, di cui è difficile ipotizzare il concreto svolgimento. La sensazione è che non si voglia troppo intralciare Trump, che cerca con certe azioni di difendersi dagli attacchiamo  dell’establishment avverso, sempre in pieno attacco (anche perché più passa il tempo e più difficile diverrà l’operazione anti-Trump, condotta insieme da democratici e larghe quote dei repubblicani). Nel contempo, soprattutto la Russia invita il presidente americano a non esagerare in questa dimostrazione di forza (appunto ad uso interno). Difficile adesso sapere se verrà concessa o meno agli Usa la possibilità di aperte azioni militari per dimostrare ai nemici interni la capacità di decisione del suo presidente. Di sicuro, a mio avviso, i due paesi ex-“socialisti” vorranno comunque precise assicurazioni che ciò, se avvenisse, non preluderà ad alcun tentativo di riunificazione del paese sotto la direzione delle forze politiche sudcoreane; un po’ come accadde alla DDR nei confronti della BRD (Germania occidentale) dopo il 1989 con il pieno accordo dello sfasciacarrozze Gorbaciov. In ogni caso, si nota ancora una certa debolezza delle potenze “concorrenti” degli Usa. Siamo lontani da certi confronti tra Usa e Urss, pur se quest’ultima aveva sempre in seno forze di indebolimento (si pensi a Kruscev), che poi alla fine prevalsero appunto con il mediocre Gorbaciov e con l’aperto “traditore” Eltsin. Da seguire attentamente questa situazione, punto di snodo pure del conflitto in corso all’interno degli Stati Uniti

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Mi consento di restare tranquillo di fronte a questa tensione crescente. Nella realtà, non esiste Davide che uccide Golia; lo sa bene il leader nordcoreano e ancor più la Cina, che tiene sotto controllo la situazione. E’ evidente che vi sono contatti tra cinesi e gli Usa dei centri trumpiani. E probabilmente, pur se in modo meno diretto, sono coinvolti anche i russi. Quale sarà il gioco effettivo e fin dove si spingerà? Si arriverà a scaramucce, più o meno pesanti, tra nordCorea e Stati Uniti? Difficile a dirsi. Comunque, mi par di capire ch Russia e Cina preferiscano avere di fronte Trump piuttosto che il vecchio establishment. E non perché il presidente americano sia connivente con il “nemico” (come si cerca di sostenere con il “russiagate”), ma semplicemente perché intende riportare un po’ di ordine in date situazioni (nel “cortile di casa” come nelle zone africane e mediorientali e un po’ in tutto il mondo, progressivamente) onde ristabilire più precise linee di confronto (che sarà comunque duro) nel medio periodo. Ciò però sembra convenire anche ai due paesi avversari. Comunque, è una situazione “in farsi” e che potrebbe mutare se riesce l’operazione anti-Trump di vasti settori statunitensi.

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Sia chiaro che non mi convince per nulla tutta la canea che si sta sollevando sulla feroce “dittatura” che ormai sarebbe imposta da Maduro ad un paese impoverito, ma con tanta sete di “democrazia e libertà”. Sappiamo bene chi sono i portatori di queste “trovate”; e sappiamo bene quali forme democratiche e liberatorie abbiano portato nel mondo gli Usa e il loro servitorame annidato soprattutto nella Nato e più tardi pure nella UE. Gli Stati Uniti hanno ormai mostrato in lungo e in largo di essere sempre stati governati da establishment ben criminali. Certo la politica non è fatta – se non nelle campagne promosse dagli ipocriti – per esprimere i migliori sentimenti di umanità. Tuttavia, gli Usa (non solo loro, ovviamente) hanno pienamente dimostrato di non essere secondi a nessuno in fatto di crudeltà e ferocia; e gli europei (a partire dall’“illuminata” guida dei “padri” di questo miserando insieme di paesi) non sono secondi a nessuno in fatto di ipocrisia e di vile e miserabile servilismo nei confronti dei prepotenti e arroganti d’oltreatlantico. Oggi poi mi sembra che una delle revisioni “trumpiane” alla precedente strategia obamiana sia la ripresa in attenta considerazione della necessità di ritornare al controllo stretto del cosiddetto “cortile di casa” (Messico e SudAmerica). Senza per nulla dimenticare il contenimento della Russia, malgrado le colossali bufale del “russiagate” necessitate da un conflitto interno non ancora del tutto chiaro nei suoi reali obiettivi (che non sono solo le smanie di potere di gruppi politici americani diversi).
Detto questo, non mi convince nemmeno il modo d’agire del vertice venezuelano, che temo aiuterà gli avversari a scalzarlo, isolandosi sempre più e perdendo molti possibili appoggi. Soprattutto, però, desidererei che la si smettesse, da una parte e dall’altra (da parte dei nemici come di coloro schierati con Maduro), di dichiarare comunista il regime di quel paese; così come mi irritavo per la stupidità di coloro che cianciavano della politica di Chavez come se si stesse costruendo il socialismo del XXI secolo. Non c’entra nulla né il socialismo né il comunismo. Si è trattato senz’altro, e si tratta ancora, di politiche di resistenza al predominio americano. Sono da approvare, possono riscuotere simpatia da parte di chi è nettamente contrario alla criminalità dei dirigenti di quel paese, di cui è incredibilmente accettata qui da noi la pantomima sulla “democrazia”, sulla “liberazione” dal fascismo, sulla condanna dei criminali nazisti a Norimberga, e altre belle e ben propagandate trovate dei gruppi dominanti di un paese nato dal genocidio degli indiani e che ha compiuto massacri un po’ dappertutto, con i metodi più violenti e selvaggi. Tuttavia, non si vincerà mai con una ideologia ancora fondata sull’antimperialismo di tipo terzomondista, incapace perfino di realizzare ciò che riuscì almeno al regime sovietico, l’industrializzazione del paese. Quello sudamericano è sempre stato un preteso “socialismo” fondato su masse popolari di grande miseria, assai simili al “lumpenproletariat” (tanto inviso a Marx e ai veri marxisti), di cui nemmeno si sono sollevate realmente le condizioni di vita. E’ una politica perdente, e giustamente perdente, non serve a nulla. Non basta urlare contro la prepotenza americana. Possiamo essere d’accordo su questo, ma con la consapevolezza che l’arroganza criminale dei “padroni” prevarrà fin quando troverà avversari di simile debolezza e ancorati a idee comuni(tari)stiche che mi sembrano molto antiquate e fallimentari.

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Mattarella: “Il dramma di Marcinelle [8 agosto 1956] è un motivo di riflessione verso coloro che oggi cercano anche in Italia opportunità che noi trovammo in altri paesi e che sollecita attenzione e strategie coerenti da parte dell’Unione Europea”.

Grasso: “Marcinelle è un luogo di dolore, ma sempre di più anche di speranza, perché anche da qui è partito il processo dell’integrazione europea” [quel processo, come messo in luce dal ritrovamento di importanti documenti da parte dello storico Joshua Paul, finanziato dagli Usa che, tramite i “venerandi padri dell’Europa”, crearono una loro succursale di vili sempre pronti a servirli].

Boldrini: “L’anniversario della tragedia di Marcinelle ci ricordi quando i migranti eravamo noi. Oggi più che mai è nostro dovere non dimenticare”

Si tratta delle tre massime cariche di questo povero Stato italiano (mai ridotto così male) e bisogna quindi astenersi da commenti appropriati, visto il clima di “democrazia e libertà” imperante da quando ce lo hanno imposto gli americani, campioni di questo clima sociale idilliaco. Dico solo che mi vergogno profondamente per loro e per quegli italiani che ne seguiranno il verbo.
Il 20 giugno del 1946 fu firmato tra Italia e Belgio un accordo che prevedeva – per vincere la “bataille du charbon” – l’invio di alcune decine di migliaia di lavoratori italiani (2000 a settimana) di non più di 35 anni. Non si trattava, come nel caso odierno, di migranti in fuga né clandestini, alla ricerca di un “miraggio”; senza dubbio, almeno in molti casi, instillato in loro da organizzazioni criminali e anche da forze politiche in affanno e di una meschineria e vigliaccheria tali da cercare di avere a disposizione truppe per resistere alla caduta di credito e di stima. I nostri lavoratori di allora erano veramente poveracci senza lavoro e che accettavano condizioni pesantissime – e privi di protezioni criminali e non molte nemmeno da parte legale e ufficiale – pur di mantenere le loro famiglie, da cui spesso si separavano per molto e molto tempo. Non metto in dubbio che anche tra gli immigrati in Italia – ma soprattutto per quanto riguarda quelli precedenti la “primavera araba” – ci siano tante “brave persone”, qui arrivate per sopravvivere e aiutare le loro famiglie. Tuttavia, tra gli ultimi massicci arrivi, sembra proprio che prevalga tutt’altro genere di individui. Hanno pretese che i nostri lavoratori in Belgio (o in Svizzera, ecc.) nemmeno potevano pensare; non tutti, ma in buona quantità, si danno a reti di criminalità o di mendicanti. In molti, troppi, casi sono privilegiati in fatto di sistemazione in alloggio (per i senza tetto) o per quanto riguarda l’assistenza sanitaria. Non rispettano le nostre leggi (figuriamoci se ciò era permesso in Belgio a quell’epoca) e si permettono atti collettivi come quelli dell’articolo citato all’inizio, che si ripetono in continuazione.
Tuttavia, ripeterò ancora che tutto ciò accade non tanto per specifiche caratteristiche negative dei migranti di questi ultimi anni – il positivo e il negativo esistono sempre e, più o meno, nelle stesse proporzioni se non intervengono, appunto, fattori peculiari – ma soprattutto per la degenerazione profonda delle forze politiche che hanno assunto il comando nel paese dopo l’eliminazione giudiziaria – ma su precise indicazioni politiche provenienti da oltre atlantico – della prima Repubblica. Continuiamo per inerzia ad usare i soliti termini di un tempo. Quella che indichiamo come “sinistra” è però la marcescenza e putrefazione, di portata storica quasi unica, di movimenti “di protesta”, che ebbero fulgore negli anni della “rivolta” contro tutto e tutti, con una serie di ideologie che si volevano “futuriste” e “immaginifiche” e facevano presa su masse studentesche gravemente deprivate di facoltà raziocinanti e ammesse in massa, con decisione improvvisata e improvvida, agli studi detti “superiori”. Non che fosse positiva l’Università “ristretta” pre-’68, non oserei mai sostenere una simile corbelleria. Tuttavia, l’apertura non ha trovato affatto un corpo insegnante preparato; e quei pochi decenti sono stati investiti da masse di veri “alieni urlanti”, pieni di pretese, per nulla affatto contrastati dai ceti dirigenti, più o meno per gli stessi motivi per cui oggi vengono accolti in massa i migranti, senza la benché minima selezione. Il tutto si è via via trasformato in grave infezione. E oggi ne raccogliamo i frutti, “avvelenati”.
Non traggo conclusioni e non mi sogno di lanciare appelli salvifici. E’ un’infezione vasta e profonda; finché si useranno dei palliativi, il male si aggraverà. Bisogna incidere, far uscire il pus, disinfettare le ferite con prodotti estremamente radicali nella loro azione eliminatoria dei tanti germi in circolazione.
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