PARETO, MOSCA, GRAMSCI E LA FINZIONE ‘DEMOCRATICA’ ITALIANA ODIERNA
.“Non c’è che dire: i provvedimenti del governo hanno proprio conseguito uno splendido effetto!
Ma, come le lezioni del passato non impedirono di prenderli, così questa nuova lezione non toglierà certo che si rinnovino simili errori. La scienza sperimentale non vale pel volgo, e neppure per molti professori di Università”. (1) Così scriveva ne 1920 Pareto nei confronti dell’ultimo governo Giolitti. In realtà, riferendoci all’oggi, il punto focale è dato dal fatto che i provvedimenti presi dall’Esecutivo Monti (con Alto patrocinio), e quelli che prenderà, non derivano da errori o mancata cognizione scientifica in materia. ma si dispiegano lungo direttrici politiche conformi agli orientamenti dei gruppi attualmente prevalenti all’interno dei dominanti Usa. Il livello, l’ampiezza ed i margini decisionali relativi alle scelte, sono ovviamente differenziati tra gruppi di agenti strategici dominanti (in conflitto) e quelli spettanti agli agenti politici (ed economici) dei subdominanti. Decisivo è far emergere il carattere di quelle date scelte, in quanto non legato ai feticismi costituzionali o monetari ma derivato dall’innovazione delle strategie politiche da parte dei dominanti Usa ed il ribadire quali erano le scelte dei subdominanti italiani non allineate con tale nuova strategia, per cui hanno dovuto essere modificate ed i loro portatori soggettivi rimossi. A titolo esemplificativo, sui motivi e sui modi in cui tale governo è stato insediato, l’ex ministro dell’Agricoltura del governo di centrodestra, Saverio Romano, ha riconosciuto, anche se assai tardivamente (e senza sottolineare il cambiamento—tradimento da parte di Berlusconi rispetto a tali posizioni), che: “La scelta di colpire il mercato italiano non è solo di natura economica, non eravamo l’anello debole della catena europea. L’Italia è stata colpita per ragioni prevalentemente politiche.” (2) Queste ragioni prettamente politiche le delinea così: “L’Italia in questi anni, attraverso la politica estera portata avanti da Berlusconi, aveva sdoganato la Russia di Putin: ricorderete l’esordio di Putin nel contesto occidentale proprio a Roma, su invito di Berlusconi con il quale ha un rapporto che va oltre l’ufficialità dei capi di Stato. Queste affinità amicali hanno portato indubbi vantaggi strategici al nostro paese.” (3) Data questa premessa alla seguente domanda dell’intervistatore ‘Quindi l’Italia era un “pericolo” per l’assetto strategico mondiale?’ così risponde: “Gli accordi Southstream e Northstream hanno messo Eni nella condizione di essere un punto di riferimento nel mondo per la produzione e la distribuzione d’energia. L’accordo con la Libia, checché se ne dica, ancora oggi deve poter essere rispettato perché ha messo il nostro paese nella condizione di avere una partnership privilegiata con quel paese. Tutto questo ha cozzato contro alcuni interessi internazionali che si sono visti tagliati fuori dal circuito energetico di gas, petrolio e metano che ha fatto dell’Italia, in quel tempo, il punto di riferimento non soltanto per i paesi partner europei ma anche occidentali. Mi riferisco agli Stati Uniti d’America.” (4) In conseguenza di ciò, sostiene che “C’è stata un’offensiva non soltanto per mandare a casa il governo Berlusconi, ma per mettere le mani sui nostri gioielli Enel, Eni e Finmeccanica, che è la più grande industria meccanica d’Europa in campo militare. Questi tre gioielli fanno gola a molti speculatori, che per fare acquisti hanno bisogno di un prezzo relativamente basso e di un governo disposto a cederli.” (5)
2. Ritornando a Pareto (autore, con cui Gramsci sin si rapportò criticamente nella sua formazione), le azioni sono per lui composte da una parte di impulsi e intenzioni e per un’altra parte di razionalizzazioni, cioè giustificazioni di quelle azioni stesse. Ritiene logiche le azioni quando uniscono razionalmente i mezzi ai fini, per cui nello stesso tempo i mezzi consentono l’oggettivo raggiungimento dei fini ed il soggetto agente è consapevole dell’adeguatezza dei mezzi rispetto a quei fini. Civettando liberamente con il linguaggio paretiano potremmo allora affermare che osservando il nesso mezzi/fini dal punto di vista dei mezzi, risultano logiche sia le azioni dei dominanti Usa tese alla nostra completa sottoposizione, che quelle dei subdominanti italiani tese a realizzare pienamente tale sottoposizione (pur con le eventualità della citazione d’apertura). Ma se spostiamo lo sguardo sul nesso mezzi/fini dal punto di vista dei fini, essendo il fine posto da dominanti Usa, rispetto alla conservazione di una qualche sovranità nazionale italiana e di dati margini di autonomia, le azioni dei gruppi di agenti strategici Usa oggi prevalenti permangono logiche in senso paretiano (risultando funzionali al ridisegno dei rapporti internazionali per il mantenimento della loro egemonia), mentre quelle dei subdominanti italiani sono non logiche (essendo il fine non posto da loro stessi). Per questo necessitano di essere nascoste sotto ipertrofiche razionalizzazioni economicistiche imperniate sugli imperativi divini della Finanza e dei Mercati internazionali. Oppure dissimulate dall’ipocrita e finto ossequio al ritualismo costituzionale. Proseguendo nel discorso, vorrei rimarcare come il brano di Gramsci—commentato da La Grassa—recentemente messo in questo blog, esprima una certa concordanza tematica della riflessione gramsciana con le elaborazioni degli elitisti, Pareto appunto ma soprattutto Mosca, che avevano un’immagine non democraticistica ed antiformalista della democrazia capitalistica stessa nella sua versione parlamentaristica. Infatti, a differenza degli ipocriti omaggi ai formalismi costituzionali che hanno il solo scopo di nascondere lo strame che i (sub)dominanti italiani ed i loro agenti politici in auge fanno delle adorate regole, da loro stessi apparentemente accettate e declamate ad ogni piè sospinto, Pareto, ad esempio, sapeva benissimo senza tanti imbellettamenti “che tre soli siano i mezzi per indurre altrui a fare cosa alcuna: la forza, l’inganno, la persuasione.”(6). E proseguiva avvertendo dei possibili inconvenienti che l’uso ordinario dell’inganno e della forza per il mantenimento del dominio, rispetto alla più suadente persuasione, poteva provocare: “Splende di tanta luce propria la verità che chi la difende può andar certo di non vedere delusa la speranza che gli uomini abbiano al fine di accettarla; ma chi scientemente la disconosce si trova poscia qual disarmato campione di fronte a chi audacemente, a sua volta, tenta di valersi della menzogna e dell’inganno. Ma se per iscansare questi pericoli riponeste la intera vostra speme nella forza, mi sia concesso il chiedervi: chi v’assicura che questa sarà sempre vostra né mai potrà passare nelle mani de’ vostri avversari? Anzi essa a loro legittimamente spetta perché sono i più; e quando vengono ad averla e, mutate le parti, sieno loro gli oppressori e voi gli oppressi, con qual diritto, con quanta giustizia, potrete combattere e stigmatizzare costoro che altro non fanno se non seguire l’esempio vostro ritorcendo contro voi l’armi stesse delle quali sì a lungo vi siete valsi a loro danno?” (7) Quest’ultima, indicata dall’autore come un pericolo, è invece a mio avviso, quando posta in essere, l’unica democrazia che disponga di un significato effettivo! Di conseguenza le diverse varianti tecnicistiche della democrazia capitalistica cadono tutte sotto l’acuta osservazione di Mosca secondo la quale: “Adunque che il risultato di un’elezione sia l’espressione della volontà del paese, ossia della maggioranza degli elettori, è, nei casi ordinari, una cosa assolutamente falsa: e la base legale o razionale di qualunque sistema politico, che ammette la rappresentanza delle grandi masse popolari determinata dalle elezioni è una menzogna. La verità invece è che la vittoria, in elezioni così fatte, resta degli elementi che meglio si sanno imporre in quel tale ambiente speciale, e spesso artificiale, che dallo stesso sistema elettivo è creato.” (8) In primo luogo la cosiddetta ‘legge del numero’ è in quel contesto fuorviante perché improntata al formalismo giuridico che secondo Benedetto Croce (non per caso, altro decisivo pensatore con cui Gramsci si confrontò nei ‘Quaderni’) nasconde il fatto che “L’elettorato, cioè la presunzione che gli uomini col contare i loro sì e no e con l’accettare le proposte che raccolgano il numero maggiore di consensi, determino e regolino gli atti della loro vita o almeno della loro vita pubblica, non è, se si guarda bene, una realtà ma una sorta di fictio juris”(9). Ma in secondo luogo, ed ancora più rilevante, questa menzogna dell’uguaglianza giuridica degli individui nel conflitto entro la sfera politica, è così sbugiardata dalla critica di Mosca: “Ma è questo uno dei punti, come tanti se ne danno in tutte le altre scienze, in cui la prima apparenza delle cose è contraria alla loro realtà. Nel fatto é fatale la prevalenza di una minoranza organizzata, che obbedisce ad unico impulso, sulla maggioranza disorganizzata. La forza di qualsiasi minoranza è irresistibile di fronte ad ogni individuo della maggioranza, il quale si trova solo davanti alla totalità della minoranza organizzata; e nello stesso tempo si può dire che questa è organizzata appunto perché é minoranza. Cento, che agiscano sempre di concerto e d’intesa gli uni cogli altri, trionferanno su mille presi ad uno ad uno e che non avranno alcun accordo fra loro; e nello stesso tempo sarà ai primi molto più facile l’agire di concerto e l’avere un’intesa, perché son cento e non mille.” (10) Per Gramsci però, quella minoranza organizzata (i capitani senza esercito nel suo linguaggio) doveva indirizzare, in conflitto con altre, quella maggioranza disorganizzata (l’esercito quando è senza capitani), affinché in dati momenti si possa squarciare la spessa coltre prodotta dagli apparati statali e dalle pratiche della democrazia capitalistica, erta a difesa dei dominanti e del loro dominio, per tentare radicali trasformazioni sociali.
3. In conclusione risulta evidente come Gramsci si confrontò con pensatori che sapevano in che cosa consistesse effettivamente la politica, per cui ad esempio davanti al finto scandalismo moralistico e formalistico che ha visto mascherare l’attacco politico ad un’azienda strategica italiana come Finmeccanica tramite la contestazione giuridica di reati come la corruzione, Mosca rispose anticipatamente così:
“Abbiamo qui uno dei tanti esempi di minoranze organizzate che prevalgono su maggioranze disorganizzate. Un piccolissimo numero d’individui possono dirigere tutte le grandi Banche di uno Stato, oppure tutte le compagnie che esercitano la grande industria dei trasporti ferroviari o marittimi, oppure possono essere arbitri delle grandi compagnie per azioni, che esercitano industrie indispensabili alla difesa del paese, come quelle metallurgiche, o compiono opere pubbliche per le quali neppure le finanze dei Governi più ricchi sarebbero sufficienti. Questi individui, che hanno il maneggio di centinaia di milioni, possiedono mezzi svariatissimi per allarmare o lusingare interessi molto estesi, per intimidire o corrompere funzionari, ministri, deputati e giornalismo” (11)
NOTE
(1) Pareto ‘La trasformazione della democrazia’ Editori Riuniti pag. 110
(2) Romano: ecco i retroscena della caduta del governo Berlusconi
http://www.bergamosera.com/cms/?p=82191 16 dicembre 2011
(3) Romano: ecco i retroscena della caduta del governo Berlusconi
http://www.bergamosera.com/cms/?p=82191 16 dicembre 2011
(4) Romano: ecco i retroscena della caduta del governo Berlusconi
http://www.bergamosera.com/cms/?p=82191 16 dicembre 2011
(5) Romano: ecco i retroscena della caduta del governo Berlusconi
http://www.bergamosera.com/cms/?p=82191 16 dicembre 2011
(6) Pareto ‘Scritti politici’ UTET pag 34
(7) Pareto ‘Scritti politici’ UTET pag 34
(8) Mosca ‘Sulla teorica dei Governi e sul governo parlamentare.’ Pag. 256 1885
(9) Croce ‘L’ufficio ideale del suffrago universale’ ‘Quaderni della critica’ n° 17-18 del 1950 pag. 13
(10) Mosca ‘La classe politica’ Laterza editore pag. 53
(11) Mosca ‘Elementi di scienza politica’ Laterza editore pag. 190