Non sono un filosofo e nemmeno un neoliberista
https://www.sinistrainrete.info/teoria/19961-salvatore-bravo-lo-sconfittismo-di-g-la-grassa-funzionale-al-neoliberismo.html
Ho già fatto molti video per illustrare le mie reali analisi di Marx; e certo altri ne farò. Costui – che, meglio sottolinearlo, non è Gian Mario Bravo, ma comunque mi sembra persona preparata – ha però capito male quanto scrivo nei miei molti libri (quelli che lui cita sono pochi e di un bel po’ d’anni fa) e dico (nei video). Egli mi definisce filosofo. Ho insegnato economia per 17 anni alla Facoltà di Giurisprudenza di Pisa e per 17 anni al Corso di Laurea in Storia a Venezia. Appartenevo fino ad alcuni anni fa alla “Società degli economisti” [La Società italiana degli economisti, SIE, (spesso indicata brevemente come Società degli economisti) è la principale associazione di economisti in Italia. Vi aderiscono attualmente circa 900 soci, in prevalenza (ma non esclusivamente) docenti e ricercatori nei diversi campi dell’economia. Ha sede legale ad Ancona]. A parte poche decine (posso forse dire 20 o 30?), tutti – di scuola neoclassica, al massimo di quella “rivisitata” (diciamo così) da Keynes – mi erano nettamente e duramente contrari in quanto marxista e quindi, per loro, al massimo appunto un filosofastro o un ideologo (qualcuno di loro, ridete!, mi ha definito antropologo).
Di conseguenza, morto di infarto a soli 62 anni il Maestro (e mio secondo padre) Antonio Pesenti, arrivai fino ad associato, ma mai ordinario. Nei vari concorsi per tale ruolo ho sempre avuto qualche voto favorevole (una volta, credo ma non ne sono sicuro, 4 su 9), ma non poteva diventare ordinario un “ideologo” di tendenze marxiste! Mi sembra del tutto evidente che i sedicenti “colleghi” non mi ritenevano per nulla “funzionale” al neoliberismo. Rischiano di essere funzionali agli attuali predominanti, in fase di pauroso degrado culturale (e perfino di civiltà plurisecolare, direi ultramillenaria), quelli che ancora restano agganciati ad un marxismo ormai da tempo degenerato in consunta ideologia di piccoli gruppetti assai simili a quelli anarchici del ‘900, che ebbero un certo seguito nel secolo precedente. Non metto in dubbio la buona fede della maggioranza dei pochi comunisti e marxisti residuati; ma dovrebbero rendersi conto che continuare ad essere ideologici è funzionale alle ideologie dei ceti al vertice di questa società in disfacimento.
Marx resta per me un grande scienziato (non un filosofo), ma va assimilato ad una sorta di Galileo delle scienze sociali. E i marxisti (fra i quali mi annovero pure io), arretrati come non mai, nemmeno riescono ad arrivare a Newton; altro che Einstein. Ma avremo modo di palarne spesso ancora e di frequente. Marx è appunto il fondatore di una scienza, che ha pubblicato la sua opera fondamentale (I libro de “Il Capitale”) nel 1867. Dobbiamo capire il suo apporto decisivo (la teoria del plusprodotto, del cui ottenimento è capace solo il genere animale homo) e nel contempo renderci conto che in 150 anni una qualsiasi scienza deve fare progressi decisivi in grado di mutare di molto le prospettive iniziali. I marxisti – certo per motivi storici che vanno pure essi attentamente analizzati e valutati – sono stati invischiati, sostanzialmente, nel solo sviluppo ideologico di questa corrente di pensiero; per di più mascherandolo da avanzamento scientifico con largo uso della matematica, che ha solo creato incomprensioni e distorsioni da rendere a volte perfino ridicolo quello che ci si ostinava a definire marxismo. Da decenni e decenni non esiste più tale ramo della scienza sociale, ridotto a ad un insieme di affermazioni e predizioni di tipologia “astrologica”. A ben risentirci.