di Beniamino Natale
PECHINO – La Cina teme l’incognita Barack Obama. Le crescenti preoccupazioni di Pechino per una svolta negativa nei rapporti con gli Stati Uniti dopo l’insediamento del nuovo presidente, sono stati espressi dal ministro degli Esteri cinese Yang Jiechi al segretario di Stato Usa, Hillary Clinton. In una conversazione telefonica la notte scorsa, riferisce l’agenzia Nuova Cina, Yang ha chiesto alla Clinton di gestire con cautela "le differenze" e le tematiche "delicate" che potrebbero danneggiare le relazioni tra i due Paesi. Il ministro ha sottolineato che i rapporti tra Cina e Usa "sono una delle più importanti relazioni bilaterali del mondo" ed aggiunto che Pechino "é pronta a lavorare con Washington per guardare costantemente alle relazioni bilaterali in una prospettiva strategica di lungo termine".
Yang non ha indicato quali siano i temi "delicati", ma per la Cina riveste grande importanza la questione di Taiwan, l’isola di fatto indipendente sulla quale rivendica la sovranità. Gli Stati Uniti riconoscono la Repubblica Popolare come "unica" Cina ma mantengono stretti rapporti commerciali e militari con Taiwan, alla quale hanno venduto alla fine del 2008 una partita di armi sofisticate del valore di 6,5 miliardi di dollari. Una compravendita gestita dall’ex presidente George W. Bush ma approvata da Obama. Secondo gli esperti cinesi e quelli di Taiwan, il nuovo presidente Usa potrebbe appoggiare con maggior decisione del suo predecessore le richieste di Taiwan di partecipare in modo autonomo alle organizzazioni internazionali, ma non dovrebbe discostarsi molto dalla politica del suo predecessore.
Altri temi che preoccupano Pechino sono la tradizionale ‘insistenza’ dei presidenti democratici sui diritti umani e la vicinanza di molti leader del partito del presidente, come la presidente del Congresso Nancy Pelosi, al Dalai Lama, il leader tibetano in esilio considerato un secessionista da Pechino. Al momento la questione più calda è quella del commercio, dopo che il nuovo segretario al Tesoro Timothy Geithner ha accusato Pechino di "manipolare" il valore della sua moneta, lo yuan, tenendolo artificialmente basso per favorire le sue esportazioni. Il ministero del Commercio cinese, in una breve nota diffusa la notte scorsa, ha ribattuto affermando che il governo di Pechino "non ha mai usato la cosidetta manipolazione della valuta".
Cao Honghui, uno studioso dell’Accademia delle Scienze Sociali (Cass, il centro studi del Partito Comunista), ritiene che le affermazioni di Geithner "segnalino senza dubbio una più forte frizione tra i due Paesi sulle questioni del commercio e delle valute". Zuo Xiaolei, analista cinese della Galaxy Securities, aggiunge che "la nuova amministrazione Obama si trova di fronte a gravi perdite di posti di lavoro e alla recessione, e i democratici hanno una tendenza al protezionismo commerciale". Il surplus commerciale della Cina con gli Usa è cresciuto del 4,6 per cento nel 2008 toccando i 170,85 miliardi di dollari ma il ritmo della crescita è stato di 8,6 punti percentuali inferiore a quello dell’anno precedente.
Questa notizia dell’Ansa viene riportata nel blog in quanto è un tassello del giudizio che verrà meglio elaborato in base ad analisi della situazione nell’attuale fase (multipolare in avanzata verso il policentrismo). A questo tassello aggiungiamo per il momento la decisione di invio di 20.000 soldati in Afghanistan; il lancio di tre missili (da parte di un drone americano) in Pachistan (non Afghanistan!) con uccisione di 10 persone, “ovviamente” dichiarate terroristi di Al Qaeda; nel mentre non c’è alcuna scusa ufficiale per aver bombardato il territorio di un paese che “ufficialmente” è sovrano e indipendente.
Si sottolinea anche la dichiarazione che la Cina "é pronta a lavorare con Washington per guardare costantemente alle relazioni bilaterali in una prospettiva strategica di lungo termine". Una frase da “diplomazia ufficiale”, che tuttavia non va sottovalutata. Teniamola lì sullo sfondo, e ricordiamocene al momento opportuno.