NIENTE PUTTANAIO, OPERAZIONE SOVVERSIVA
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Parte prima: il mondo della finzione e della menzogna
In questo paese di buffoni e bugiardi, è ovvio che anche un’eversione ha lo stesso carattere, ma di eversione nondimeno si tratta. I mandanti sono all’estero (Stati Uniti, in alcuni loro ambienti) e in una classe industrial-finanziaria da sempre fellona (dal 25 luglio e 8 settembre del ’43), e per di più oggi lacerata dal conflitto tra certo capitalismo concertativo, ancora seguace di Agnelli, e chi va giù con la mannaia alla “Marpionne”. Tuttavia, forse mi sbaglio, tutti pronti a nuovi compromessi se l’Italia cadesse preda della “manina d’oltreoceano”, se venissero annientati gli ultimi bastioni dell’industria strategica (il fatto che sia sotto controllo pubblico tramite la golden share è a questo punto elemento di fragilità; dei bei gruppi privati cattivi e duri alla Marchionne darebbero più garanzia), il che significa al momento eliminare Berlusconi e la sua politica estera.
Il colpo di Stato iniziò con “mani pulite” e lo scrissi già alla fine del 1994 (pur se l’opuscolo venne pubblicato, da casa editrice senza distribuzione, nel gennaio 1995), mentre la canea, anche di alcuni intellettuali che oggi fanno i tromboni in difesa della Costituzione, dilagava urlando al moralismo più becero e disonesto. Nessuno, nemmeno un centro-destra del tutto privo di palle, ricorda che di oltre 100 incolpati da quell’ondata di vergogna giudiziaria, i 4/5 sono stati assolti, ma dopo anni di gogna ed essere stati distrutti politicamente; il che era il vero obiettivo di quell’operazione. Andreotti dopo 10 anni di processo, Mannino e Formica dopo 17, e via dicendo. Geronimo, che ha usato per anni l’espressione “manina d’oltreoceano” (e che ha subito una trentina, forse 31, processi, se non erro con una condanna sola), oggi, passato all’Udc, non la usa più, si è scordato che quel colpo di Stato fu ordito per conto degli Stati Uniti (con l’uso del pentito di mafia di turno) seguiti dalla solita Confindustria e tramite acquisto dei rinnegati del piciismo salvati dalla fine del sedicente socialismo, con intorno piccoli gruppetti di democristiani salvati dai processi.
Mi sembra assai sintomatico che, nell’Udc, Geronimo non parli più del colpo di Stato al servizio dello straniero; perché, fallita miseramente quell’ammucchiata di rinnegati “salvati”, dopo che nemmeno Fini ha fatto una troppo buona riuscita, i democristiani (etichettati al “centro” per non essere sputtanati dalla nomea di “sinistra”), salvati dai processi, sono gli ultimi cui affidare il tentativo di liquidare l’attuale schieramento governativo. Per farlo sarebbe però necessario un supplemento di manovre (da tradimento) con altri settori malleabili del Pdl (e forse della Lega); questi stanno però ben guardinghi, sapendo a quali farabutti e “accoltellatori alla schiena” si dovrebbero accompagnare. Niente più “manina d’oltreoceano”, comunque, per il “neofita” Geronimo, ormai mondatosi da ogni peccato d’appartenenza ad una stagione meno indegna della politica italiana. Noi però sappiamo egualmente come andarono le cose.
Messosi in mezzo Berlusconi – soluzione certo debole di chi volle resistere, e ci riuscì parzialmente, alla svendita del paese, di cui fu simbolo (tipo “delitto di Serajevo” se si capisce ciò che intendo dire) la riunione di italiani “di sinistra” con stranieri, soprattutto americani e inglesi, sul “Panfilo Britannia” – questi fu perseguito per tutto il periodo del suo impegno politico, tuttora perdurante. Prima si è cercato di farlo fuori con i tipici “prodotti giudiziari” di “mani pulite”: corruzione, tangenti, malaffare, ecc. Poi, fallito ogni tentativo in tal senso, ci si è dati alle “luci rosse” e all’incredibile accusa di favoreggiamento della prostituzione. Si è risposto dall’altra parte, sempre per non rivelare mai di che cosa si trattasse, con accuse di carattere “immobiliare” a Fini, ecc.; ma non si è tenuto conto che esiste un fronte teso alla sovversione, per effettuare la quale Fini e la magistratura sono “cul e braga”, così come quest’ultima lo è pure con la “sinistra”.
Tutte le vecchie questioni della Banca 121 del Salento, dell’Unipol con la banca Nazionale del Lavoro, delle cooperative romagnole e altre, pur riguardando branche del malaffare dove erano stati assegnati i colpi di “mani pulite” a Dc-Psi, sono finiti in nulla. Non va avanti l’indagine sullo scempio della Sanità in Puglia, si è fatto scalpore e nulla più in Calabria, in Campania. Si era sollevato scandalo per il vecchio viaggio di Craxi (presidente del Consiglio) in Cina con una sessantina di “ospiti”; lo stesso numero va a New York con Vendola, semplice presidente di Regione: qualche mormorio appena. Di De Benedetti, Agnelli, ecc. ci si ricorda ancora che cosa è saltato fuori in varie occasioni? Ma no. E si potrebbe continuare. Non importa. Non intendo fare il notaio del malaffare della sinistra, lasciato impunito.
Due questioncelle vanno però ricordate, perché dimostrano l’inettitudine della “destra”, che tuttavia, essendo eccessiva, fa sorgere altri sospetti più gravi. Accorgendosi che le “luci rosse” non sono comunque reato ma solo sputtanamento, e potrebbero non sortire l’effetto voluto, si è ritirata fuori a Firenze (con il solito pentito “alla Buscetta”, però “de noantri” e non “italo-americano”) la balla dei rapporti tra Berlusconi e la mafia per le stragi del ’93. Impossibile non ricordarsi del bacio andreottiano a Totò Riina, nauseabonda ridicolaggine presa come prova regina della colpevolezza del democristiano “principe” e finita in coda di pesce, ma dopo 10 anni di perversa insistenza da parte di una magistratura da far paura. Adesso, però, è saltata fuori la confessione di Conso, Ministro di Giustizia del governo Ciampi (28 aprile 1993-10 maggio 1994), che trattò – e il capo di quel governo ci prende in giro se sostiene di non averne saputo nulla – con la mafia per far cessare le stragi ammorbidendo il regime carcerario dei suoi adepti (ripristinato in pieno dal governo di “destra”).
Ebbene, il Pdl ha minacciato inchieste per sapere com’è andata a quel tempo, e invece non se ne fa nulla, cercando solo di mantenere in piedi una traballante maggioranza. La Lega, che ha il Ministero degli Interni, sembra assente. Eppure, sarebbe l’occasione per dimostrare che la mafia è sempre stata in combutta con gli Usa: sbarco in Sicilia, bandito Giuliano e “indipendenza” siciliana (l’acciughina con cui usarono ed eliminarono quest’ultimo, non prima della “bella” strage a Portella della Ginestra), incidente-assassinio di Mattei, installazione della base a Comiso, appunto “mani pulite” con il manovrato “pentimento” del mafioso Buscetta, e non ricordo quanti altri favori. Quindi la mafia è al servizio degli Stati Uniti; è un fatto.
Altro fatto. Cossiga, mai smentito, rivelò fuori dai denti che D’Alema fu messo al posto di Prodi nel ’98 perché gli Usa fossero maggiormente garantiti in Italia (base di Aviano come una delle principali per quell’operazione) durante l’aggressione alla Jugoslavia dell’anno successivo. Si montò l’organetto del genocidio dei kosovari ma, a guerra finita, pian piano si è capito (per chi vuol capire) che non vi sono stati 100.000 massacrati, nemmeno 50.000, nemmeno i 10.000 “certificati” dall’associazione “Medici senza frontiere” (diretta dal “sinistro” Kouchner, poi divenuto Ministro degli esteri del governo Fillon della destra francese; un personaggio coerente e limpido!); di fatto, si è trattato di 2.000 cadaveri, di cui una parte serbi, quindi un tipico risultato della guerra tra forze ufficiali jugoslave e ribelli kosovari, ben aiutati dagli Usa fin dall’estate del ’98 (come minimo). Ciononostante, il sig. D’Alema, la sinistra in coro, il TG3 e gli altri “falsari” continuano ancor oggi a parlare di genocidio.
Ancor più rilevante la rivelazione del dicembre scorso, ad opera di una commissione del Consiglio Europeo (la cui relazione, ci si può giurare, resterà lettera morta), secondo cui il capo dell’UCK (Thaci), oggi addirittura presidente dello Stato-fantoccio del Kosovo, è un trafficante di droga e addirittura di organi di serbi trucidati. La relazione afferma che i servizi segreti di molti paesi europei, fra cui il Sismi, erano a conoscenza dei fatti. E il Sismi non avvertì D’Alema? Non si faccia ridere. Eppure quest’uomo non è stato nemmeno sputtanato per bene, mentre dovrebbe addirittura essere chiamato al Tribunale dell’Aja, se questo non fosse il tipico Tribunale dei vincitori. Invece, il ben noto “baffetto” è addirittura presidente del Copasir (sui servizi segreti, ironia estrema) con i voti della “destra”, a dimostrazione che quest’ultima o è composta da deficienti o da conniventi. Però, dimostrarsi tali con personaggi proni ai voleri americani – i quali, come rivelato dai documenti di Wikileaks, aborriscono la politica estera berlusconiana, in specie verso Russia, Libia, ecc., e la vogliono bloccare facendo cadere il premier – significa o essere traditori alla Fini o emeriti masochisti.
Concludendo. Innanzitutto, c’è qualche farabutto di sinistra desideroso di passare anche per decerebrato sostenendo che i festini ad Arcore sono un reato, sono immorali, sono…..non so bene che cosa, mentre tacere su chi erano i capi dell’Uck e andare in guerra con gli americani, bombardando e massacrando i serbi (con linguaggio da “1984” poiché D’Alema parlò di quei bombardamenti come di “difesa integrata”), sarebbe invece un “peccato veniale”? Dal punto di vista sia politico che morale, “baffetto” è infinitamente più colpevole e ributtante di Berlusconi. E inoltre, mentre quest’ultimo irrita gli Usa – che i cialtroni della “sinistra” finto-radicale accusavano di imperialismo e altro, con ridicole manifestazioni tipo il No-Dal Molin, come se chiudere quella base, lasciando intatte o rafforzando quella di Aviano e altre, avesse un senso – l’aggressore della Jugoslavia ha giocato il ruolo del lacchè del paese predominante.
Lo ricordo benissimo (visto in TV) a Roma, mentre il gen. Wesley Clark presentava il suo libro su quell’aggressione (mai tradotto in italiano, et pour cause). Sorriso da perfetto subordinato, il generale che ogni tanto gli batteva sulla spalla come ad un valletto, nel mentre lo ringraziava ridacchiando soddisfatto perché, oltre ai servigi resi dalla nostra aviazione e dalle nostre basi (servigi superiori perfino a quelli inglesi! Siamo stati secondi dopo gli Usa come numero di missioni aeree), se ci fosse stato bisogno dell’operazione di terra, l’ineffabile ex piciista aveva promesso l’invio di 18.000 soldati (pensate a quanti morti, altro che quelli in Irak e Afghanistan, combattendo contro l’esercito serbo).
Se ne deve dunque trarre la conclusione che la sedicente sinistra è sempre stata, da “mani pulite” in poi, la vera accozzaglia dei servi degli Usa; non che la destra brilli per spirito di indipendenza, ma comunque dal 2003 (estate ben nota) è divisa tra l’appoggio, da una parte, ad Eni (con Gazprom), Finmeccanica e ad altre iniziative, che hanno aperto mercati ad est e sud (anche a piccolo-medie imprese) e, dall’altra, a iniziative imperiali statunitensi (inutile elencarle). Questa divisione tra due compiti così diversi si è tradotta in periodici, ma continui, distacchi di spezzoni dal “centro-destra”, fenomeno che ha sempre impedito una normale navigazione al governo di tale schieramento. E ogni spezzone che si è staccato si è unito alla scompaginata “sinistra” per aiutarla a buttare giù il premier (cioè la sua politica estera verso est e sud, invisa agli americani), nel mentre venivano continuamente alla luce le frequentazioni dell’Ambasciata americana da parte dei capetti di questi traditori; oltre ai colloqui americani di Fini con la Pelosi, con John Kerry, ecc.
Ora 2+2 fa 4. Gli Usa si sono sempre serviti della mafia per i loro maneggi in Italia. Egualmente, hanno messo sotto ricatto i rinnegati del Pci (che ha cambiato mille nomi), salvandoli dal crollo del socialismo e usandoli per i più bassi servizi (comprese aggressioni e bombardamenti). Se B e C sono al servizio di A, si può tranquillamente sostenere che o essi agiscono come la famosa “mano destra” che non sa quello che fa la “sinistra” (ciò accade spesso tra Cia e Fbi); oppure, se collegamenti vi sono, essi esistono tra B e C (mafia e “sinistra”, come talvolta avviene che Cia e Fbi collaborino). Sostenere però che invece esiste il collegamento tra D (“destra”, a parte gli spezzoni staccatisi e andati verso “sinistra”) e B (mafia) è una menzogna colossale. La sinistra è la vera collaboratrice (a sprazzi, per contatti a periodi alterni) della mafia. Questa verità è stata improvvisamente messa in chiaro dalle rivelazioni dell’ex Ministro di Giustizia Conso.
Una bella inchiesta parlamentare (ma coadiuvata da Servizi fidati e affidati a personaggi fedeli) avrebbe infine svelato questa realtà. Invece, la “destra” ha chiacchierato, sollevato un po’ di polvere e poi si è zittita. Masochismo, stupidità o cosa? Quanti sono sempre pronti a nuovi tradimenti non appena il “padrone” straniero (con i suoi scherani industrial-finanziari italiani) “suggerisce” di gettare nuove truppe fresche (dopo averne già logorate non so quante) nella battaglia contro la politica estera italiana? Qualche giorno fa era riportata la notizia, fatta poi scomparire in poche ore (la si ritrova nel link indicato nel commento n. 14 al mio “continua il festival dell’inganno”), di una “calda” telefonata tra presdelarep e B., in cui il primo avrebbe consigliato il ritiro al secondo e la sua sostituzione con Letta. Ero molto soddisfatto perché l’intervento, messo in pubblico a mezzo stampa, della prima carica dello Stato sarebbe stata l’ultima cartuccia sparata dal PAB (poltiglia antiberlusconiana), a meno di non voler chiedere aiuto a “corpi speciali”, dopo di che sarebbe stato impossibile fingere ancora il mantenimento della “democrazia” (già oggi inesistente di fatto; degli elettori tutti se ne fregano). Poi, la notizia è stata sostituita da quella di un “Colle silente” (e perplesso come ogni “buon padre di famiglia”). Si tengono ancora l’ultima cartuccia di riserva. E, ancora una volta, la “destra” si è mostrata tanto “sciocca” (?) da permetterlo.
Chi non ha capito queste banali verità, che sono sotto gli occhi di tutti (basta volerle vedere), merita disprezzo. Il “popolo di sinistra” – parassita legato, direttamente o indirettamente, per quattro quinti almeno alla spesa pubblica improduttiva, di puro spreco – merita questo disprezzo. I suoi capi meriterebbero però di più: la pena per alto tradimento. La “destra” (o quella parte di questa), che tutto fa per non mettere termine a simile azione di servaggio, per non svelare i “segreti” contatti dell’avversario con lo straniero – sembra solo interessata a servirsene al massimo per ricattare e tentare di ammorbidire certi maneggi – merita anch’essa disprezzo.
Per assistere i magistrati che, senza nemmeno la furbizia di aspettare almeno una settimana, almeno qualche giorno, si sono subito scatenati 24 ore dopo la sentenza della Corte Costituzionale (quindi tutto era già pronto da un pezzo; e Fini, guarda un po’, lo sapeva, dunque lo sapevano anche gli altri, tutti, del PAB), sono stati usati ingenti mezzi e personale degli apparati “speciali” di sicurezza. E’ ovvio che hanno agito anche i Servizi, e basta con il dire che sono deviati; sono quello che sono da un bel pezzo [si potrebbe, ad es., sapere la verità su che cosa accadde al povero Calipari? Si deve aspettare un nuovo Cossiga che rivelò 3-4 anni fa, nell’imbarazzato e vergognoso silenzio di tutti, destri e sinistri, la verità sull’abbattimento dell’Argo? E si sono messi in silenzio anche i poveri familiari dei morti in quel finto incidente e reale attentato, che chiedevano a quel punto la riapertura del processo per avere almeno lo straccio di un indennizzo].
I nostri apparati speciali funzionano in senso filo-atlantico; di conseguenza fanno il gioco di coloro per cui giocano anche quelli della “sinistra”, “centro”, “destra”, in pappe ma che cercano di riprendere quota come servitori dei “soliti noti”. Se i nostri apparati funzionano in tal senso, il “popolare” Ministro degli Interni non ne sa nulla? Si limita alle retate di latitanti, al rientro di immigrati clandestini, a qualche colpo contro i narcotrafficanti e il malaffare in genere? Conquista la solita popolarità presso il famoso “popolo bue”, ma lascia agire indisturbati i sovvertitori reali del nostro “ordine costituito”? Le domande si affollano: superficialità vanesia, masochismo, mala fede, piede in più scarpe o che cosa ancora? O forse, si cerca di spingere gli eversori a spiazzarsi sempre più, rivelando meglio i loro piani? E anche la loro fretta, cattiva consigliera e che comporta scoordinamento? Si vedrà quale risposta dare. Non si venga comunque a raccontarci che certi piani sono ignoti, che ci sono solo supposizioni in merito. Non posso credere a tanta stupidità. Nel “poppolo”, in specie negli scervellati e spregevoli di “sinistra”, questa è comprensibile, ormai congenita. Da ben oltre dieci anni avverto che il virus dell’antiberlusconite avrebbe provocato totale rammollimento cerebrale del ceto medio semicolto, parassita della spesa pubblica. Non concedo però tale motivazione a chi sta al governo di un paese.
Basta menzogne e falsificazioni. Che la “sinistra” inganni gli idioti, e gli ipocriti moralisti (senza vera morale) che la seguono, è “normale”. Altrettanto “normale” è il mondo di quegli spregevoli conformisti che passano per intellettuali “progressisti”, sempre a gonfiarsi l’un l’altro per parere geni, influenzando persino poveri dementi di “destra” che mai hanno avuto il dispiacere, come il sottoscritto, di frequentarli e di capire benissimo con quali sporcaccioni e mentitori si ha a che fare. Personaggi ammuffiti e decadenti, abituati ai salotti romani e milanesi, che non ha troppo da cercare donnacce varie perché le trova già pronte negli ambienti frequentati, si mette a fare la morale e a scandalizzarsi; soprattutto perché “l’estero ci guarda”.
Sono vili e meschini ipocriti come quelli che insultavano Craxi e gli altri per corruzione, per affari fatti in Italia e all’estero. Certi “puri”, che non posso nominare pubblicamente (in parte già morti), sarebbero dovuti venire a casa mia nel ’92-‘93 a raccontarmi in faccia certe “divertenti istorie”, perché io so bene quali affari faceva il Pci; e non solo con l’Urss e il campo socialista, ma anche con l’industria “pubblica”, anche con quella “privata”, anche con la “maledetta” Fiat. E io conosco soltanto alcune vecchie “storie” del Pci ante-compromesso storico, ante-concertazione (prima del patto sulla scala mobile tra Lama e Agnelli nel 1975). Figuriamoci cos’è accaduto dopo. Vorrei però essere chiaro. Mai ho polemizzato con esponenti del Pci – non proprio di terz’ordine in quell’epoca – per “queste storie”. Le ritenevo del tutto normali. Come si può mantenere un’organizzazione così complessa, forse con salsicce, costicine, polenta, alle Feste dell’Unità?
E se pure qualcuno ne approfittava, perché uomo capace di stabilire contatti proficui anche per il partito (e su suo ordine), è proprio spaventoso che qualche “cresta” la trattenesse per sé? E conoscete, o imbecilli nullafacenti del “poppolo di sinistra”, il rischio che corre un vero capo politico se cade in disgrazia, se deve affrontare processi o addirittura andarsene all’estero? Se non ha messo da parte opportune riserve, e in conti fuori del territorio nazionale, è “morto” (e spesso non in senso metaforico). Soltanto degli sciocchi possono pensare, tanto per fare un esempio per me luminosissimo, che il grande Lenin, fuoruscito all’estero a riorganizzare il partito in clandestinità, a prepararsi per eventi “fortunati” (poi prodottisi con la prima guerra mondiale), si sia mantenuto con l’elemosina per le strade, andando a chiedere la minestra alle porte di qualche Convento o non so con quale altra imbecillità pensata da minorati psichici. E non mi si dica che viveva con soldi inviati (come?) dai seguaci fedeli (molto pochi). Faceva certo lavoretti, si arrangiava, ma non erano certo sufficienti, perché non doveva semplicemente sbarcare il lunario come solingo esule. Comunque basta con i moralisti che sono personaggi miserabili senza morale alcuna.
Sia chiaro, quindi, che dicendo quello che dico non intendo fare alcuna chiamata di correo per uomini di un Pci di tempi dignitosi. Me la prendo solo con gli immondi che, tradendo e cambiando casacca (e nome), hanno accusato gli altri di malaffare e hanno ottenuto l’investitura a servi prediletti di Usa e Confidustria agnelliana, utilizzando magistrati ancor peggiori di loro. Me la prendo con il verminoso moralismo dei loro seguaci e votanti piccolo-borghesi del più volte nominato ceto medio semicolto (gli “uomini medi”, di cui si ricordi cosa dice il regista impersonato da Orson Welles nel mirabile “La ricotta” di Pasolini; parole “sante”, da riprodurre appena possibile nel blog; magari tutta la scena del film), supportato da gruppi di intellettuali laidi e vigliacchi.
Il primo compito da affrontare sarebbe ripulire la cloaca ormai colma degli escrementi di questo PAB, con apparati di Stato (magistratura, Servizi, “corpi speciali” non fedeli) non degni di alcun rispetto. Senza una ripulitura totale di questa società dall’infezione del PAB, non credo sia più possibile andare avanti. So che questi “porcaccioni” sono pure ridicoli. Per un mese almeno, prima del voto del 14 dicembre alla Camera, hanno insistito che il premier desse le dimissioni perché si illudeva pensando di avere la maggioranza, ormai era virtualmente già cacciato; quindi se ne andasse spontaneamente. E da vermi quali sono, fingevano anche di fargli ponti d’oro, di lasciargli la “buona uscita”, mentre stavano già da mesi e mesi affilando le armi delle “luci rosse”, messe in azione appunto senza nemmeno aspettare un po’ di tempo dopo la sentenza della C.C. Figuriamoci se si fosse dimesso!
Questi vili moralisti della difesa della Costituzione e della “democrazia” appoggiano continuamente chi le viola con manifestazioni tipo “rivoluzione colorata”, sobillano teppisti e delinquenti, fatti passare per “gli studenti”, per “poveri giovani senza prospettive”, che distruggono cose materiale e prospettive sociali da disadattati quali sono, quali sono stati “creati” a loro immagine da genitori irresponsabili e permissivi, che li trattano da “amici” e consentono loro tutte le nefandezze possibili, proteggendoli da chi dovrebbe ormai impartire loro una lezione memorabile.
Purtroppo per loro, la “democrazia” che invocano ha dato la maggioranza a questo governo nel 2008, l’ha poi ribadita seccamente alle “regionali”. Nessun sondaggio, nemmeno dei loro “affiliati”, rivela che le cose stanno cambiando. Hanno sperato di rivoltare il voto all’interno del “Palazzo” con le manovre dell’amerikano Fini; nulla da fare. Vorrebbero tentare la già ricordata “ultima cartuccia”, ma c’è chi, saggiamente (per il momento), esita a spararla, perché dopo “il re è nudo”. Credono nei militari, nei Servizi, nella UE, nella Nato, o in quali altri marchingegni? Imbecilli oltre che manigoldi; sono ormai alla “canna del gas”. Hanno solo la fortuna di avere di fronte un’altra poltiglia, incapace di far valere la propria maggioranza e di usare, lei, certi apparati perché, di fronte all’eversione in corso, avrebbe pieno diritto (anzi dovere), di impiegarli per sventare con estrema durezza i tentativi di eversione in corso.
Invece, si devono sopportare questi lacchè e furfanti ancora in TV, si devono vedere le facce flaccide e cadenti di questo lerciume umano che semina veleni, si deve tollerare una magistratura sempre più impresentabile nella sua faziosa e disperata protervia, che ancora nessuno riconduce alla normalità dell’almeno formale tripartizione dei poteri, “quintessenza della democrazia”, in cui tutti fanno finta di credere. Io potrei criticarla perché non credo a questa ipocrisia “borghese”; i fasulli democratici del PAB, no, non possono. E allora basta, si deve andare ad elezioni subito, e vedere quali risultati otterranno i furfanti che manovrano dietro le quinte al di fuori di ogni controllo e quelli che si fanno eleggere da una parte per poi vendersi all’altra. Questa è la “democrazia” di cui cianciano, mentendo, i malfamati detti “sinistra”, “progressisti”.
Indubbiamente, l’unica cosa reale che dicono (ma per motivi opposti al vero) è che questo governo è presieduto da un “uomo ridicolo”. Dovrebbero però ringraziare il “Fato”; se ci fosse una persona seria, darebbe ordine di eliminarli con la forza in quanto traditori del paese, cospiratori di una sovversione per condurci alle dipendenze altrui. Eliminarli sarebbe soltanto difesa della propria incolumità, ridare ordine e augurare “buon lavoro” a tutti i “produttivi” d’Italia, a quelli che lavorano sul serio e devono vedere la ricchezza da loro creata alimentare i parassiti, per di più dediti solo a incessanti trame per avere l’intero paese ai loro piedi, per averlo a disposizione come una pezza di formaggio da divorare, da topi quali sono. Sarebbe purtroppo indispensabile la derattizzazione, e al più presto. Il paese non è in grado di resistere nemmeno altri due anni senza la disinfestazione da questi topacci. Intanto, si vada subito ad elezioni, e poi si vedrà. Ci si dovrebbe preparare ad un severo regolamento di conti. Germania e Italia potrebbero, con un po’ di nerbo (certo molto deboluccio ora), iniziare una nuova via; e questa volta senza sbagliare come fecero con il nazifascismo. Nemmeno, tuttavia, con l’imbelle “democrazia” dei debosciati, che si fa creare il caos da pochi violenti, aiutati da una massa di viscide mignatte cui ha dato vita il clientelismo e assistenzialismo elettorali.
Non c’è più nulla da raschiare in fondo al barile; bisognerebbe solo tornare a riempirlo di buon vino, eliminando però prima la feccia, altrimenti si va di nuovo in aceto. La feccia è il PAB, dal vertice alla base! Asportarla dal barile. Nuova uva è già pronta, sarebbe sufficiente consentire ai “produttivi” di pigiarla e trasformarla in buon mosto pronto per la fermentazione. Sarebbe però necessario preparare le botti ripulite di ogni deposito, ormai putrefatto, derivante dalla precedente fermentazione andata a male. Il “buon popolo pigiatore” esiste; è solo intrigato da torme di disadattati, sudaticci e dai piedi sporchi, che possono infettare il mosto. Si isolino e si scartino. Salvo, ovviamente, coloro che accettassero, contriti, di lavarsi i piedi, facendosi magari anche una doccia generale. Ci sono sicuramente anche questi. Per gli altri, durezza esemplare e nessuna resipiscenza. I moralisti ipocriti, reali violenti eversori, devono uscire di scena; devono cioè essere buttati fuori di scena, e con tanti di quei calci in culo che quest’ultimo, alla fine, non dovrebbe più servire loro per le funzioni cui è addetto (altro che bunga-bunga!).
Parte seconda: il mondo senza maschera
Mi si permetta innanzitutto di “congratularmi” con l’ex radicale, l’ex libertaria (di costumi), Bonino. Adesso fa la bigotta, la scandalizzata, per i liberi costumi di B. E’ una buona notizia; questi ex radicali sono i più fottuti filoamericani e filoisraeliani che si conoscano. Diceva Mao che è molto utile, per prendere una posizione corretta, ascoltare quel che dice il nemico, in tal caso il più laido dei nemici; che la “sinistra” sia in compagnia di simili personaggi non può dunque che rinfrancarci nel nostro disprezzo per il PAB (poltiglia antiberlusconiana). E rinforza la nostra richiesta che simile cloaca venga svuotata.
Debbo ancora rilevare che un giornalista de Il Giornale ha criticato il suo leader per aver affermato, dopo l’ultima morte di un soldato italiano, che bisognerebbe rivedere la nostra missione in Afghanistan e pensare una exit strategy. Questo giornalista disgustoso a dir poco, di cui tralascio il nome, ha scritto che B. si è lasciato trascinare dal cuore, mentre la ragione consiglia di rimanere a migliaia di Km. di distanza da casa nostra, altrimenti i terroristi arriverebbero da noi. O debole di mente o in mala fede (ipotesi più probabile). Semmai, li potremmo far incazzare ancor di più e i rischi aumentano. Capisco gli Usa che, con l’Afghanistan, tentano di impedire la destabilizzazione pure in Pakistan oltre a non voler perdere posizioni nell’Asia centrale. Quella zona è una delle cruciali per la lotta tra la superpotenza in relativo declino e le nuove potenze come Cina, Russia, India, ognuna delle quali gioca nell’area ad essa confinante, in più o meno velato antagonismo con le altre.
L’Italia ha poco da giocare laggiù se non come serva degli Usa. In proprio, dovrebbe giostrare nelle zone del Mediterraneo e verso Iran, Turchia e, ovviamente, Russia, soprattutto sul piano degli affari delle nostre industrie di punta. In effetti, lo sta facendo, ma nemmeno valorizza pubblicamente questa azione, anzi quasi la nasconde. Negli ultimi giorni l’Eni e l’Avio hanno concluso nuovi enormi affari in Cina. Il non male Ministro Romani (che mi sembra una persona seria e, pour cause, poco in vista) ha detto seccamente alla UE che Nabucco e Southstream non sono conciliabili e che quindi tale (infausta) istituzione decida in merito (cioè di fatto la smetta di “rompere”). Fra qualche giorno, per discutere una comune posizione su tale questione, si troveranno organismi di Francia, Germania, Italia. In effetti, le aziende energetiche dei tre paesi stanno con Gazprom nell’ormai ben noto gasdotto. Tutte queste rilevanti notizie non si trovano nei giornali di “destra”, i cui giornalisti scrivono le cazzate sopra menzionate; e per il resto accettano il terreno di scontro scelto dal nemico sulle “luci rosse”, il gossip, ecc. Le conclusioni sono ovvie.
Di come siamo arrivati a questo punto, a partire dal colpo di Stato mascherato da operazione giudiziaria del ’92-’93, con intervento di Berlusconi, continuazione contro di lui della stessa manovra dei magistrati fino a quest’ultimo assalto, abbiamo detto più volte e qui lo do per conosciuto. Bisognerà certo indicare per sommi capi – con invito a chi fa storia di operare una profonda revisione di quella scritta dai vincitori – le vicende italiane degli ultimi 65 anni. Ci sto riflettendo, per flash, non con la preparazione dello storico. Intanto, una succinta cronistoria di quanto successo “da Craxi a Berlusconi” sta uscendo in Indipendenza (in questi giorni è stata pubblicata la prima parte), a firma La Grassa-Santisi, con una cospicua documentazione raccolta pazientemente dal secondo.
Personalmente, considero ridicolo il comportamento di Berlusconi ad Arcore e “dintorni”; non vi è dubbio che mostra una mentalità da “burino” lanciato nelle alte sfere del sesso a pagamento e della vanagloria di un vecchiotto che ancora funziona. In realtà, mi viene sempre in mente che è partito come cantante da night e da crociere; e continuo a pensare che il suo intuito di imprenditore sia in buona parte dovuto a Craxi, da una parte (e come “primo stadio del missile”), e a gente del tipo di Confalonieri e anche di Dell’Utri (uomo di grande intelligenza e cultura, fatto fuori, mafia o non mafia, perché sarebbe stato ingombrante come cervello pensante), dall’altra. Tuttavia, se B. è ridicolo, i suoi accusatori per “luci rosse” e, raggiungendo il colmo dell’assurda faziosità, per sfruttamento della prostituzione e simili, sono semplicemente disgustosi nel loro moralismo da immorali. Non conosco questi magistrati, ma posso ben immaginare di che cosa siano capaci per perseguire una qualsiasi persona su ordine di certi ambienti, mentre sono incapaci di svolgere con solerzia ed efficienza il normale lavoro che competerebbe loro.
Conosco invece abbastanza bene il ceto intellettuale, molto “alternativo”, della “sinistra” uscita sia dai mille tradimenti del Pci sia dal comunismo ancora “duro e puro” (tutti sessantottini e settantasettini e oltre). Conosco molte storie che dire boccaccesche significa fare loro onore, perché si tratta di semplice volgarità e cattivo gusto, di puttanaio del genere di quello berlusconiano, solo con donne meno belle, finte intellettuali raffinate o attrici di cinema e teatro (in uso e in disuso). Le loro feste non sono da miliardari, ma da piccolo-borghesi che imitano i grandi ricchi (nulla di più meschino di questa mentalità, che ho conosciuto fin da ragazzo, io figlio di signori, innamoratosi del comunismo e trovatosi a frequentare, con noia e fastidio superati in nome della lotta “ideale” che avrebbe salvato l’Umanità, certi ambientini del Pci e poi, molto peggiori, “gruppistici”). Sono stato costretto a superare anche momenti di disagio; e ho dovuto rivalutare la mia “classe” di appartenenza, cattiva e senza tante remore, ma con un gusto che questi “villani rifatti”, pieni solo di prosopopea finto-culturale, manco riuscivano nemmeno ad immaginare (salvo attonita frequentazione di alcuni salotti di qualche attempata “signora”, mantenuta da “alto-borghesi”, che si faceva sbattere dai giovanotti del “movimento” per vincere il proprio spleen da “alto-puttana” sulla via del tramonto).
Tutto questo, sia chiaro, non ha gran che interesse, l’ho soltanto riferito per far capire che non sono nato ieri, che di cose ne ho viste – anche dal punto di vista di “affari” fatti da chi si è poi buttato addosso a Dc e Psi per tangenti e altro, avendo agito nello stesso modo, ma con la magistratura quale propria alleata e al servizio dei loro stessi “padroni” confindustriali e d’oltreatlantico – e che conosco quel ceto medio semicolto, succhiatore diretto o indiretto di spesa pubblica e dedito a lavori non solo improduttivi ma proprio inutili. Un ceto tipico di una società (ex) opulenta, con strutture sociali distorte dalla particolare storia del dopoguerra di un paese sconfitto, ma che, tradendo e passando all’ultimo momento con i vincitori, ha goduto di una prosperità viziata appunto da questo “peccato originale”, trascinando nel vortice del doppiogiochismo e del piede in più staffe pure il comunismo, di ben diversa origine e dignità, persa però completamente in un dopoguerra di trasformismo e svendita continua.
L’importante è la totale assenza di reale potere da parte di quest’uomo che sembra al centro della politica italiana, che la condiziona talmente da non esserci nulla più di una costante e furibonda lite pro o contro la sua permanenza al potere (immaginario). Da quasi vent’anni viviamo in un mondo creato da “illusionisti”. Sempre più mi viene in mente Frankestein e il suo Mostro. Il fatto è che in Italia l’unica sinistra è stata quella dei socialisti, in particolare durante la gestione Craxi. Nessuna particolare rivalutazione di questa corrente del “regime capitalistico”, che tuttavia è quella correttamente denominata sinistra. Dopo il ’92-’93 abbiamo appiccicato tale etichetta, aggiungendovi comicamente perfino il termine “progressista”, ad una mera ammucchiata di rinnegati di più bandiere: quelle del comunismo (già ampiamente degenerato e pronto per il tradimento con la segreteria del “cattolico” Berlinguer), salvato dal crollo socialistico per motivi chiariti mille volte, e quelle della Dc e Psi (Amato come paradigma di chi accoltella il proprio benefattore, simile a Bruto ma senza l’onore e lo spessore intellettuale di quest’ultimo) ridotte a piccoli brandelli salvati dai processi.
Una simile pseudo-sinistra ha avuto la sola funzione di distruggere, per fortuna non riuscendovi completamente, l’industria pubblica in quanto ultimo baluardo (con ambienti però “restati nell’ombra”) di quei lembi di autonomia, il cui annientamento fu l’obiettivo primario dell’azione della “manina d’oltreoceano” coadiuvata dai suoi servi confindustriali, mignatte ancor oggi attaccate al corpo dell’Italia. Una pseudo-sinistra, cui si aggiunse l’“agente oscuro” che fu di fatto a capo dell’operazione giudiziaria e che poi si trasferì in politica cercando di completare la propria “missione”. Questo amalgama informe e putrido di inetti e traditori (o agenti del nemico) non aveva alcuna capacità politica; finita la manovra di smantellamento dell’industria pubblica – con un parziale successo che, non realizzato fino in fondo, diveniva un insuccesso – non era in grado di inventarsi una reale politica per il paese, una politica nazionale insomma.
Alla guisa di Frankestein, simile fetida ammucchiata ha preso lo spunto dall’entrata in campo di B. per creare il Mostro: fascista, corrotto affarista, controllore di tutti i media – quando la stampa, salvo 3-4 giornali, è dei “padroni” della finta sinistra, quando in TV dilaga il ceto semiculturale di questi rinnegati e traditori con discorsi da mentecatti e per mentecatti – infine puttaniere e quindi immorale; mentre chi, da autentico valletto degli Usa andò a massacrare i serbi usando uno schifoso linguaggio orwelliano (e lasciamo perdere le questioni bancarie su cui la magistratura servizievole si è fermata), sarebbe il non plus ultra della moralità e della intelligenza politica, assieme al coacervo dei suoi sodali (che si accoltellano tra loro come sempre fanno i vari Gano di Maganza, le bande di mercenari, ecc.).
Non è pensabile che simili malandrini, di così basso conio e dediti a reciproci sguardi in cagnesco, godano dell’appoggio incondizionato degli Usa e degli organismi del loro dominio in Europa (Nato e UE in specie). Tuttavia, sono essi ad essere informati preventivamente delle varie mosse compiute contro B. per sbalzarlo di sella. E’ evidente che gli apparati, infedeli, dello Stato italiano dipendono soprattutto da centrali estere (con gli Usa in testa; e con differenziazioni, credo, tra diversi ambiti di tale paese, in cui si notano ormai tattiche diverse per affrontare la nuova situazione di avanzante multipolarismo). Ne saranno probabilmente informati alcuni ambienti confindustriali e bancari (e nemmeno molto), alcuni settori politici (ancor meno, solo lo stretto necessario). Siamo più o meno trattati come l’Afghanistan, in cui Karzai – dopo che si è dovuto soprassedere a indire nuove elezioni sotto dichiarazione di brogli, per evitare guai maggiori – è sottoposto a controlli e sottili azioni di intelligence per farlo fuori nel modo più indolore possibile (si veda il pezzo già messo nel blog e che riguarda notizie riportate dal New York Times).
Certamente, però, quello che ne sa meno di tutti è B. Non si è mai visto in alcun paese un così inesistente controllo di un premier sui Servizi e altri apparati detti, in tal caso ironicamente, di Sicurezza. Gran parte del personale utilizzato dalla Procura milanese per il suo “puttanaio” dipende dal Ministero degli Interni. Maroni è connivente o non controlla nulla? Personalmente, credo che la Lega (con il “suo” Tremonti) sia tanto vicina a B. quanto coloro che lo vogliono buttare giù. In questo momento, non le conviene agire contro il premier, commetterebbe un errore capitale – essendo fra l’altro dislocata in una sola parte del territorio nazionale e non avendo creato gli strumenti necessari per un’eventuale “secessione” – a fidarsi di traditori come quelli dell’ammucchiata dei rinnegati. Sarebbe un suicidio, sarebbe un andare allo sbaraglio. Tuttavia, manovra, sonda, fa capire la sua “sensatezza”, la sua maggiore “moralità”, la sua “moderazione” verso i magistrati, verso il presdelarep che, malgrado le capacità manovriere ereditate dal piciismo, non riesce a nascondere, salvo che al “poppolo”, da che parte sta, e con ben chiara nettezza per chi ha occhi per vedere.
Berlusconi non sa mai nulla di nulla, almeno questo è ciò che appare; penso tuttavia sia in buona parte così, pur se è incredibile. Se così è, però, abbiamo allora a che fare con un uomo, creato sia da una parte (gli “amici” che l’hanno usato quale scudo) che dall’altra (quelli che ne hanno fatto il Mostro per sopperire alle carenze politiche e per stare ancora a galla con i padroni d’oltreoceano). Allora, ci sono “uomini nell’ombra”, di indecifrabile identificazione, ma certo un tempo (prima Repubblica) legati al vecchio regime, e ancor oggi struttura portante dei resti (rilevanti comunque) dell’industria pubblica (Eni, Finmeccanica, Enel), pur se in mezzo a loro esistono ramificazioni e quinte colonne del nemico. Dopo l’attacco subito da parte di Usa e Confindustria – particolarmente devastante perché sempre mascherato, secondo l’abitudine inveterata degli Usa, con accuse di corruzione (o, per altri paesi, di brogli elettorali o di possesso di armi di distruzione di massa o altre menzogne colossali) – questi ambienti moderatamente autonomisti hanno dovuto trincerarsi dietro un uomo che aveva anche lui interesse a difendersi dall’ammucchiata al servizio dello straniero.
A volte esistono “grumi” di potere fra loro separati – o perfino in contatto ma non in modo tale da rappresentare un vero gruppo dominante in chiaro conflitto con altri – che hanno una serie di legami con lobbies varie, e variamente collocate in apparati e istituzioni sia a livello interno che internazionale. Tali “grumi” non riescono però a darsi una configurazione e struttura articolata tali da poter essere rappresentati nella sfera politica da un’organizzazione coerente e dotata di un minimo di omogeneità e linearità con riferimento sia alla politica interna sia a quella estera. In Italia, del resto, non esistono simili organizzazioni né nella pseudo-sinistra né nella pseudo-destra, che non a caso sono facilmente intercambiabili e si confondono. In nessun paese capitalistico avanzato potrebbe accadere che un Fini, considerato destro, venga corteggiato e incoraggiato da “sinistra” quasi fosse diventato un suo leader. In nessun paese, una volta messo in scacco anche questo “destro”, la “sinistra” si accontenterebbe che qualcuno della “destra” governativa attuale – Tremonti, Letta o magari un leghista attratto dall’acciughina del federalismo – si sostituisca al premier. Questa pseudo-sinistra appoggia chiunque pur di poter dimostrare ai propri padroni di aver combinato qualcosa dopo quasi vent’anni di inutili tentativi.
Non si può nemmeno parlare in senso preciso di guerra per bande – anche se la lotta in corso vi assomiglia – perché queste sono comunque formazioni di una certa stabilità che controllano determinati territori. Qui abbiamo gruppi di banditi confusi tra loro, giocatori che passano da una squadra all’altra senza nemmeno cambiare maglia, con disposizione “anarchica” sul terreno di gioco. Un minimo di schieramento si ha solo tra le forze industrial-finanziarie disposte nell’area sotto predominio degli Usa (con conseguente servaggio verso tale paese), mentre altri gruppi – lo ripeto, in formazione meno compatta ed efficace, quanto meno con azione più ambigua e ambivalente – si proiettano anche verso altre aree e si muovono con maggiore autonomia. Tuttavia, sembra che si stia producendo, causa multipolarismo crescente e differenziazione tattica dei centri strategici statunitensi, una frattura sempre più acuta all’interno dei gruppi industrial-finanziari subordinati al polo statunitense.
La confusione è quindi in aumento, gli ambiti industriali dell’autonomia non sono ancora in grado di coagulare un’alternativa; agiscono sempre per lobby, ma politicamente continuano a servirsi di Berlusconi che ha attorno a sé pochi individui, non si sa quanto fidati, quanto capaci. Tutto è gelatinoso, amebico. La sensazione di putrido cresce rapidamente, ma si deve concordare con Giacalone che scrive (23 gennaio) “c’è anche tanta gente ragionevole che, semplicemente, non vede alternative. Non crede ad una sinistra che è solo antiberlusconiana. Non crede a forze politiche senza idee, proposte e personalità. Non crede a chi parla solo di Berlusconi, nel bene e nel male. Tutte comparse. Così il protagonista tiene la scena”. La mancanza di alternativa, derivante dall’inettitudine e dal laido moralismo di forze che della politica non hanno il benché minimo sentore, nasce appunto dal progressivo disfacimento di quel fronte industrial-finanziario, che aveva tenuto il campo – per motivi che dovrebbero essere studiati a fondo nella storia almeno di questo dopoguerra, ma con radici nelle vicende della seconda guerra mondiale e prima ancora – per parecchi decenni.
La forza dell’industria pubblica è stata tenuta in scacco a lungo dopo l’assassinio di Mattei (non di sola fonte americana, non con la solita storia delle “sette sorelle”, dovremmo guardare meglio nella nostra “borghesia” privata, quella del tradimento del 1943), ma ha resistito nel mentre imperversava la Confindustria agnelliana con il compromesso storico, la concertazione, il parassitismo finanziario e l’assistenza statale, il tutto nascosto per un breve periodo dietro l’imbroglio della “qualità totale”, per propagandare il quale furono lautamente “remunerati” pure molti intellettuali “ultrarivoluzionari”, la cui vergogna culturale e morale resterà quale pietra miliare dello sprofondamento di questo ceto di saltimbanchi, che ancora imperversano pur ormai marci, putrefatti, con un odore di cadavere che ammorba l’aria.
Dopo il crollo socialistico del 1989-91, con il dilagare dei rinnegati di ogni risma e l’azione della magistratura a comando straniero e confindustriale, l’industria pubblica fu attaccata da questa pseudo-sinistra, con i vari Ciampi, Prodi, Amato, Draghi (e Bazoli, Andreatta, Spaventa, ecc. che si dice fossero sul Panfilo Britannia) e compagnia varia, riuscendo comunque a salvare alcuni suoi comparti essenziali, di punta e strategici, trincerandosi dietro Berlusconi. Essa non ha però ancora saputo andare oltre un’azione indubbiamente efficace a livello di affari conclusi a livello internazionale, rimanendo sempre esposta agli attacchi perversi dei soliti nemici (“privati”); in parte indeboliti ora da una rottura (proprio insanabile, senza possibili nefasti compromessi?) tra Confindustria e la Fiat “industriale”, con riflessi positivi anche nella frattura prodottasi all’interno della sedicente unità dei sindacati (apparati burocratici di Stato), che sono sempre stati – soprattutto dopo la sconfitta del 1980 – complici (e pare anche finanziati) della Confindustria stile agnelliano. Da un altro punto di vista, però, i nemici potrebbero essere ancora molto pericolosi, appunto con la Fiat più strettamente legata al capitalismo americano tramite i fatti ben noti (Chrysler, finanziamenti ottenuti dagli Usa, ecc.) su cui non mi soffermo ulteriormente.
Siamo dunque in una evidente situazione di stallo, che ci indebolisce nel momento in cui ci si addentra nella nuova fase storica. Ci si raccontano continue menzogne o comunque mezze verità (non molto differenti dalle menzogne). Non siamo fuori della crisi, che è il fenomeno “superficiale” rivelatore di tale nuova fase in apertura (in uno stadio più avanzato subentreranno ben diverse “crisi”). Del resto, questi imbroglioni sostengono che la crisi (economica) sta per essere risolta quando fa loro comodo diffondere quell’ottimismo scioccamente indicato quale cura principe. Quando invece si tratta di evitare scelte improcrastinabili, ad esempio le elezioni o un qualche definitivo regolamento di conti che almeno dia inizio all’uscita dal pantano, allora la crisi è grave, bisogna concentrarsi su di essa. Dobbiamo così sorbirci le stucchevoli prediche presidenziali: o quelle della Repubblica o quelle della Confindustria (certo più gradevoli come aspetto fisico dell’officiante). Sarebbe ora di finirla anche con la smania dei conti in ordine. Tanto più che il Debito pubblico non accenna a diminuire (anzi il contrario); questo è semplicemente un sintomo della distorsione assistenzialista e clientelare del sistema (im)produttivo italiano, strettamente connessa ad una struttura sociale negativa in quanto caratterizzata dalla crescita dell’esercito parassitario sia tra i capitalisti che tra i lavoratori.
L’elemento più dinamico, e pericoloso, dell’attuale situazione non è il conflitto capitale/lavoro, con cui viene distorta la visione delle società capitalistiche avanzate, in particolare quella italiana, soprattutto da parte dei (pochi ormai) vecchi bisonti di un marxismo ottocentesco. Il conflitto fondamentale è tra produttivi e assistiti, divisione assai più trasversale rispetto a quella solita e stucchevole tra dominanti e dominati, oppressori e oppressi, sfruttatori e sfruttati. Fra l’altro, si tratta di una divisione trasversale che viene spesso deformata in conflitto tra nord e sud con gravi rischi per l’unità del paese. Sia però chiaro che chi deforma non sta solo al nord, tra i “padani”, ecc. Bugiardi e falsificatori sono anche i vecchi meridionalisti che insistono con tesi ormai obsolete e stantie, con la solita solfa dell’annessione del sud da parte del Piemonte sabaudo e altre lamentele varie. Occorre una seria autocritica anche da parte dei meridionali; e pure rapida, perché la pazienza ha limiti non superabili, non si può sempre tollerare chi “chiagne” e fotte altri, ormai stufi di passare per gonzi.
Nessuno nega che, nella fase di trapasso in cui ci troviamo, occorra solidarietà sociale per una transizione morbida. E’ però necessario non insistere con l’assistenzialismo, con Stato ed Enti pubblici (fra cui Regioni e Comuni, ecc.) che si riempiono, e molto di più al sud (inutile negarlo), di una pletora di impiegati; non particolarmente fannulloni, semplicemente privi di produttività, inutili, un sovraccarico per la spesa pubblica e assunti per fini elettorali di cosche locali e nazionali. L’impiego pubblico sarebbe da sfoltire per un 50% almeno, ma nessuno chiede simile drasticità impossibile per una questione che è sociale e non puramente economica. Si deve però invertire la tendenza, si deve gradualmente sfoltire. Così come deve cessare ogni sussidio alle imprese, pur esse assistite come lo è sempre stata la Fiat per decenni, e molte altre grandi imprese che controllano la Confindustria (non parliamo nemmeno delle grandi banche).
Questo è stato il vero “interclassimo” della “sinistra” (dei voltagabbana del Pci) dal compromesso storico e dalla concertazione in poi: alleanza sostanziale – pur talvolta in contrasto in quanto però due facce della stessa medaglia – tra Pci e Cgil con la Confindustria agnelliana per gravare sui ceti produttivi e dilatare gli impegni dello Stato, che non è mai stato del “benessere”, soltanto assistenziale invece per lavoratori inutili e capitalisti sanguisughe. Ed è su questo “ventre molle” di parassiti che ha sempre giocato il capitalismo predominante statunitense (anche oggi per l’appunto) al fine di farne il vero punto debole di una rinascita europea. Quest’ultima non può essere basata sull’altrettanto parassitaria e burocratica UE, ma su alcuni paesi (e alcuni Stati nazionali), fra i quali un ruolo di notevole rilievo potrebbe essere giocato proprio dall’Italia, assieme alla Germania. Sissignore, come in tempi andati, non però con il forsennato nazionalismo di allora. Semplicemente con il preciso senso di un possibile compito da adempiere in vista della nuova crescita d’importanza di una parte dell’Europa, in espansione ed alleanza verso est (e sud, in specie per la posizione e funzione che potrebbe essere quella tipica italiana).
Quindi, riportiamo l’attenzione sulle questioni essenziali. Innanzitutto, la crisi esiste e non sarà breve. Adesso, riprendono le voci di un miglioramento: i paesi nuove potenze sono in notevole crescita (ma già da tempo, e semmai subiranno un leggero rallentamento), la Germania sembra in ripresa e si avvertono segnali positivi (per l’occupazione) negli Usa. L’Italia è ancora al palo. Qui si sta però parlando solo di crescita, che è certo un sintomo (non a caso l’Italia, dilaniata dalla lotta tra varie bande confuse e pasticcione, langue) ma non esaurisce l’insieme del fenomeno, che è di incerto andamento caratterizzato da sviluppo ineguale, da riclassificazione tortuosa e tormentosa (con disordine crescente) dei rapporti di forza internazionali con varie aree “di crisi” (non economica, ma di influenza), ecc.
Sul piano della politica estera è indispensabile accrescere l’abilità di giostrare nel mondo multipolare e sconfiggere la “poltiglia antiberlusconiana” dei rinnegati e traditori di molte bandiere che gioca per l’asservimento e per la continuità dello Stato assistenziale (a imprese e lavoratori), ormai un danno e impedimento grave non solo per la crescita, non solo per opportune trasformazioni sociali – con una dinamica dei rapporti che veda in espansione e rafforzamento i ceti produttivi – ma ancor più per un ruolo e funzione meglio espletati nell’ambito delle alleanze e della partecipazione non passiva e subordinata al conflitto nell’arena internazionale. Quindi, anche la politica interna ed economica deve essere a ciò orientata. Si deve impedire l’ulteriore inganno – foriero di futuri nuovi tradimenti a favore della potenza ancora predominante – dei “conti in ordine” (mentre il Debito aumenta, fra l’altro). Quel che importa è l’indirizzo della spesa statale: sempre assistenziale o gradualmente tesa alla politica di cui sopra nell’agone mondiale?
E’ ora di finirla di porre l’accento sulla domanda (in specie di consumo). Fondamentali sono gli investimenti: non genericamente produttivi e nemmeno soltanto in infrastrutture. Si tratta di investire, e favorire gli investimenti, in direzione di settori strategici. E diventa fondamentale accrescere il “fondo” statale per spese volte ad ampliare aree d’influenza (anche di carattere culturale, ma come mezzo per altre forme di “penetrazione”), a stabilire alleanze che spesso richiedono pure molteplici impieghi di mezzi finanziari in azioni di intelligence opportunamente combinate.
Non si può cambiare drasticamente politica economica dall’oggi al domani, per la questione sociale di cui già detto. La tendenza nuova deve però essere subito indicata; e non vi è alcuna tendenza nuova senza cambiamenti politici radicali, veloci, magari traumatici, nient’affatto pacifici in ogni caso. Il “cancro” che nutriamo in seno va asportato. Mutamenti sociali solo graduali comunque tesi alla fine dello Stato assistenziale, ma mutamenti politici veloci e drastici per il comando della “macchina statale”, per imprimere un diverso orientamento allo sviluppo (non semplice crescita) del nostro paese; orientamento a divenire una (sub)potenza (regionale), con l’acquisizione di mezzi (non solo economico-finanziari) per meglio svolgere, come appena rilevato, il gioco delle alleanze e del conflitto multipolare.
Riassumiamo. L’epoca bipolare, durata quasi mezzo secolo, fu una cristallizzazione del mondo, con conflitti scaricati nella zona esterna ai due poli (terzo mondo). Il crollo di tale assetto lasciò, non a lungo per quanto concerne i tempi storici, una sola superpotenza. In quel frangente, venne tentato – con l’abiura e svendita del Pci a Usa e Confindustria (subordinata agli Usa), “mani pulite”, ecc. ecc. – l’annientamento di ogni autonomia italiana nel mentre veniva creata la UE quale organismo supino alla Nato (e quindi pur sempre agli Usa). Più importante è stato senz’altro il secondo obiettivo, ma non irrilevante nemmeno il primo ai fini del dominio della zona europea “occidentale”, allargatasi ad est con l’acquisizione dei vecchi satelliti dell’Urss. L’Inghilterra sembrava ormai uno degli Stati dell’Unione; avere a sud anche l’Italia come semplice valletta era una vera pacchia. Quella che fu denominata sinistra, questo ammasso di traditori, divenne il materiale da usare per controllare lo Stato italiano onde renderlo un’appendice di quello americano.
La Confindustria (grandi imprese “private” assistite, parassite) – da tempo in sostanziale accordo con il Pci, sindacati, ecc., tutte cose ormai risapute – era interessata all’industria “pubblica”. Distruggere questa era anche interesse dei predominanti Usa per due motivi, uno politico e uno economico (ma con effetti di vario genere). Innanzitutto, tale settore dell’economia (assai vasto) era ancora – pur indebolito in questa funzione dopo l’assassinio di Mattei – un pilastro del regime democristiano (in minor misura socialista). Un’operazione come quella di “mani pulite” doveva essere completata dallo smantellamento di tale apparato industriale (quello bancario era di supporto, quindi pur esso non indifferente). Inoltre, le tre imprese pubbliche “di punta” – Eni (1953), Finmeccanica (1948), Enel (1962), tutte e tre create dopo la guerra – rappresentavano comunque un piccolo disturbo (da non esagerarne però l’importanza) per le imprese americane. In ogni caso, meglio non ci fossero o venissero subordinate. In questo, gli interessi dei predominanti Usa e quelli dei “servi” confindustriali coincidevano.
Gli ambienti politici – quindi di riflesso anche quelli economici (si ricordi la brutta fine di Cagliari, presidente dell’Eni) – che difendevano, in prima linea, le imprese pubbliche, furono travolti dalla sporca operazione giudiziaria. In un primo tempo, Berlusconi, senz’altro avvantaggiato dall’opera di Craxi (e in questo non vi è alcuna critica, perché non sono un ipocrita moralista), sembrò tradirlo (e qui la critica c’è); forse pensava di partecipare al macello dell’industria pubblica o forse tentò di “pararsi il culo” (non so, ma non è interessante saperlo). Nemmeno so se sia stato un errore, comunque la Confindustria gli fece capire che era escluso da ogni banchetto, e i “servi dei servi” straparlarono della “gioiosa macchina da guerra” che lo avrebbe distrutto, mandandolo a chiedere l’elemosina all’angolo delle strade (qualcuno si sovviene?). A questo punto gli interessi del Cavaliere (che comunque cercò di trovare qualcun altro da appoggiare per l’entrata in politica) coincisero con quelli di gruppi, diciamo di “seconda fila”, dell’aggredita industria pubblica. L’entrata in campo dell’“intruso”, avvantaggiato dall’esistenza di un elettorato null’affatto propenso a votare gli ex nemici, fu elemento di “resistenza” che ebbe successo.
Da allora, però, è iniziata una grave deriva della politica italiana, sempre più inetta, priva di vero orientamento e capacità di decisione, continuamente mascherata da pro o contro un individuo, di cui si inventò – da parte del falso antifascismo dei traditori del ’43 e dei loro eredi – un inesistente fascismo. Si è già molto detto della degenerazione di quella che si insistette a chiamare “sinistra”. Mentre la massa del “ceto medio semicolto” (dilatatosi per l’abnorme gonfiamento della spesa pubblica assistenziale) ed un ceto intellettuale prodotto dalla putrefazione degli aneliti sessantotteschi (e successivi) sono via via impazziti, raggiungendo (in questi giorni siamo al massimo) vertici “sublimi”. Il ceto politico dell’ammucchiata dei rinnegati, ormai incapace di qualsiasi progettazione, ha continuato con la pantomima del “fascismo montante”, contribuendo a tenere in vita un nemico puramente individuale. E continuerà a comportarsi così perché, finito “lui”, anche questi zombi si dissolveranno, essendo esaurita la loro funzione.
Berlusconi ha galleggiato, con smodato piacere e irriverenza e, malgrado le apparenze (spesso create da nemici e amici), divertendosi in modi vari. Non ha affatto alcun timore di essere fatto fuori – credo sia rimasto fortemente stupito quando gli tirarono la statuetta in faccia – perché sa di essere essenziale anche per chi lo odia, anzi soprattutto per questi. Dato che un fotografo, con evidente complicità dei Servizi, ha potuto riprenderlo indisturbato da notevole distanza in Sardegna, è ben comprensibile che non sarebbe difficile organizzare un attentato. Ciò che in effetti sorprende di più – mentre sembra che ormai il cervello di PAB e PB (poltiglie anti e pro-berlusconiane) sia arrivato alla completa liquefazione – è che un uomo al vertice del governo non abbia alcun controllo degli apparati vari dello Stato. Tutti gli uomini di potere, in qualsiasi parte del mondo, svolgono la vita che vogliono. Può capitare qualche “incidente” (Levinsky), mai però con un continuo seguito di schiamazzi e fango a secchiate per anni, perché esiste un insieme di apparati che li circonda e protegge. Possono anche permettersi, se occorre, di farne di tutti i colori (compresi omicidi), perfino senza saperne nulla (perché c’è chi ben interpreta il loro ruolo e sa che cosa è utile a quel dato capo di Stato). Talvolta si resta uccisi in un complotto, rimasto però rigorosamente celato, come accadde a Kennedy; o si incappa in una riuscita azione del “nemico” (Watergate) o si è rovesciati da un colpo di Stato, ecc. Mai, però, si è continuamente spiati, perseguiti dalla magistratura, sputtanati dai media per 17 anni, ecc.
L’Italia – come e più del resto d’Europa – è sempre stata ad autonomia limitata. Durante il mondo bipolare si permetteva qualche sgarbo agli Usa, ma sempre nell’ambito di una scelta di campo ben definita e “anticomunista” (altra pantomima, che ha ingannato il mondo per mezzo secolo: che esistesse un mondo “socialista” o comunista quale grave minaccia per il “mondo libero”; mentre si trattava semplicemente dell’esistenza di un altro polo che impediva il completo predominio statunitense). Dopo la caduta del preteso socialismo (comunismo) – in realtà del polo Urss – si è avuta per un decennio o poco più l’impressione del monocentrismo, quello che nei termini del marxismo tradizionale (kautskiano) era l’“ultraimperialismo”. Niente da fare: la rinascita russa, non più in senso bipolare, ma come uno dei poli essenziali della nuova epoca avanzante, ha rimesso in discussione ogni fantasmagorico monocentrismo.
Tuttavia, la menzogna continua ad ammantare il mondo. Prima il Giappone (durato l’espace d’un matin) poi la Cina sono stati propagandati quale principale antagonista degli Usa. Infine, si è cominciato a parlare del BRIC, e tuttavia si inganna la gente affermando che i più importanti paesi sono Brasile, India e Cina. Mentre, chissà perché, gli Usa concentrano il fuoco per impedire la crescita della Russia: rivoluzioni colorate in Georgia e Ucraina, tentativi di seminare zizzania nel Centro Asia, “terrorismo” ceceno, scudi missilistici in Europa orientale (ex “socialista”), ecc. Altra menzogna: ormai la storia si è spostata in Oriente (e un po’ in Sud America), l’Europa è fuori gioco, “un gigante economico ma un nano (anzi nanerottolo) politico”. Chissà perché la zona dei massimi disordini (oggi sempre più evidenti) è quella che va dall’Africa del nord al Medio Oriente (e zone limitrofe) al Caucaso al Centro Asia. E ormai ne viene, ne verrà, sempre più investita la zona dal Portogallo agli Urali. Restiamo storicamente decisivi: niente timori, cari “europei”.
Solo che abbiamo il retaggio del polo “occidentale”, atlantico, con la Nato e la UE quali organismi che rendono suddita l’Europa; e l’Italia in modo particolare. L’autonomia è parzialmente consentita, ma sempre combattuta. Da vent’anni si ha questa pantomima. Caduto il “muro” e creatasi l’illusione del monocentrismo (cui sono convinto abbiano creduto sul serio gli Usa dei Bush e dei Clinton, quelli della “tattica della tigre”), si è avuto il Panfilo Britannia, “mani pulite” e tutto quello sempre detto, su cui in fondo è nato questo blog. Adesso, si ha un’altra tattica (del “serpente”), ma il caos creato (e sempre ri-creato) è dello stesso stampo, in specie in Italia, con l’aiuto speciale (per gli Usa) di Inghilterra ed UE (ed evidentemente della sempre presente Nato). Il caos nasce certo anche per motivi interni – come adesso in Tunisia, Egitto e fra poco chissà dove – ma è comunque effetto del conflitto sempre più acuto tra multipolarismo avanzante (in cui il polo veramente cruciale per l’area che occupa è la Russia) e i tentativi di impedire il completo affossamento del monocentrismo, pur ormai assai imperfetto. Quindi, in ogni processo disgregativo autoctono, troveremo all’opera costantemente i diversi attori in lotta (a volte mascherata da “moderazione” temporanea, a volte con poche mediazioni).
I mezzi usati per frenare la Russia – pur essa forse non interamente sicura dei suoi mezzi e dedita a variazioni tattiche che creano a volte l’impressione di incoerenza – vanno dai metodi aggressivi (scudi missilistici, “avventurismo” della Georgia in Ossezia, terrorismo, “guerre umanitarie” come in Jugoslavia, ecc.) alla promozione delle “rivoluzioni” in cui si vuole esportare la “democrazia”, forma politica ormai del tutto funzionale (come del resto sempre lo è stata) al sedicente “libero commercio internazionale” (ricardismo reazionario) che significa semplicemente l’intenzione di espandere l’area d’influenza di quella che è ancora la nazione più potente; come lo fu per l’Inghilterra nell’800 quando ci volle la guerra civile americana, la nascita della Germania (anche attraverso la liquidazione bellica della concorrente Francia), ecc. per affermare, “listianamente” (ma andando oltre l’economicismo di questa corrente), l’entrata in un’epoca di vero confronto policentrico con il rude regolamento di conti durato fino al 1945.
Adesso non ci siamo ancora, esiste il multipolarismo in avanzata a ondate e scatti, con difficoltà legate agli ostacoli frapposti al cammino della Russia. Dal ’92-’93 l’Italia è di fatto attraversata, pur con fasi diverse e di diversa intensità, da questo scontro in atto nell’area che si tenta di far credere ormai “fuori della storia” (ci siamo a volte cascati pure noi). Evidentemente, gli attori di questa recita spesso ne sono convinti – non i centri strategici in reciproco conflitto che hanno maggior consapevolezza della posta in gioco, ma usano della menzogna (perché sanno bene come si turlupinano i “poppoli”) nel loro ormai turbinoso e tatticamente mutevole scontro – e sono perciò assai utili per l’inganno e la maschera dell’epoca.
Nemmeno noi abbiamo capito bene in tutti questi anni che il Cavaliere è la maschera per eccellenza. Adesso, perfino qualche cervello “a sinistra” (dov’è veramente strano trovarne qualcuno, perché mai avevo visto dei deficienti simili) inizia a capire l’antifona. Ad es. Ilvo Diamanti (nientepopodimeno che su Repubblica), che ha scritto sulla capacità (oggettiva evidentemente) di Berlusconi di tenere unito il paese; in realtà, ne tiene unita la superfetazione politica, giornalistica e dei sedicenti intellettuali. Senza costui si sfascerebbero sia il PAB sia il PB, cioè entrambe le poltiglie che da 17 anni impestano la vita del paese, pro o contro un solo individuo. In assenza del “Mostro”, cadrebbe ogni maschera e la “guerra di ognuno contro tutti” provocherebbe un enorme guazzabuglio, di fronte al quale quello odierno è un “perfetto ordine geometrico”.
Per vent’anni quest’uomo è stato in realtà “di paglia”, e tutti ci hanno creduto (salvo i suoi reali “creatori”, sia quelli “contro” che quelli “a favore”). Un uomo ridicolo, senza dubbio, uno che ama divertirsi da “uomo qualunque”, privo di rispetto per l’oggettivo ruolo ricoperto. Uno che mai ha veramente compiuto passi per mettere sotto controllo gli apparati di potere reale, quelli che allignano nello Stato, in suoi luoghi specifici, non certo nell’amministrazione dei cosiddetti affari generali, non certo nel controllo dei conti e della spesa pubblica. L’apparenza serve ai gonzi, serve a far balenare possibili sostituzioni del premier con chi ha fatto quadrare questi conti con una micragnosità priva di qualsiasi spessore strategico, da puro contabile (da vero filo-statunitense, interessato a distruggere la visione politica dei problemi). Il potere reale è sempre spettato a gruppi legati alla Nato, quindi agli Usa (pur divisi oggi da tattiche diverse). Gli altri – comprese le “classi” (non) dirigenti dell’industria-finanza “private”, i parassiti di sempre, per non parlare dei guitti della politica e della (non) cultura – sono figuranti, sia pure a livelli diversi di subdominanza. Quelli delle “seconde file” dell’industria pubblica, e della sfera politica devastata dai fatti del ’92-’93, si sono accontentati delle capacità istrioniche di Berlusconi, della merdosità (e peggio) del PAB, di un ceto intellettuale che meriterebbe la più completa eliminazione per quanto di ignominia ha accumulato negli ultimi decenni (già prima degli anni ’90).
Berlusconi se la ride – pur se, essendo comunque un uomo, ogni tanto subisce travasi di bile – perché ogni sua sostituzione sarebbe il precipitare nella baraonda con sbocchi imprevisti per tutti, perfino per chi ha oggi il reale potere negli apparati di Stato addetti alla forza. Adesso, sperando con maneggi vari, e approfittando dell’ormai totale putrefazione del ceto politico, di trovare il famoso “gruppo di responsabili”, egli cerca di evitare le elezioni. Tutti credono che abbia paura di perderle, alcuni – i più fessi – pensano veramente che non si possa andare al voto perché c’è la crisi. Quest’ultima si aggrava semmai continuando in un merdaio simile. In realtà, essa ha un suo andamento legato per il 90 (anche 95)% agli accadimenti internazionali; tuttavia, per quel poco che noi possiamo contare, sarebbe molto meglio avere un governo solido e in grado di mettere ordine nel “pollaio”, eliminando le galline chiocce e i galletti rissosi. Quanto alla paura di perdere le elezioni (magari al Senato), tutti i sondaggi, anche quelli “di sinistra”, dicono che il premier non ha nemmeno subito troppo l’influsso del fango, e del ridicolo, gettatogli addosso.
C’è la paura che Napolitano non conceda le elezioni e promuova un governo trasversale con cambio di primo Ministro? Sì, è possibile, ma il presdelarep commetterebbe un errore – e a questo punto dovrei dubitare che abbia imparato qualcosa nel Pci – perché leverebbe di mezzo l’uomo dell’unità del paese garantita mediante la rissa tra “coglioni” e inetti. Un governo siffatto non potrebbe più nascondere la merdosità del ceto politico, giornalistico e intellettuale. Si presenterebbe la necessità, per chi ha il reale potere, di assumerlo infine senza più nascondersi dietro la disgustosa maschera indossata finora; e simile mossa, nel contesto attuale (in specie internazionale), sarebbe assai rischiosa, molto meglio continuare nell’inganno da cui è avvolta la nostra società. In realtà, sono sempre più convinto che Berlusconi sappia benissimo di poter vincere le prossime elezioni con margini forse più alti che in passato; in ogni caso, il PAB sarebbe scompaginato e disgregato. Qui sta il vero pericolo per il Cavaliere, che quindi esita a compiere tale passo e tenta il galleggiamento indecoroso. Vincendo, non avrebbe più scuse per non compiere quelle riforme che ha sempre annunciato invano, per non mettere a regime con uno scontro violento e definitivo la magistratura, per non diminuire infine l’imposizione fiscale, per non dare un colpo di acceleratore all’autonomia del paese incrementando, e dando infine vera pubblicizzazione, agli affari fatti con spostamento dell’area di influenza (e conseguenti alleanze) ad est e a sud.
Potrebbe permettersi tutto questo? Le “seconde file” di cui già detto sarebbero in grado di supportarlo? La Russia, con i vari problemi che le creano al presente, si adopererebbe per dargli una mano in tal senso? Non certamente se non si procede contestualmente (anzi prima) ad una radicale ristrutturazione degli apparati del potere reale in Italia. E allora, a quel punto sì che Berlusconi rischierebbe in realtà la vita. In Sardegna non si avvicinerebbe soltanto un fotografo in vena di gossip. La soluzione sarebbe di quelle spicce, molto adatte alla mentalità di Cia, Fbi (o Mossad). Le “seconde file” non potrebbero più traccheggiare dietro a Berlusconi. Lo scontro diverrebbe assai acuto, pure se si cercherebbero altre soluzioni di mascheramento, tuttavia non di semplice rissa da “puttanaio”. Certamente, si continuerebbe con la presa in giro della (falsa) “democrazia” e con l’ideologia del “libero commercio”, della libera competizione nel mercato globale. In ogni caso, la “comoda” soluzione Berlusconi (così adatta al linguaggio binario: si o no), così vergognosa e umiliante per l’intelligenza umana, cadrebbe e gli scompensi, dopo quasi vent’anni di azione di politicanti e intellettuali inqualificabili, non si farebbero attendere.
Altre ideologie potrebbero entrare in campo, promosse dalla forza non pacifica di ben diverse organizzazioni politiche, alcune delle quali cercherebbero forse di mettere la politica in latitanza, sostenendo la necessità di imporre l’ordine in un paese gravemente minato da quanto accaduto sinora. L’unica soluzione in grado di salvarci dal pieno servaggio sarebbe la formazione di una nuova organizzazione politica, capace di forzare la mano alle timide e opportunistiche “seconde file” sempre in cerca di pasticci trasversali per svicolare dallo scontro deciso e radicale. Tale organizzazione dovrebbe però dotarsi di milizie particolari fin quando non si operi una drastica ristrutturazione di Servizi e “corpi speciali”, che li veda infine fedeli ad una Repubblica realmente autonoma, non quella della Costituzione “bifronte”, di puro compromesso post-seconda guerra mondiale con i “patti di Yalta”, ecc. Un rivolgimento completo, l’unico tuttavia che rigenererebbe l’Italia.
Nulla di positivo si creerà però senza profondi rivolgimenti in Europa, senza la fine di questa serva UE, senza opportuni cambiamenti in Germania (che tuttavia mi sembrano in avvio) e la nuova alleanza tra di essa e il nostro paese, importante in specie (ma non solo) per la parte “meridionale” di quell’area decisiva dello scontro in vista dell’entrata nel reale policentrismo; quell’area che tutti decretano, in buona fede alcuni e in mala altri, essere ormai “fuori della storia”. Vi è dentro invece, tutti i sintomi lo confermano. L’importanza che vi attribuisce pure l’America (Usa) nelle sue diverse tattiche (anche quella che prende il nome da Obama) – tanta importanza che è disposta a trascurare perfino il “giardino di casa”, pensateci un po’! – ci dice che siamo pienamente “dentro la storia”, siamo ancora al “centro” d’essa (e quindi il polo decisivo del multipolarismo è la Russia, che si tenta di ostacolare in tutti i modi). Tuttavia, è indispensabile essere consci che i tempi storici sono intollerabilmente lunghi. Abbagliati dalla solita chimera dell’incessante “progresso tecnologico”, gli sciocchi strillano che ormai tutto cambia velocemente, da un anno all’altro. Stolti, sprovvisti di senso della storia. I mutamenti sociali reali (non quelli dei costumi, sessuali o altri), i rivolgimenti nei rapporti di forza internazionali (lo sviluppo ineguale con il formarsi di anelli deboli, ecc.), sono lenti e ci spazientiscono.
Questo comunque è il mondo reale, senza maschera, in cui noi stiamo. Il PAB, il PB, Berlusconi nel mezzo che, pur con incazzature varie (raccontate però da giornali poco credibili), se la ride; questa è la finzione che ci raccontano e recitano (soltanto alcuni in buona fede) affinché i poteri reali abbiano campo libero per fare e disfare a loro piacimento. Il premier si dedica a feste, non cura questi poteri reali – di cui dovrebbero interessarsi quelle “seconde file”, pur esse invece ancora abbastanza meschine da limitarsi a tran-tranare nel caos mondiale (e interno) in aumento – e l’Italia vive un processo di continua putrefazione, poiché quanto qui avviene è in minima parte dovuto a cause interne; per la maggior parte è importato dall’esterno.
Non ce l’ho tanto con gli Usa, che fanno il loro gioco, allargando il ventaglio delle loro differenti tattiche (quelle del potere reale, militare e politico, in primo piano, ma con il corteggio delle ideologie adeguate) per investire le diverse aree, di cui quella supposta “fuori della storia” sta divenendo fondamentale nelle loro intenzioni e attenzioni. Mi fanno schifo i felloni industrial-finanziari italiani, che pagano un lurido ceto politico e un ceto intellettuale di infami (ivi compresi alcuni “ultrarivoluzionari”, alcuni “marxisti” che usano Marx da perfetti parassiti; tutto fa brodo nella disperazione cui sono ormai votati). Questi “pendagli da forca” nascondono il mondo reale dietro l’ignobile maschera della finzione e della menzogna. C’è solo da sperare che, come spesso accade, alcuni deficienti (magistrati o politici o intellettuali del PAB) perdano completamente la bussola e spingano il gioco oltre i limiti voluti dai centri strategici statunitensi, che hanno ben altra visione del gioco complessivo e, di conseguenza, del mondo così com’è.
Indubbiamente insufficienti si stanno dimostrando le “seconde file”. A primavera vi sono le nomine delle più importanti imprese ancora sotto controllo detto “pubblico”. Non è da sottovalutare l’evento, ma non pensiamo che sia decisivo. Fatte le nomine – meglio se confermano almeno la linea attuale – si aprirà una lotta ancor più cruenta con quel che sta venendo avanti nella zona dei “fuori della storia”. Siamo dentro, siamo decisivi affinché il multipolarismo si faccia più sicuro, e gli Usa non riescano ad imporre il loro ordine “democratico” e “libero-mercantile”; cosicché si arrivi infine al nuovo regolamento di conti. Le “seconde file” però si accontentano – e non senza ambiguità che possono aprire la strada a cedimenti ignobili – della presentazione della lotta effettiva nel suo aspetto più elementare: pro o contro un solo individuo. Bisogna stanare anche loro, devono venire allo scoperto, Berlusconi non ha assolutamente la stoffa per reggere l’avanzare di tempi e frangenti assai più drammatici. Nemmeno li comprende e non se ne fa alcun carico; basta vedere l’incuria e disattenzione poste nel non controllo degli apparati statali decisivi per la vera politica, che implica svolgimento di strategie nel conflitto.
Fra un po’ di tempo (sempre in termini storici, non certo domani) si imporrà la “tragedia”, che farà giustizia della cultura del “buonismo”, del “politicamente corretto”. Finiranno i tempi della totale assenza di quell’essenziale elemento della vita umana, compendiatosi nell’età moderna nella cosiddetta “cattiva coscienza” borghese. Questa è da tempo assente; siamo passati dagli orrendi e temibili Hyde e il Mostro di Frankestein, drammatici e grandi nel rappresentare il Male, alla personalità vellutata – molliccia nel suo totalmente ipocrita e ignobile anticonformismo perfettamente conformista, nella sua ottima digestione di ogni nefandezza – rappresentata dalla bella donna (fatta in serie come le famose “veline”), dalla “felicità” artefatta della droga e del sesso facile (pagato ma scambiato per “amore”), dal perpetuo successo propagandato da una pubblicità adatta ad un encefalogramma piatto, da una comicità in cui è assente ogni problematicità, il cui doppio senso è “telefonato” fin dall’inizio della battuta, dello sketch, senza più la sorpresa in quanto effettivo impulso creativo.
Non dobbiamo però più accettare queste menzogne, non dobbiamo fare sconti. Politici e intellettuali di sedicente sinistra sono i principali colpevoli dell’attuale meschinità. Si sono mascherati da campioni della morale e ululano per nascondere che i veri mostri, della piattezza e banalità del male (quello minuscolo degli impotenti, dei debosciati), sono loro. Meritano una punizione memorabile, ma quando si daranno le sue condizioni di possibilità. Consapevoli della lunghezza dei tempi storici, occorre preparare la resa dei conti; pagheranno un giorno tutte le colpe accumulate in almeno tre-quattro decenni di devastazione culturale. Per il momento combattiamo la loro falsità, passiamo dal mondo della finzione a quello senza maschera. Stiamo entrando di nuovo nella storia, malgrado tutte le loro ciance; e dentro questa resteremo a lungo. Non esistono ancora le forze per schiacciare questi maledetti vermi, togliendoli dall’impaccio dei loro corpi; ma far vedere che sono vermi, e non politici e intellettuali, questo lo possiamo fare.