Non penso meridiano
Ho conosciuto Franco Cassano all’università di Bari, proprio ai tempi in cui imperversava il suo libro “il pensiero meridiano” che ho dovuto leggere per un esame. L’approccio non mi ha mai convinto, nostalgico e “localizzato” in contrapposizione antitetico-polare a quello globalizzato dominante. Al sud e ai suoi pensatori va rimproverata proprio la mancanza di “universalismo” ed il sempiterno arrocco in questa magica eccezione “sudista” e romantico-marina utile a consolare piuttosto che a “dominare”, anche nelle battaglie ideologiche. Il pensiero meridiano è magro rincoramento, favola di un inesistente eccezionalismo, al cospetto di una dura realtà completamente aliena a quello che si crede, spera, immagina “giù da noi”. Pensiero e basta, questo ci occorrerebbe, non importa da dove esso nasca purché l’originalità italiana, da Trento a Canicattì, torni ad essere protagonista dei nostri tempi e non piagnucolosa per quelli andati. La civiltà sarà pur arrivata prima dal/al mediterraneo ma quel modello di sviluppo lontano è zavorra ereditaria che non ci ha fatto più fare un solo passo in avanti negli ultimi secoli. Il clima e l’acqua non sono abbastanza per far nascere (e non risorgere) una necessaria comprensione del mondo che ci manca da troppi secoli. L’orizzonte verde e solare, sempiterno spunto poetico, ci ha infracidito le gambe fino a impedirci nei movimenti attuali. Altro che misura mediterranea cassaniana! Ci è mancata proprio l’eccessiva “dismisura necessaria”, quella che genera crescita violando qualsiasi equilibrio estetico-sentimentale. La bellezza della “naturalezza” riempie gli occhi ma lascia a digiuno le teste e le pance, o ancor peggio, ci riduce tutti a camerieri. Preferisco le fabbriche ai tramonti spettacolari.
Mare e terra si compensano armoniosamente e poveramente quando si rinuncia all’assalto al cielo. Che peraltro anche questo non è affatto vero, il cuore del sud, accogliente e aperto, è solo un altro mito accademico usato per confortare i nullatenenti inabili al progresso, così buoni con tutti e buoni a nulla.
Le specificità geografiche sono simmetrie schematiche, diceva Ortega y Gasset. Riduzionismi abusati che facevano da padroni nel saggio di Cassano. Ma per essere scienziati, come a noi piace essere, qual è precisamente la legge, non dico fisica ma politica, sociale, culturale, che permette di derivare da uno specchio d’acqua o da un clima mite una istituzione fungibile e superiore di cui avvantaggiarsi e andar fieri? Quale tecnologia o grande impresa è sorta dall’aria temperata? Non è la prospettiva paesaggistica che determina i destini storici degli uomini. Sono questi ultimi, semmai, che modificano l’ambiente e mutano la visione del panorama. E pazienza se per elevarlo lo imbruttiscono. La bruttezza salverà noi prima del pianeta. Né meridiani, né antimeridiani ma pensieri a tutto tondo per meglio interpretare e trasformare il mondo.