PACE ETERNA SOTTOTERRA

Tra americani ed israeliani è in atto un gioco delle parti sulla questione palestinese che coinvolge mediatori del mondo arabo sulla cui serietà ed equidistanza non scommetterei un tallero bucato. Tra questi vi è l’Egitto post-Mubarak un Paese dove, uscito di scena il pericoloso dittatore da sempre alleato di Washington, nulla è cambiato negli assetti istituzionali e gli stessi uomini del precedente regime si sono ricollocati nei gangli dirigenziali anche se con ruoli differenti. Una rivoluzione che non sovverte l’architettura del potere ed i suoi schemi, che non destruttura la forma e la sostanza organizzativa dello Stato, non è una rivoluzione ma una parata di sprovveduti sospinta a saziarsi del suo stesso sangue. Il popolo grossolano purtroppo soffre ma gode a farsi prendere per i fondelli rimettendoci pure le penne. Proprio al Cairo i delegati di Hamas e quelli di Fatah hanno raggiunto un accordo di riconciliazione per la formazione di un governo e per tenere elezioni entro un anno. Obama ha raccolto questa apertura tra le due fazioni per rilanciare la proposta della creazione di uno Stato Palestinese nei territori del 1967 in cambio del riconoscimento da parte di quest’ultimo del diritto all’esistenza di Israele. Ma già questa mi sembra una pagliacciata poiché Israele c’è, esiste e si fa sentire con i suoi eserciti ed il suo arsenale nucleare. Gerusalemme non ha bisogno dell’obliterazione degli islamici per materializzarsi mentre sono gli altri ad avvertire questa esigenza vedendola ogni volta respinta. Questa propositività statunitense rientra nel quadro di una strategia, in fase di collaudo, che mira a ridefinire il proprio ruolo nel mondo arabo e mediterraneo attraverso riforme di facciata, allontanamento dei despoti, aiuti economici e libertà di espressione per i giovani attraverso i new media. E’ il soft power col quale la Casa Bianca prova a puntellare la sua sfera di attrazione egemonica messa a rischio dalla risalita geopolitica di nazioni come Cina, Russia, Turchia e Iran che si spingono coi loro interessi su questa medesima area. Gli americani sono maestri di queste cose perché su tale terreno non temono concorrenti. In un servizio in Tv di qualche settimana ho visto un intervistatore italiano recatosi in Tunisia raccontare con trasporto emotivo la rivoluzione dei gelsomini. Costui raccoglieva ed amplificava l’entusiasmo dei giovani del Maghreb per il vento di cambiamento spirante su tutta l’area. I rivoltosi in erba ribattevano che era tutto merito della rete, di facebook e di twitter e che in mancanza di tali mezzi nulla sarebbe accaduto. O ci sono o ci fanno questi giovinastri senza sale in zucca. Se le tirannie non avessero perduto la loro serietà di un tempo, se non fossero state abbandonate dai governi occidentali che prima le finanziavano, ahi voglia loro a sputacchiarle con i post sui blog e le invettive internautiche. Per questo mi stanno simpatici i cinesi, gente ancora tutta d'un pezzo che sa organizzare una repressione coi controfiocchi prevenendo il peggio, mettendo i cannoni nei fiori e sradicando la gramigna persino dal vocabolario. Comunque, dicevo all’inizio, si tratta di un gioco delle parti poiché il premier israeliano Benjamin Netanyahu, al Congresso degli Stati Uniti, ha fatto la sua controproposta applauditissimo dai congressman. Obama ha chiesto 100 per avere 10 da B.B., ovvero niente rientro nei confini del ’67, sì a qualche cessione territoriale, Gerusalemme resterà Capitale unita d’Israele ma, soprattutto, i palestinesi devono accettare uno Stato smilitarizzato. I due leaders si erano insomma messi già d’accordo, due mercanti compassati nel suk della democrazia che fanno i conti nelle tasche degli altri costringendoli ad un pessimo affare. Chiedere, come fa il capo israeliano, agli arabi di rinunciare all’esercito e ai corpi speciali è come dire: "non avrete mai una cosa che assomigli pur lontanamente ad uno Stato per quanto lottiate o trattiate". Se quest’ultimo non può essere strumento di forza coercitiva si riduce ad un ufficio anagrafe senza importanza. Qui verranno registrate le nascite e i decessi di quegli sventurati che chiedendo pace e terra riceveranno quiete eterna sottoterra. Il corteo democratico di questa epoca nuova  assomiglia ancora al solito antico funerale dei deboli delle ere precedenti.