PARLI DI MARX CHI LO CONOSCE NON CHI LO TRAVISA
Da quando Marx è finito nelle mani dei filosofi è andata perduta quasi tutta la carica scientifica del suo pensiero. Non che gli economisti avessero fatto meglio dei primi in tanti anni di cattivi studi ma almeno non erano mai giunti ad un tale livello di mistificazione del suo pensiero, ovvero al completo travisamento della sua critica dell’economia politica e dell’interpretazione della società capitalistica nei suoi gangli fondamentali. Ora l’esposizione marxiana è stata completamente soppiantata da frasi ad effetto e slogan privi di concretezza che fanno bello il “figosofo” in televisione ed inutile il suo insegnamento nella società. Dopo la falsificazione di alcune previsioni teoretiche del Moro che prevedevano la formazione del G.I. e la definitiva espropriazione degli espropriatori ad opera dei produttori associati – cioè di una trasformazione dettata da eventi ineludibili, a partire dall’enorme sviluppo delle forze produttive, il quale avrebbe, a sua volta, determinato la trasformazione del rapporto della proprietà privata in uso collettivo dei mezzi produttivi – parlare di socialismo e di comunismo non ha più alcun senso. Chi spera religiosamente in essi finirà certamente disperato e ancor più sottomesso ai prepotenti della terra. E’ finita, guardiamo avanti perché il comunismo è semplicemente irrealizzabile, almeno per come lo aveva “immaginato” ed ipotizzato (e non fantasticato) il pensatore di Treviri. Continuare ad Illudere le masse su questi argomenti è roba da imbroglioni e truffatori che usano i “dominati” e le loro legittime aspirazioni di miglioramento per insediarsi nelle Università e affermarsi nell’editoria. Il G.I. o lavoratore collettivo cooperativo, unione di braccio e mente nella fabbrica, avrebbe costituito per Marx la classe intermodale che non nei secoli a venire ma nella stessa sua epoca storica o giù di lì, avrebbe preso il potere nella produzione e nella società, dando la spallata finale ai capitalisti residuali del denaro e delle cedole, ormai esclusi dalla gestione materiale delle manifatture, rimasti asserragliati nella fortezza statale. Tuttavia, anche l’ultimo baluardo dei rentier (quello statale appunto) sarebbe crollato, quasi in maniera pacifica, perché il meccanismo automatico di riproduzione societario, era in procinto di mutare irrimediabilmente i rapporti di forza tra capitalisti e lavoratore collettivo, a favore di quest’ultimo. Dunque, per uno sviluppo storico dettato da una serie di contraddizioni sistemiche, intrinseche alla “natura” del rapporto sociale capitalistico, le organizzazioni umane, sarebbe state informate da nuove relazioni collettive, indipendentemente dalle volontà individuali dei singoli. Di fatti, Marx non parla quasi mai di persone in carne ed ossa nei suoi testi ma di maschere di rapporti sociali che restano “socialmente creature” del sistema in cui vivono e che occasionalmente si emancipano da questa condizione stringente. Centocinquant’anni di incomprensioni a qualcuno non sono ancora bastati e come uno sciacallo continua ad avventarsi su un nobile pensiero per stravolgerlo e renderlo una carcassa inutilizzabile. Prendiamo uno di questi presunti saggi che innalza il marxismo per affossarlo meglio, come si sarebbe detto ai tempi di Mao. Il libro si chiama Ben tornato Marx ma di Marx non c’è proprio niente nel testo. Già dalla IV di copertina è tutto sbagliato: “Massima alienazione dell’uomo rispetto alle proprie potenzialità ontologiche, l’odierno monoteismo del mercato è la prima società in cui regna sovrano il principio metafisico dell’illimitatezza, il “cattivo infinito” della norma dell’accumulazione smisurata del profitto a scapito della vita umana e del pianeta. In questo scenario, la filosofia resta il luogo del rischio assoluto: infatti, essa è il luogo della possibile resistenza al nichilismo della forma merce e, insieme, della sua eventuale legittimazione in stile postmoderno”.
Che c’entra il teorico tedesco con simili affermazioni ad effetto? Nulla, assolutamente nulla. Se il libro si fosse intitolato Ben arrivato giovane filosofo (non ce l’ho personalmente con lui, lo prendo come modello di degenerazione di un certo modo di approfittarsi di Marx) avremmo avuto poco da obiettare. Si sarebbe trattato di posizioni personali, molto discutibili, che però non tiravano in ballo un gigante della scienza come Marx che merita ancora tanto rispetto. Insomma, sarebbero stati fatti suoi e di chi lo avrebbe condiviso leggendolo e perdendo tempo prezioso. Tirando però Marx in questo guazzabuglio di concetti pieni di egotismo e privi di contenuto si fa opera di manipolazione e distorsione veramente perniciosa. Come ha scritto G. La Grassa: L’elucubrazione filosofica intorno ai destini dell’uomo (la sua alienazione o altre sviolinate del genere) sono totalmente al di fuori della possibilità di afferrare lo sfruttamento nella sua assunzione scientifica (per via di astrazione); che può (anzi oggi deve) essere contestata e superata, ma sul suo terreno. Il filosofo può solo rendere il marxismo una dottrina salvifica per il “povero” in cerca di “riscatto sociale o morale” o …..che so io; dove però si tratta semplicemente del riscatto del filosofo sperso nell’ambito di una scienza per la cui comprensione non possiede i mezzi mentali. In questo senso è lui l’unico alienato della situazione. Il filosofo, come lo storico empirico, hanno annientato non semplicemente il marxismo, ma la stessa possibilità di superarlo in direzione di una “nuova scienza”. Hanno semplicemente cancellato Marx dalla storia della scienza per riscoprirlo o come economista di second’ordine (seguace dei classici) o quale elucubrante un po’ ossessivo intorno a questioni morali o relative alla perdizione dell’uomo nei meandri della modernità capitalistica. Povero Marx, in mano a simili dilettanti e sfasciatori di pensieri scientifici innovativi”. Non ho altro da aggiungere. Speriamo che qualcuno voglia essere un giorno più umile e limitarsi a parlare solo di quello che può capire, anche se lo pagano bene per seminare cavolate.