NON TOCCATE LA SINISTRA di G.P.

a seguire "I fondi sovrani" di M. Tozzato

 

Chi tocca la sinistra muore! No, anzi, peggio. Chi tocca la sinistra viene esposto alla pubblica gogna e all’accusa d’instabilità mentale, tanto da uscirne davvero con i nervi a pezzi. La sinistra non ha perdonato al GIP Clementina Forleo l’impudenza di essersi interessata alle scalate bancarie (quelle della stagione dei “furbetti del quartierino”), che hanno visto il coinvolgimento diretto (intercettazioni telefoniche alla mano) degli ineffabili vertici dei DS – tra cui citiamo il trasognante D’Alema (politico sopravvalutato che per l’ “occasione telefonica” aveva sfoggiato la stessa tempra di un ultrà domenicale) e l’avido Fassino (il quale voleva una banca tutta per sé) – nei falliti tentativi di acquisizione della BNL da parte di Unipol e dell’Antonveneta da parte della BPL .

Adesso, attraverso il CSM, sempre più avanguardia di una giustizia politicizzata, si sta tentando di mettere a tacere definitivamente la signora di Francavilla Fontana.

La stessa sorte è toccata anche ad un altro magistrato, sostituto procuratore di Catanzaro (Luigi De Magistris), pure lui trasferito per aver voluto indagare nella direzione sbagliata. Siamo sempre più in un clima da anni ’30 (quelli americani però) che non accenna a sedarsi e che potrebbe perfino peggiorare dato l’odor d’inciucio tra le forze politiche degli ultimi giorni (ma se le cose  marciscono più velocemente forse è  meglio per tutti).

In verità, la Forleo paga un isolamento ancora più caustico per aver voluto smontare un teorema accusatorio (totalmente campato in aria e basato per lo più su fonti d’intelligence straniere) in quella ormai famosa sentenza di assoluzione a favore di alcuni presunti terroristi islamici. Più che la sentenza, in quella occasione, aveva destato “scalpore” la motivazione del pronunciamento assolutorio e di quello di revoca delle misure cautelari per gli imputati. Nella sentenza si leggeva che sulla base di quanto sancito da una norma di diritto internazionale (art.18/2 del 1999 della Convenzione Globale su Terrorismo dell’ONU, non ratificata) “dalla definizione di terrorismo debbono escludersi le attività degli eserciti regolari e anche quelle degli eserciti irregolari (movimenti armati, gruppi e bande o altre organizzazioni) impegnati in un conflitto bellico che tuttavia si astengano dalla violazione consapevole e programmata contro la popolazione civile inerme”. La Forleo aveva così coperto di legittimità la risposta  resistenziale (e non di terrorismo) che eventualmente segue ad un atto di guerra (ricordiamo che gli imputati erano accusati di fare parte dell’organizzazione Ansar Al Islam operante proprio in Iraq).

La Forleo mostrò un encomiabile coraggio nel rifiutare di piegarsi al teorema di chi aveva già deciso, per motivazioni politiche e per servilismo filo USA, la sorte degli imputanti, lo stesso coraggio riposto nelle indagini condotte contro l’accolita lestofantesca che dava l’assalto alle "diligenze bancarie".

 Quest’oggi vorremmo nuovamente esprimerle la nostra solidarietà di fronte alla decisione della Prima Commissione di Palazzo dei Marescialli, la quale ha avanzato una nuova accusa nei suoi confronti (aggravando la sua situazione), sempre nell’ambito della procedura di trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale avviata contro di lei qualche mese fa.

L’accusa  del CSM è quella di aver “personalizzato le sue funzioni nell’inchiesta sulle scalate bancarie andando oltre il suo ruolo di GIP”. Da come si esprimono al CSM, con un linguaggio che eufemisticamente potrebbe definire pretesco, si percepisce l’animus col quale si sta conducendo il procedimento disciplinare nei suoi confronti. Che cosa sarà mai questa “personalizzazione” se non il fatto che il GIP si è impudentemente arrogato il diritto di impicciarsi di questioni politico-finanziarie?

La cosa più spiacevole è che sono i colleghi, in particolare il PM Orsi, che la stanno affossando. Lo stesso Orsi ha dichiarato, davanti al CSM, che quelle enunciate dalla Forleo, a proposito delle intimidazioni ricevute e del presunto insabbiamento dell’inchiesta sull’Unipol, sono pure illazioni senza riscontro. Addirittura il Pm dice di aver detto in una telefonata, alla stessa GIP, di sentirsi offeso dal pronunciamento di tali congetture.

Saranno pure congetture ma è strano che in Italia, dalla stagione di mani pulite in poi (compresa ovviamente la prima), ci si è sempre guardati bene dall’indagare approfonditamente sui misfatti della sinistra.

Non è questa già una buona ragione per condividere i timori di un GIP lasciato sempre più solo?

 

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I FONDI SOVRANI di M. Tozzato

 

 

Sul Corriere Economia del 04.02.2008 abbiamo potuto leggere un interessante articolo del noto economista, manager e consulente d’impresa Giulio Sapelli che tratta dei cosiddetti “fondi sovrani” ovverosia dei <<fondi d’investimento posseduti non da privati ma da stati sovrani>>. Sapelli scrive che <<se si guardano i numeri il loro ruolo sembra assai ridotto>> ma egli afferma, anche, che su <<tutti i titoli scambiati nel mondo (circa 165 trilioni di dollari USA), il valore di essi è del 2 per cento. Eppure tutti ne parlano come delle “nuove super potenze finanziarie”. E a ragione>>. Al di là delle statistiche vi sono vari motivi che giustificano questa affermazione:<<Il primo è relativo agli andamenti dei prezzi delle cosiddette commodities (1) , tra cui spiccano i minerali non ferrosi e il petrolio e, più recentemente, anche alcuni importanti beni alimentari. Chi li possiede accumula enormi ricchezze e i giacimenti di tali commodities sono oggi sempre più nelle mani degli stati>>. Particolarmente importante è la considerazione che segue subito dopo:<< Vent’anni or sono il 70 per cento degli asset (2) petroliferi, ossia i giacimenti, erano nelle mani delle grandi compagnie. Oggi più dell’85 per cento è posseduto da potenze statali, sparse in tutto il pianeta: dal Golfo Persico all’America Latina e non solo in Bolivia con Morales e in Venezuela con Chavez, ma anche in Brasile dove governa il moderato Lula.>> Il professore aggiunge poi nella lista anche altri paesi come la Norvegia, l’Alaska, Singapore, la Cina, la Libia e l’Algeria. Per quanto riguarda i paesi asiatici Sapelli mette in evidenza che <<dopo la crisi del biennio 1997-1998>> essi <<hanno iniziato ad ammassare enormi riserve in divise estere, dollari USA ed euro, principalmente, per proteggersi da nuovi choc >>. Invece di continuare ad acquistare << bond (3) dei paesi europei e del Tesoro nord-americano>> adesso questi paesi preferiscono utilizzare le riserve di denaro accumulate negli ultimi anni per investire <<andando a caccia di migliori rendimenti nel mondo intero>>. Le strategie e gli obiettivi possono poi risultare diversi nei vari casi : <<i norvegesi vogliono costruirsi solidi fondi pensioni pubblici; i cinesi e i sud coreani grazie a tali fondi vogliono comprare tecnologie e conoscenze che non possono produrre in casa propria, la Russia e l’Iran usano i fondi sovrani per controbilanciare la volatilità dei prezzi dell’energia>>. Se questo discorso ha un fondamento il primo aspetto che bisogna  considerare riguarda il cambiamento che sembra essersi prodotto relativamente al potere e alle quote di mercato che le imprese multinazionali riescono a controllare. I fondi sovrani sembrano svilupparsi, almeno in parte, in contrapposizione ad un capitale che ha sempre sfruttato le debolezze politiche (in senso lato) prima ancora che economiche di molti stati inclusi nelle sfere d’influenza delle grandi potenze e in particolare della superpotenza USA. D’altra parte, non è forse un caso, che l’espressione “impresa transnazionale” risulti sempre meno usata in un contesto in cui una analisi economica della cosiddetta globalizzazione che voglia mettere tra parentesi le strategie geopolitiche di conflitto tra stati è risultata del tutto impraticabile. Comunque Sapelli vuole mettere in risalto che i fondi sovrani costituiscono un problema almeno per quanto riguarda un loro particolare aspetto:<<L’unico reale problema è quello della loro governance(4): non hanno trasparenza, non comunicano ai mercati i loro bilanci con chiarezza, non esplicitano le loro strategie.>> Ma si potrebbe obiettare al noto professore: perché dovrebbero comportarsi diversamente se i “fondi sovrani” sono, come sembra così legati alle strategie degli stati in funzione dell’indebolimento di un sistema mondiale ancora fondamentalmente monocentrico ma che incomincia già a muovere i primi piccoli passi verso una nuova fase policentrica (come afferma da tempo La Grassa) ? Ed infatti  lo stesso Sapelli  deve riconoscere che <<il capitalismo moderno si sta formando anche nei paesi comunisti asiatici, nelle società tribali del Golfo, negli stati ierocratici come l’Iran, nella Russia modernizzatrice di Putin, erede dell’assolutismo beneficamente trasformatore. Essi vogliono aprirsi al mercato che spesso ideologicamente negano>>. E dulcis in fundo, per chi come noi segue da numerosi anni il lavoro teorico di La Grassa, arriviamo al riconoscimento che tutta quella litania che una canea di cosiddetti intellettuali (economisti, sociologi e filosofi) – di cui ricordo solo qualche nome (Ohmae, Hardt, Negri, Beck) – ha cantato per anni riguardo all’”estinzione”, alla “fine” degli Stati-Nazione era soltanto una invenzione, per non dire  menzogna, commissionata dai gruppi predominanti. Ammette, infatti, Sapelli:<<Ciò che fa notizia e induce a meditare è che dopo venti anni di peana al liberismo dispiegato, la globalizzazione si arricchisca di nuovi imprevisti protagonisti: le potenze statali, le potenze nazionali. Tutto il contrario del mercato (? n.d.r.). Con esse il capitalismo di mercato deve ora confrontarsi in una lotta che si intreccia con i conflitti per gli alimenti, per il ferro e l’acciaio, per il petrolio e per il gas, per l’acqua e ……per il potere.>>

(1)   <<Commodity (commodities al plurale) è un termine inglese entrato oramai nel gergo commerciale ed economico per la mancanza di un equivalente italiano, e deriva dal francese “commodité”, che in italiano si può tradurre, col significato di “ottenibile comodamente”, col termine “pratico”. Indica materie prime o altri beni assolutamente standardizzati, tali da potere essere prodotti ovunque con standard qualitativi equivalenti e commercializzati senza che sia necessario l’apporto di ulteriore valore aggiunto. Una commodity deve essere facilmente stoccabile e conservabile nel tempo, cioè non perdere le caratteristiche originarie>>.

(2)   <<attività>>

(3)   <<obbligazioni (in questo caso titoli di Stato)

(4)   <<All’interno di un’azienda (corporation) si definisce Corporate Governance l’insieme di regole, di ogni livello, (leggi, regolamenti etc..) che disciplinano la gestione dell’azienda stessa.>>

 

Mauro Tozzato            05.02.2008