PARADOSSI DELLA FASE STORICA di G.P.

Berlusconi si circonda irrimediabilmente delle persone sbagliate, gente che non è in grado di svolgere i compiti dei quali viene investita, piccoli esecutori dell’esistente che sanno soltanto accordarsi agli umori della pubblica opinione, a propria volta condizionata dal circuito mediatico internazionale in mano ai pre-potenti dell’etere e a quello propagandistico mondiale gestito dalla “Centrale Ideologica Atlantica” (CIA), ministri del compromesso sconveniente e della verità conformistica, politicanti da quattro soldi e trenta denari che si dimostrano sdrucciolevoli nelle idee, cedevoli nelle intenzioni e, ovviamente, distruttivi ed autolesionisti nelle azioni.

Da un Tremonti che si sente già un grande Premier ed impedisce agli altri di fare il loro lavoro affinché nessuno creda di poterlo scalzare dal podio di primo della classe ad un La Russa al quale si è bloccato il disco interno e che continua a stonare canticchiando lo stesso refrain. Quest’ultimo ogni qual volta cade un militare italiano in Afghanistan depreca, biasima, si contorce dallo spasimo, piange per il dolore ma alla fine si piega alle ragioni della guerra che tuttavia non sono le ragioni del nostro popolo il quale avrebbe altro a cui pensare. Il ministro della difesa esalta la patria ma stringendo nelle mani il drappo stellato statunitense, si appunta sul petto le medaglie di riconoscenza dell’Amministrazione Usa che però costano ai nostri ragazzi palle di piombo nel cuore. Persino a Berlusconi è venuto qualche dubbio sull’utilità di questa missione dalla quale non ricaveremo assolutamente nulla, ma La Russa non si smuove e non sposta di un millimetro le sue posizioni perché è un uomo di ferrea coerenza. Come dice l’adagio sono sempre gli stupidi a non farsi mai cogliere dai dubbi e La Russa non è sicuramente un tipo da interrogativi. Del resto è facile per gli individui fintamente integerrimi mantenere la saldezza delle proprie convinzioni quando quest’ultime graffiano la pelle altrui prima della propria. Poi, c’è Franco Frattini che invece ha smarrito la coerenza senza averla mai posseduta. In ossequio al cognome che porta il nostro Ministro degli Esteri si fraziona in tante parti e si divide persino da sé stesso. Ogni sua dichiarazione è un’operazione aritmetica che danneggia l’Italia e il suo ruolo sulla scena internazionale. Costui dopo aver sfilato dietro ai cavalli berberi e alle amazzoni libiche col suo diplomatico sorriso da principiante sta caldeggiando un intervento militare contro il dittatore Gheddafi che avrebbe offeso ed umiliato la sua stirpe. Un po’ tardi per accorgersi di qualcosa che non è nemmeno stato provato a sufficienza o è stato costruito con menzogne sesquipedali le quali mano mano stanno venendo a galla, o meglio vengono disseppellite dalle finte fosse comuni in cui erano state celate da un’informazione servile e necrofora . Se Gheddafi dovesse ora respingere gli attacchi dei ribelli e degli Occidentali avremmo un capo degli esteri che non potrebbe più nemmeno affacciarsi sul mediterraneo perché nessuno si fiderebbe di un reggicoda della Comunità Internazionale che non sa nemmeno tutelare gli interessi del suo Governo nè rispettare i patti con i partners. Infine, oltre a questo fronte estero il nostro Paese è alle prese col sempiterno caos interno. Non si placano gli attacchi della magistratura e dell’opposizione contro Berlusconi che togati e sinistrati, in ferale alleanza politica, vorrebbero mettere in gattabuia per prenderne il posto e fare possibilmente peggio di lui. Ma, soprattutto, sembrano siano saltati gli storici equilibri nel salotto dei poteri finanziari che si danno apertamente battaglia come raramente è accaduto in passato. Il primo a sparare è stato l’imprenditore scarparo Della Valle che si è scagliato contro la “Geronzocrazia” del Presidente delle Generali, la più grande compagnia assicurativa italiana con propaggini internazionali, e contro il Presidente di Intesa San Paolo, Giovanni Bazoli. I due sono stati definiti “arzilli vecchietti” da Mr Tod’s che, quale membro del consiglio di amministrazione del Leone di Trieste, ha contestato alcune scelte non in linea col core business della compagnia. A Della Valle non va giù che Geronzi allunghi le mani sul Corriere della Sera, tramite il pacchetto di RCS in suo possesso, per creare un clima informativo a lui favorevole. Il banchiere di Marino ha replicato sostenendo che allora, per uniformità, le Generali dovrebbero liberarsi di tutto ciò che non è direttamente connesso con le attività principali della società, compresa pertanto la partecipazione in NTV, Nuovo Trasporto Ferroviario, di proprietà proprio dell’imprenditore marchigiano insieme a Montezemolo. Tuttavia, non è tanto il controllo della stampa che preoccupa il sig. Hogan Della Valle (che in questo momento sta giocando di sponda con Montezemolo per avere una informazione non nemica o silente sulle cose che li riguardano) ma qualcosa di più sostanzioso riportato dal Direttore del Giornale Alessandro Sallusti in un articolo di qualche giorno addietro: “ Una parte della fi­nanza italiana, intravedendo una difficoltà di Silvio Berlusconi, vuole tentare la zampata. E il bersaglio individuato si chiama Cesare Geronzi. Un banchiere che viene descritto vicino al premier, per il solo fatto di aver sempre fatto l'uomo di finanza del sistema, indipendente­mente da chi ne fosse al vertici in quel momento. Della Valle è il terminale di una ragnatela di potere che ritiene sia venuto il suo momento. Ma che ha la necessità di fare tabula rasa di quanto c'è in campo oggi. Sia chiaro, Berlusconi e la finanza sono sempre stati due mondi a sé. Con il primo che ha fatto affari sempre al di fuori dei salotti buoni, e la seconda che lo ha sempre vissuto come un extraterrestre. Il tentativo di Della Valle e i suoi (quanti sono poi? Montezemolo lo seguirà? Sarebbe proprio il caso di contarli) è quello di marginalizzare uno dei pochi banchieri che con il Cavaliere, sia pure su piani distinti, ha un dialogo. Ecco ciò che si cela davv­ro dietro allo scontro tra Della Valle e Geronzi. Nessuno crede che la vendita di una partecipazione da poche decine di milioni ( Corriere ), per una compagnia assicurativa che ha attività da centinaia di miliardi di euro possa essere questione da scomodare armate di carta, come sta avvenendo in queste ore. Questo è il motivo per il quale la Repubblica ha preso la palla al balzo e ha capito che la battaglia di Mr Tod's è da sposare in pieno come quella di Ruby: l'obiettivo finale è sempre lo stesso. E i metodi simili”. C'è anche da aggiungere che De Benedetti ha dichiarato ieri di aver deciso di rinunciare alle speculazioni per dedicarsi alle attività che producono ricchezza industriale. Parole da finanziere, e dunque assolutamente non credibili. Il Patron di Repubblica sta cercando di defilarsi dallo scontro per muoversi con più libertà dietro le quinte e fare il suo solito gioco. In sostanza, sono d’accordo con questa ricostruzione di Sallusti e credo che per questo B. abbia cambiato in questi giorni tutta la sua strategia. Certo non poteva reggere con i soldati che si ritrova all’assedio proveniente dai tre fronti di cui abbiamo parlato, cioè quello internazionale, quello della magistratura alleata all'opposizione e quello dei poteri forti. Ad ogni modo non ve
do, e probabilmente non c’è, un piano coerente nel suo modo di agire che invece tende a modellarsi sugli inconvenienti che di volta in volta gli sbarrano il passo. Reggerà? Forse, ma la risoluzione dei suoi problemi personali non porterà alcun vantaggio alla nazione che anzi perde terreno proprio sulle faccende che fin qui aveva disbrigato meglio, ovvero le relazioni diplomatiche e commerciali con le potenze emergenti e riemergenti sullo scacchiere internazionale. Abbiamo fatto un passo indietro e B. ha perso molta della sua credibilità decisionale. Per questo adesso appare più saldo di prima. Sono i paradossi della fase storica dei paesi a sovranità condizionata.