MISTERO VENDOLIANO DELLA FEDE di G.P.

Quando Nichi Vendola fu eletto per la prima volta Governatore della Puglia si commosse. Qualcuno gli domandò se fosse un pianto di gioia ma lui, con gli occhi bagnati di lacrime proletarie, rispose: “No. È dolore, soffro perché entro nel cuore del potere. Per essere felici col potere bisogna amarlo e io sono disamorato del potere. Ho paura di sporcarmi la faccia”.

Una bella presa per la "faccia culesca", in perfetto stile mélo, da parte di questo attore pretesco della politica italiana il quale tentava di distinguersi dagli altri protagonisti del Palazzo per il fatto di non essere mai entrato, prima di allora, nei santuari del potere che corrompono gli spiriti puri. Si trattava però di una mezza verità dato che Nicola detto Nichi era stato deputato dal 1992 al 2005 abitando in quell'ala del Parlamento da dove si critica e si dissente ma poi si finisce per condividere e  per spartire con tutta quanta la casta. A qualche anno di distanza Vendola ha scoperto che la sua vocazione non si è affatto affievolita tanto da essersi proiettato, frate Bersani acconsentendo, verso templi romani ben più sontuosi e magnificenti; niente a che vedere insomma con i sacrari di Bari dove costui continua ad officiare messa con il titolo di Gran sacerdote dei provinciali. Ma a Nichi la tunica del curato di campagna va troppo stretta, egli si sente meritevole di altri riti, onorificenze e titoli. Forse quello di cardinale andrebbe già bene ma con la fede e l'ispirazione messianica che si ritrova egli pensa di poter diventare quanto meno papessa che avvicina il cielo alla terra e viceversa passando per un mare di chiacchiere. Tuttavia, le divinità vendoliane che cospargono il suo capo di unguento sacro hanno davvero poco di paradisiaco e di ascetico, né sembrano gradire la commistione con gli straccioni e gli ultimi del mondo. Esse sembrano anzi avere dentro l'oscurità bestiale piuttosto che la beatitudine degli angeli. Questi diavoli capitalisticamente accattivanti, che qualche settimana or sono hanno accolto il terlizzese a braccia aperte nella Grande Mela del peccato, si chiamano Fondazione Rockfeller e Fondazione Ford. Tuttavia, Vendola non vede alcuna contraddizione tra il suo verbo popolare e populistico e le tentazioni del maligno che lo precipitano negli inferi del profitto insieme ai demoni del denaro che egli, come crociato degli oppressi, dice di aver sempre esorcizzato. Ovviamente non è così e tra Washington e New York, tra Los Angeles e Brooklyn, il Governatore di tutte le Puglie si è fatto diabolicamente amare dagli statunitensi per il suo approccio religiosamente filo-atlantico, per i suoi oroscopi sociali che mescolano un pizzico di grande narrazione obamiana con un tantino di ambientalismo al-goriano, un tocco di pacifismo lennonista con una spruzzata di democretinismo kennedyano. E' questa la fantomatica  ricetta  vendoliana dei cambiamenti  che inevitabilmente finisce per peggiorare le cose in quanto pretende di trasformare la realtà semplicemente ignorandola o cucinandola con la lirica. La sua bibbia programmatica contiene tutti quei luoghi comuni che nessuno si sente di contestare per non essere stigmatizzato, per non passare da retrogrado, reazionario e antiprogressista: dalla lotta al global warming alla battaglia contro la deforestazione, dalle strategie per il contenimento della desertificazione alle campagne in difesa dell'acqua. Per essere un po' più originale e aperto a tutti i culti Vendola ha anche aggiunto una leccatina alla comunità ebraica di New York che presto avrà il suo itinerario giudaico nel tacco d'Italia. Se questo viene sommato alle dichiarazioni in favore di Fini, che il Governatore pugliese vede quale suo avversario naturale nelle prossime elezioni post-berlusconiane, si capisce che sarà per loro come giocare una partita a doppio turno del campionato casalingo del servilismo, con andata a Tel Aviv e ritorno  a Gerusalemme. Gli americani naturalmente faranno da arbitro ed in ogni caso benediranno entrambi i contendenti. In conclusione anche il vendolismo si sta rivelando per quello che realmente è: una misera transustanziazione dall'utopia collettiva al carrierismo personalistico. All'Italia va invece l'ennesimo bacio di Giuda.