OLIGARCHIA, DEMOCRAZIA E INTELLETTUALI IPOVEDENTI di G.P.
La sinistra è tradizionalmente piena di intelligentoni, brillanti professoroni della chiacchiera spacciata per alta filosofia, gente che ammira la libertà a parole ma che nei fatti opera come manovalanza riverente ed ossequiante messa sul libro paga dei dirigenti di partito, soprattutto di quelli progressisti, uomini d’ingegno che forgiano i concetti come spade che devono essere utilizzate dai loro committenti per infilzare il nemico politico.
Obiettivo? Sempre lo stesso, quello di colpire un’unica persona, responsabile, a loro dire, dell’intera decadenza italiana. Questi pensatori serviti e rispettati dai circoli intellettuali dominanti i quali, ça va sans dire, la vedono tutti come Bersani e soci, salgono sulle idee come fossero ascensori e raggiunto l’attico superlussuoso guardano con disprezzo, dall’alto in basso, il resto dei comuni mortali, la massa informe che non capisce la gravità della situazione, quell’orda di sprovveduti che si ostina a votare per l’Orco sporcaccione e che pertanto deve essere educata per ritornare sulla retta via, civile, democratica, sociale. Sono come i bambini questi presunti maitres-a-penser che dai balconi si divertono a sputacchiare i passanti, solo che loro sono cresciuti ed hanno affinato la tecnica di insalivazione. Ci scatarrano in faccia sentenze culturali che dobbiamo prendere così come vengono in quanto sono assolutamente giuste perché uscite dalle loro bocche oracolari. E nessuno si azzardi a contestare le loro improbabili elaborazioni teoretiche perché essi sono l’inattaccabile ed immarcescibile intellighenzia di sinistra che finge di amare il popolo ma appena ci sta in mezzo gli viene subito da vomitare. Intellettuali organici senza l’organo del pensiero e, peggio ancora, senza quello del coraggio. I destri, tradizionalmente rozzi ed ignoranti, gente di panza più che di testa, non osano contraddire chi gli arzigogola in faccia astrazioni ridondanti e truistiche che però fanno un gran bell’effetto. Quindi, invece di segare il fusto della “malacultura” dal quale i cacasenno sinistrorsi gli spiaccicano sul grugno tutta la loro saccenza cercano in qualche modo di non irritarli per avere almeno il diritto di annuire o scuotere il capo al loro cospetto. Questa condizione di minorità psicologica impedisce al centro-destra di essere conseguenziale nei suoi provvedimenti anche quando si tratta di mettere un freno a quei finanziamenti a pioggia che, palesemente inutili ed immeritati, foraggiano registi engagés, attori engagés, scrittori engagés e tutto l’albero genealogico dei sapientoni di quella certaqualkultura de sinistra.
Un ultimo saggio di questo atteggiamento spocchioso lo ha fornito Gustavo Zagrebelsky su Repubblica del 5/3 (il quotidiano debenedettiano ha estratto il pezzo in argomento dall’introduzione di Zagrebelsky al volume “L’interesse dei pochi, le ragioni dei molti. Letture della Biennale Democrazia” a cura di P.P. Portinaro, in prossima uscita da Einaudi). L’insigne giurista-filosofo dopo averci spiegato come le nostre democrazie divengono lo schermo dietro il quale si formano e spadroneggiano le peggiori oligarchie autoreferenziali (tesi già formulata nel 1911 dal politologo tedesco Michels che però si concentrava sulla deriva oligarchica all’interno dei partiti) – scoprendo tutto sommato l’acqua calda, soprattutto per chi come il sottoscritto aderisce alla formula leniniana secondo la quale la democrazia è il migliore involucro per la dittatura – si muove come un abilescorpione progressista e con la coda rilascia il suo veleno nella preda. In cauda venenum dicevano i latini. Ecco qual era il fine delle premesse zagrebelskyane: “Le oligarchie hanno bisogno di privilegi, cioè di leggi che valgono solo per loro, diverse da quelle che valgono per tutti gli altri. O, quanto meno, hanno bisogno che le leggi generali e astratte siano interpretate e applicate a loro in modo tale da non contraddire l´esistenza dell´oligarchia stessa. Ciò che occorre loro è una "giustizia dei pari", diversa da quella comune; un "foro speciale" non di giudici imparziali, ma di giudici amici”…“La legalità uguale per tutti – lo si comprende senza spiegazioni – è incompatibile con la divisione della società in appartenenti ed esclusi dal potere oligarchico. Quando, alla fine, nel senso comune si sommano due percezioni: l´estraneità al potere e la sua illegalità e corruzione, ecco la miscela esplosiva che può indurre a chiedere che la si faccia finita con la democrazia, se essa, in concreto, significa queste cose”. (sottolineature mie). Capito con chi ce l'ha il dritto del diritto? Eh già, secondo Zagrebelsky lo si capisce senza spiegazioni, ma qualche delucidazione dovrebbe invece essere fornita a noi "poaretti" non investiti come lui dalla onniscienza professorale. Per esempio come mai tutti i procedimenti contro gli amministratori di sinistra si perdono nel nulla mentre quelli contro il Cav vengono portati immediatamente in tribunale? Come mai i giudici chiudono sempre un occhio quando si tratta di buoni ometti del Pd mentre si accaniscono come belve sui loro avversari del Pdl? Ma, più di ogni altra cosa, potrebbe spiegarci l’illustre professore, come mai quelle élites oligarchiche finanziarie e industriali, vero potere ombra che da anni domina sulla politica italiana costringendo lo Stato ad un pericoloso sottosviluppo economico, considerano Berlusconi uno da tenere a distanza mentre aprono volentieri le porte della setta ai grigi burocrati di sinistra e ai leaders piddini. Quante volte questi banchieri si sono messi in fila alle primarie del partito dimostrando qual è la parte politica che prediligono? Zagrebelsky non vede o finge di non vedere. Ci sono casi in cui la cultura genera oscurità invece di illuminare la mente.