MULTIUTILITIES di M. Tozzato
Prendendo spunto dall’ottimo articolo di G. Duchini e dalla questione di quello che lui chiama “Neostatalismo delle Municipalizzate” proveremo ad avanzare alcune considerazioni sul problema della riforma dei servizi pubblici locali e dello sviluppo delle S.P.A. legate alle Autonomie Locali, con particolare riguardo alle loro aggregazione in grandi aree territoriali, di dimensione regionale o ancora maggiore (multiutilities). Per introdurre la problematica è necessario considerare che a partire dagli anni novanta del secolo scorso si sono sviluppate, in maniera sempre più accelerata, società di capitali partecipate locali in tutto o in parte di proprietà pubblica: esse erano nel numero di 22 nel 1995 per poi passare a 56 nel 1997 sino a risultare circa 900 nel febbraio
to sia selezionato attraverso gara ad evidenza pubblica; 3) attraverso il cosiddetto affidamento in house(1), ovvero a società di capitale interamente pubbliche, a condizione che “l’ente locale o gli enti pubblici … esercitino un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano”>>. I fautori della concorrenza “a tutto campo” criticano il fatto che venga messa sullo stesso piano <<la contendibilità del mercato con la messa a concorrenza di una sola quota del capitale dell’impresa>> facendosi anche forti del precedente di una procedura di infrazione comunitaria risalente al 2002 che costrinse i legislatori ad abolire le norme che permettevano alle imprese pubbliche locali di <<mantenere l’affidamento diretto (anche nel caso di partecipazione di minoranza da parte del Comune)>> senza <<alcun obbligo del ricorso alle gare per l’affidamento del servizio>>. Non solo, quindi, era possibile scegliere, per l’ente pubblico, il proprio partner societario senza ricorrere a gare ma venivano sottratti alla concorrenza persino gli appalti, concessi ad altre imprese, di prestazioni lavorative e forniture. Una vera pacchia sia per il “privato” che riusciva, magari tramite appoggi clientelari, a inserirsi nel “gioco” senza dover competere tramite asta, sia per le amministrazioni locali che potevano lucrare su questa loro possibilità di concedere il privilegio dell’affidamento in maniera del tutto libera ed “arbitraria”. Per tornare alla normativa attualmente vigente si deve rilevare che le disposizioni emanate nel 2003 non si applicano <<ai settori dell’energia elettrica, del gas naturale e dei trasporti locali, le cui normative settoriali disciplinano la gara come esclusiva forma di affidamento del servizio>> per cui risulta ancor più evidente la necessità di un nuovo inquadramento di legge che riordini tutti i settori dei servizi locali. Il disegno di legge Lanzillotta che sancisce, comunque, il <<principio che la proprietà delle reti e degli impianti di serv. pub. loc. debba essere mantenuta in capo agli Enti Locali>> propone l’introduzione della concorrenza regolata, come modalità di affidamento della gestione del servizio, la <<limitazione dei casi di affidamento diretto e in house>> e <<l’obbligo, per gli Enti Locali, di ricorrere a procedure competitive ad evidenza pubblica per la scelta del gestore di tutti i servizi pubblici locali (ad esclusione del servizio idrico per il quale viene esplicitata una riserva di gestione pubblica) e, per finire, la limitazione del ricorso ad affidamenti diretti e in house a “specifiche e tassative fattispecie”>>. Ma i recenti sviluppi hanno ulteriormente complicato il quadro della situazione: nel disegno di legge, infatti, prima << è stata inserita una formulazione meno rigida riguardo la limitazione degli affidamenti diretti e in house>> e poi nell’emendamento alla Finanziaria 2008, ritirato due giorni dopo dagli stessi che lo avevano proposto, veniva accentuata <<la possibilità di affidi a società di capitale interamente pubbliche>> e riproposta, anche per i servizi di rilevanza economica, <<la possibilità di gestioni in economia, o direttamente tramite risorse interne all’Ente Locale o anche tramite aziende speciali >> che risultano essere <<vere e proprie articolazioni dell’Ente Locale, pur se dotate di personalità giuridica distinta>>. Si potrebbe pensare che queste ultime modifiche siano tese ad agevolare soprattutto le piccole realtà comunali, dove la costituzione di S.p.a. in ambiti territoriali limitati si rivela spesso un fattore di aumento dei costi particolarmente gravoso, visti i vincoli sempre maggiori dettati dal Patto di Stabilità per il controllo della spesa pubblica. In realtà le strategie sono piuttosto articolate e le prossime mosse risultano abbastanza difficili da prevedere anche in considerazione del completo inserimento del ciclo dell’acqua nelle prospettive di sviluppo delle grandi multiutilities, inserimento che fino ad ora era stato frenato, almeno così era sembrato, dalle resistenze opposte dalle propaggini movimentiste della “Sinistra Radicale di Governo” (ora “Arcobaleno”). Altro tema cruciale che rimandiamo ad un prossimo intervento sul blog è senz’altro quello del rapporto tra le grandi macroutility italiane ed europee (in Italia Enel, Eni, Edison e la neonata A2A), le multiutilities “regionali”, come Hera, Enia, Iride, Acea ed altre, e quelle metropolitane delle grandi città. Vedremo così se potranno risultare attendibili le previsioni avanzate sul Sole 24 Ore del 19.02.2008:<<è molto probabile che fra pochi anni il mercato europeo delle utility sarà dominato da 5 o 6 grandi campioni internazionali in tutto, la cui potenza sarà superiore a quella degli stessi governi.>>
(1) <<La gestione in house implica che le pubbliche amministrazioni realizzino le attività loro spettanti mediante propri organismi, senza ricorrere al mercato. Non vi è pertanto alcun coinvolgimento di operatori economici nell’esercizio di tali attività, per cui sono sottratte alle regole della concorrenza come invece avviene per gli appalti pubblici e gli affidamenti dei servizi pubblici a terzi. Sono gestioni in house le “gestioni in economia”, quelle a mezzo di istituzioni e aziende speciali comunali. Le società in house sono invece le S.p.a. il cui capitale è interamente pubblico.>>
Mauro Tozzato 21.02.2008