NORD STREAM 2/ Una lezione per la futura Forza Nuova su come sostenere l’Eni
Ri-pubblichiamo il commento di Paolo Annoni della rivista online Il Sussidiario che ci sembra coglierealcuni punti decisivi degli ultimi sviluppi della questione Nord Stream 2 che questo blog ha seguito fin dalle origini e poi continuativamente qui, qui e quisulla base della teoria del Conflitto Strategico promossa da Gianfranco La Grassa.
Il primo punto da considerare è il riconoscimento della necessità del gas russo a basso costo per la Germania. I rigassificatori del GNL americano si faranno ma non possono avere la rilevanza strategica del gas russo da pipeline.
Questo vincolo interno ha comportato sia la forte determinazione della classe dirigente tedesca sia la presa d’atto degli USA di non poter proseguire oltre sulla linea delle sanzioni, pena la rottura dei rapporti con la Germania. Rottura strategicamente intollerabile per gli USA, considerato l’imperativo geopolitico di evitare la saldatura della penisola europea con la Russia.
La lezione da portare a casa per noi è che fare di necessità, virtù … paga anche se si hanno le forze armate americane in casa (dedicato agli alternativi critici-critici tutto no-gas/no-NATO) .
Il secondo punto è la consapevolezza che le politiche europee denominate Green Deal sono ad esito del tutto incerte, perché basate su tecnologie inaffidabili, costose o ancora da sviluppare (vedi in particolare alla voce Idrogeno Verde). Seppure la Germania può permettersi qualche lusso in proposito, ma con un sicuro ed affidabile back-up costituito da carbone e nucleare previsti durare ancora decenni, per l’Italia l’alternativa non esiste: “ … Il Nord Stream 2 italiano, la garanzia di poter far sopravvivere il nostro sistema economico e industriale mentre si vive il sogno, o l’utopia, delle rinnovabili tutte e subito si chiama Eni che non a caso è stata la protagonista dell’industrializzazione italiana..”. Tesi più volte sostenuta in questo blog e riconfermata nel recente libro “Per una Forza Nuova” di G.La Grassa/G. Petrosillo, da cui estraggo questo passaggio assai pertinente alla vicenda trattata in questo articolo: “… E’ indispensabile che sul piano geopolitico globale, si partecipi alla lotta tra “predoni” nell’attuale multipolarismo e si dovrebberoprendere la misure adatte a sviluppare la propria potenza. In ogni caso anche se non sarà gran cosa per un lungo periodo di tempo, in Italia andrebbero difese quelle poche grandi imprese che agiscono in settori di punta, tecnologici ed energetici…”
Buona lettura
22.05.2021 – Paolo Annoni
Gli Stati Uniti hanno dovuto accettare il fatto che la Germania completi il Nord Stream 2. Una lezione per l’Italia sulla difesa di Eni
L’Amministrazione Biden ha deciso che non applicherà le sanzioni contro la società che sta costruendo il Nord Stream 2 e il suo amministratore delegato. Il portavoce del Segretario di Stato Blinkenha dichiarato che la decisione riflette l’impegno del Presidente americano per “ricostruire le relazioni con i nostri alleati e partner europei” anche se ha ribadito che “l’opposizione al progetto rimane risoluta”.
Gli Stati Uniti ritengono che il gasdotto sarebbe decisivo per ampliare l’influenza russa in Europa, ma evidentemente i rapporti con Berlino sono stati ritenuti prioritari. La Germania, infatti, si è dimostrata determinata a completare il progetto nonostante le minacce e le pressioni dell’alleato americano.
A questo punto della vicenda e a pochi mesi dal completamento del gasdotto bisogna interrogarsi su quello che sembra essere l’epilogo di una vicenda che ha messo i due partner su lati opposti per anni. L’epilogo oltretutto arriva in una fase in cui i rapporti tra gli Stati Uniti e la Russia sono ai minimi termini con il Presidente americano che dà in pubblico dell’assassino a Putin e gli ambasciatori rientrati in patria. L’unica spiegazione possibile alla svolta americana e alla determinazione tedesca è che sia la Germania ad aver bisogno della Russia e del suo gas e non viceversa. La necessità di avere gas a buon prezzo e per molti anni evidentemente deve essere così importante che anche l’alleato americano alla fine ha dovuto “mollare”. La Russia potrebbe vendere il suo gas altrove tanto più in una fase in cui si minaccia il blocco dell’esplorazione in idrocarburi che gli Stati in via di sviluppo non saranno mai in grado di sostituire con fonti rinnovabili. La Germania invece non ha alternative.
Il costo energetico tedesco è già alto e riflette anni di investimenti in rinnovabili. Lo sforzo europeo sulle emissioni rischia di minare l’industria tedesca e di metterla fuori gioco nella competizione globale oltre che abbassare irrimediabilmente gli standard di vita dei suoi cittadini; la Germania ha quindi più che mai bisogno di un complemento affidabile ed economico ed eventualmente di un ripiego nel caso in cui la transizione verde si dovesse rilevare impraticabile e incompatibile con le esigenze di un Paese sviluppato. I Paesi sviluppati, infatti, si basano su un’enorme premessa: la disponibilità di energia a basso costo e affidabile. Tolto questo elemento che oggi si dà per scontato salta tutto.
Le rinnovabili oggi hanno enormi problemi di costi e di affidabilità. Non sono in grado di sostituire gli idrocarburi in un’ottica di 10/20 anni se non a patto di gravare imprese e cittadini di rincari molto consistenti e magari di esporli al rischio di blackout periodici. Tralasciamo poi i lati sporchi delle rinnovabili a partire dall’auto elettrica che richiede l’estrazione di materie prime che pongono tanti problemi ambientali e sociali nei Paesi produttori; il fatto che l’Occidente non li veda e per questo si senta la coscienza ambientale pulita è un fattore non secondario.
La Germania, quindi, è perfettamente consapevole di non poter garantire un futuro al suo sistema economico e industriale senza il gas russo. Gli Stati Uniti sanno perfettamente che in un contesto di investimenti green miliardari in tecnologie acerbe privare la Germania del gas russo rischia di far saltare l’alleato europeo. Questo è il quadro.
A questo punto si impone una riflessione sull’alleato italiano che ha perso la partita sul South Stream. Oggi si invoca in Italia una transizione decisa verso il green che non si guardi indietro e bruci i ponti. È una posizione da incoscienti alla luce non di qualche oscura contro teoria ma proprio di quello che è successo questa settimana tra Stati Uniti e Germania. Il Nord Stream 2 italiano, la garanzia di poter far sopravvivere il nostro sistema economico e industriale mentre si vive il sogno, o l’utopia, delle rinnovabili tutte e subito si chiama Eni che non a caso è stata la protagonista dell’industrializzazione italiana. Chi oggi cerca di impedire a Eni di fare il suo mestiere è nella stessa posizione di chi voleva impedire all’industria tedesca di completare il Nord Stream 2. La Germania ha percepito immediatamente la minaccia mortale e per questo ha sfidato ogni sorta di pregiudizio. C’è solo da imparare.