PAGHIAMO PER I DANNI ALTRUI di G.P.
L’impennata dei prezzi del petrolio e la costante debolezza del dollaro sono solo l’emersione fenomenologica di una crisi strutturale che dipende dal cedimento degli assetti finanziari a livello mondiale. Se qualcuno indietreggia qualcun altro si rafforza, il denaro non si “brucia” (un’immagine troppo comoda che serve a deresponsabilizzare i mandanti dei “raggiri” in borsa) ma passa di mano benché, a volte, svalorizzato. Il suo destino è nella sua stessa spirale “metafisica” fatta di ascese e di avvitamenti improvvisi. Il raddoppiamento monetario dei beni, l’apoteosi del denaro espressa nella formula marxiana dell’autovalorizzazione (D-D’), è alla base del gioco finanziario che ci svuota i portafogli, a tutto vantaggio della Sig.ra Banca e dell’illustrissimo Sig. Hedge Found. Si potrebbe credere che se il prezzo di una merce salga oltremodo la causa principale stia nella sua scarsità, come ci hanno insegnato in lunghe e pedanti lezioni di economia. Niente affatto! Nei torrioni della borsa si comprano e si vendono derivati, soprattutto del petrolio. Un derivato è un prodotto finanziario secondario che segue la vita di quello principale. Il suo valore è generato dal prezzo dell’attività sottostante alla quale esso fa riferimento. Ovvero, si commerciano contratti d’acquisto su transazioni già concluse. Ma chi compra lo fa per lucrarci sopra e per rivendere il suo contratto ad un prezzo maggiorato. Da qui s’innesta la salita dei prezzi che porta a guadagni via via decrescenti perché sull’affare si buttano in molti, soprattutto quando ci sono delle perdite da appianare. In pratica, vorrebbero che fossimo noi a pagare per i loro azzardi e per le loro sconsideratezze (come quelle sui subprime loan americani) impachettate dalle banche di New York in prodotti ad alto rischio abilmente camuffati e rivenduti in tutto il mondo. Se gli effetti li sentiamo dietro il groppone dobbiamo comunque ringraziare