NELL’ANNO DEL GIAGUARO
Lo avevamo annunciato appena ieri quando abbiamo scritto: “Alla fine dovremo ringraziare il Movimento di Grillo per non averci fatto soffrire troppo ed averci dato il risolutivo colpo di grazia. Giacché, quando l’orda del comico entrerà alla Camera e al Senato, aule che saranno certamente afflitte da trasformismi e precarietà, sarà come un’onda anomala di dimensioni gigantesche che spazzerà via gli infingimenti e le sempiterne tresche altrui”.
Non è elegante autocitarsi ma in questo caso è doveroso perché il quadro degli sconvolgimenti parlamentari e delle sorprese elettorali era stato da noi tratteggiato alla perfezione.
Adesso cosa succederà? I partiti tradizionali non si arrenderanno, nonostante, come dice Grillo, siano circondati e non ci siano i numeri al Senato; si consulteranno e faranno i loro abboccamenti per formare un fantomatico governo di salvezza collettiva, per il bene del paese che però, “stranamente”, continua a coincidere col bene loro, con il ristretto interesse corporativo di cui sono depositari incrollabili. Temono di sparire e vogliono guadagnare ancora qualche mese che per loro, classe (non)dirigente al tramonto, può equivalere all’eternità. Sembra il Principe di Salina de Il Gattopardo invece è l’arco costituzionale al completo nell’anno del Giaguaro (smacchiato).
Il Pd si aprirà alle forze che immagina contigue senza capire che, in verità, proprio queste sono le più lontane dalle sue attuali posizioni mercatistiche, finanziaristiche, eurosuicide, supine alla Nato in politica estera e ripiegate sui soliti gruppi parassitari, industriali ed economici, all’interno del contesto nazionale. Non ci sono punti di contatto tra Bersani ed il comico genovese, nemmeno sulle battaglie ambientali, dopo che il Partito Democratico si è schierato a favore di alcune grandi opere. Non basterà far leva sulla tradizione progressista del partito per accostarsi ai grillini perché quel patrimonio di antichi valori popolari (con i quali si può essere più o meno d’accordo) è stato liquidato per accreditarsi con i poteri forti atlantici e le cerchie della speculazione mondiale, tanto che sul sito del Pd si esultava per l’endorsement pre-voto di Goldman Sachs al centro-sinistra.
Poi, verificata l’impossibilità di qualsiasi intesa con il M5S, si cimenterà, tramite la lista cuscinetto di Mario Monti (la grande delusione con soddisfazione nostra ), anche col centro-destra, ponendo una pregiudiziale contro Berlusconi, al quale verrà chiesto di fare un passo indietro per permettere la formazione di un comitato di salute pubblica allargato alla “parte sana” del Pdl e degli altri muschietti sopravvissuti alla piaga dell’invasione degli ortotteri, adatto a fare almeno alcune riforme (comunque tutte inutili e senza respiro storico) per poi ritornare alle urne, dandosi il tempo necessario a neutralizzare i cinquestellati e la rabbia popolare che li ha puniti severamente. Ecco come non hanno imparato nulla dagli errori commessi e dalla lezione appena ricevuta.
Ma stanno facendo male i conti, perché la gente è stanca dei loro giochetti che hanno portato miseria e disperazione nelle case dei connazionali. Tutte le parole d’ordine che questi signori hanno impiegato in quattro lustri per incatenare lo Stato a logiche di soggezione internazionale, anche come conseguenza di una dipendenza culturale (sarebbe meglio dire sottoculturale), si sono sfatte come fichi al sole: dal bipolarismo, all’europeismo, all’irreversibilità dell’euro ecc. ecc. Sarebbe finalmente il caso, considerando la pesante affermazione di rappresentanze anti-Ue nel nuovo Parlamento, di preparare un bel referendum al fine lasciar decidere ai compatrioti se davvero vogliono restarci nella moneta unica e nella stessa architettura comunitaria. Finora, trattandoci come bambini, ci hanno imposto la loro visione che però, da quel che si può riscontrare, non ci ha evitato la devastante crisi; semmai quest’ultima si è pure aggravata per via delle ricette imposteci da Bruxelles e accettate pedissequamente dai nostri “quisling”.
Ça suffit! Nel nome del popolo italiano, della responsabilità pubblica, della stabilita economica, con le mani sempre tese ai mercati e ai mercanti del nostro futuro, avete fatto già troppo e sempre di peggio. E’ ora di cambiare registro o di sloggiare. Adesso al centro dell’agenda politica devono entrare altri temi e soluzioni per temperare i morsi della crisi sistemica globale e dare alla Repubblica una sua strada originale, nel multipolarismo geopolitico in dispiegamento. Difesa della sovranità nazionale, sostegno alle imprese di punta, una politica estera orientata ad accordi ed alleanze con gli Stati emergenti e riemergenti dello scacchiere planetario, un ventaglio di opzioni economiche non schiacciate sull’ideologia globalista e l’austerità finanziaria, la ricerca di una maggiore indipendenza energetica accompagnata da un uso razionale delle risorse, attivazione di un piano industriale basato sui settori all’avanguardia, imposizione della museruola alla speculazione creditizia e riconsiderazione del nostro ruolo nella Nato e nell’Ue. Questo è un piano diversificato e concreto per gettare il cuore oltre gli esiziali ostacoli della fase storica. Tutto il resto, comprese le riforme costituzionali, sono chiacchiere senza nemmeno più il distintivo. Ieri, infatti, lo hanno perso tutti i vecchi leader di partito sotto i colpi dell’elettore italiano.
Qualcuno potrebbe farci notare che le nostre proposte non sono prese in considerazione da nessuno, nemmeno da Grillo. Infatti, quest’ultimo e i suoi ragazzi non sono il CLN. Costoro, con la loro sorprendente legittimazione nelle urne, hanno però segnalato la voglia dei cittadini di cambiare. Deve ancora giungere chi saprà raccogliere adeguatamente la portata delle sfide che ci stanno di fronte. Ma dopo il terremoto di ieri, senza montarci la testa, restiamo maggiormente fiduciosi.