PETROLIO E SPECULAZIONE di M. TOZZATO

 

Il summit del G-8, tenuto in questo fine settimana ad Osaka, ha focalizzato la sua attenzione sui problemi prodotti dai rincari delle commodities. Per il momento la discussione sui tassi di cambio e sulla crisi dei mercati finanziari è stata derubricata (se ne riparlerà più avanti); il Fondo Monetario Internazionale, l’Agenzia Internazionale per l’energia e la Banca mondiale, in stretta collaborazione con le autorità nazionali, avranno il compito di preparare un piano teso alla soluzione di questa crisi consistente in forti aumenti di prezzi e che potrebbe degenerare in una autentica spirale inflattiva.

In generale, però, nelle situazioni più “critiche”, come quella attuale ,  la crisi dei circuiti finanziari – con reazioni fallimentari a catena, insolvenze, ecc. – può alimentare una più complessiva difficoltà di “realizzo” a causa della contrazione della domanda e conseguente ulteriore diminuzione  della produzione. E’ proprio nei casi di questo tipo – in cui le crisi economiche potrebbero assumere connotazioni veramente “catastrofiche” – che potrebbe manifestarsi uno dei “sintomi” più temuti per la tenuta del “sistema” sotto forma di  “caduta generale dei prezzi” , di  “deflazione”. Ed è forse in questi momenti che le stesse autorità monetarie tendono a “sottovalutare” – ovviamente in termini relativi – proprio quelle tensioni inflattive normalmente tanto temute.

Sul Corriere di oggi (15.06.2008) troviamo scritto:

<<Così da Osaka è partito un appello ai paesi Opec per “incrementare la produzione di petrolio”e per fare investimenti finalizzati “ad aumentare la capacità di raffinazione”. Ed è  stato accolto anche il suggerimento, e l’Italia è protagonista in questo, di analizzare il ruolo giocato nella corsa dei prezzi dalle ragioni della geopolitica e dai fattori finanziari.>>

In questo senso sembra che si sia sviluppato un contraddittorio, uno scontro su posizioni del tutto divergenti tra il nostro Ministro dell’economia, Giulio Tremonti, e le autorità britanniche e statunitensi.  Di fronte alla proposta italiana di “aumentare i margini dei depositi a garanzia della partecipazione al mercato dei derivati e dei futures sul petrolio” gli angloamericani si sono subito opposti ripetendo le loro consuete tesi. Ovviamente l’iniziativa caldeggiata da Tremonti è stata bocciata all’unanimità, con qualche parziale “distinguo” da parte di Russia e Francia. Il segretario al Tesoro USA, H. Paulson,  in proposito, si è espresso con la seguente  dichiarazione:

<<L’evidenza indica che si tratta di un problema di domanda e offerta. E’ molto facile, per chi cerca soluzioni semplici e di breve periodo, dire che si tratta di speculazione. Il fatto è che molta gente che parla di questi contratti non capisce come funzionino realmente: sono le riserve a guidare il mercato.>>

Più possibilista il direttore generale del FMI, Strauss-Kahn,:

<<Ci sono molte ragioni legate all’economia reale che influenzano i prezzi, tra cui domanda e offerta. Alcuni nel G-8 dicono che ci sia speculazione ed è la ragione per cui il Gruppo ha chiesto di fare uno studio sugli andamenti del mercato.>>

Nel suo intervento Tremonti aveva specificato che siamo in presenza anche di un aumento della domanda di petrolio e delle altre commodities , soprattutto per quanto riguarda Cina e India, ma “l’improvviso rapido e violento rialzo dei prezzi” è dovuto, in questo ultimo periodo, per l’essenziale, alla speculazione. E in aggiunta, ancora il nostro ministro, afferma:

<<Ormai ci sono più contratti che barili e la componente finanziaria sta diventando più rilevante di quella reale. La speculazione di investitori istituzionali e grandi banche e intermediari si è spostata dalla finanza in crisi alle commodities.>>

Come spesso gli accade Tremonti, non disdegna di accennare alle conseguenze “sociali” prodotte da questa situazione,  con riferimenti alle proteste di pescatori e trasportatori in Europa e alle rivolte delle popolazioni asiatiche per il rincaro e la scarsità del riso. In maniera anche evidentemente provocatoria conclude in questi termini:

<<E’ in gioco la tenuta delle strutture democratiche. In Europa c’è un impoverimento del ceto medio [“ceto medio” inteso in termini di reddito, comprendente anche una parte del lavoro autonomo “quasi-subordinato” e di quello dipendente. N.d.R.] che ha un solo esito: il fascismo. Dobbiamo evitare di ripetere l’atteggiamento di Monaco.>>

 

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Sul Sole 24Ore del 08.06.2008 il problema della corsa dei  prezzi di petrolio e commodities era stato sviluppato in due articoli a firma di Roberto Capezzuoli e Mario Margiocco. Scrive Capezzuoli:

<<Ma il vistoso scollamento tra le Borse e il mercato fisico – in un giorno al Nymex viene scambiato in media un miliardo di barili contro una produzione mondiale di 85 milioni – testimonia che l’attuale modello di contrattazione è da cambiare. E’ vero, come sostiene il guru T. Boone Pickens, che la produzione sale poco e che per 400 mila barili consumati in meno negli USA ce ne sono 500 mila usati in più in Cina. […]Ma quando si afferma che gli USA sono impotenti ad arginare la corsa, probabilmente ci si sbaglia. […] Il “Commodity futures modernization act” nel 2000 ha spalancato la porta ai capitali diretti verso le materie prime, limitando i poteri della “Commodities futures trading commission (Cftc), che dal 1974 ha il compito di vigilare sugli scambi.>>

In Gran Bretagna sembra che si sia assistito a una deregolamentazione – liberalizzazione ancora più spinta. Comunque, a questo punto dell’articolo, l’autore inizia un discorso che si fa più tecnico e complesso e che cercherò, per quanto possibile,  di tradurre in termini comprensibili.  Egli afferma che qualche tempo fa “nei libri di testo” i mercati a termine dei combustibili e delle commodities si fondavano su tre capisaldi: la standardizzazione, la cassa di compensazione e la liquidità. Un contratto a termine, ad esempio un futures, che abbia come scopo di fare hedging, ossia proteggere una attività, gioca sull’opportunità di acquistare ad una prefissata data futura una certa quantità di merce (o attività finanziaria) ad un prezzo prefissato, salvaguardandosi da pericolose oscillazioni dei prezzi. Il sistema dei margini stabilisce delle cauzioni, delle garanzie, contro le insolvenze nei pagamenti istituendo un margine iniziale o di garanzia; quando non venga sostituita da un altro intermediario è poi proprio la cassa di compensazione (clearing house) a stabilire questo importo che equivale ad una percentuale del valore nominale effettivamente negoziato. La cassa di compensazione – che svolge anche la funzione di compensare i pagamenti sulle varie piazze fluidificando il movimento di merci e denaro connessi ai titoli in circolazione – può modificare i margini di garanzia e comunque deve monitorare le condizioni di solvibilità e credibilità degli operatori. L’autore dell’articolo afferma, anche, che per il funzionamento di questi tipi di mercato sono necessari merce, denaro e “una forte presenza della speculazione” ma, viene da domandarsi a questo punto: Come si caratterizza il fenomeno speculativo in relazione alle forme e alle procedure  “standardizzate”, ritenute più corrette e trasparenti, relative alle varie tipologie di futures e derivati ? Quali le differenze, inoltre, nel caso di contratti emessi su specifiche merci  e in particolare sui “ materiali di base” (commodities) ?  

A questo punto anche gli autori degli articoli smettono di approfondire la questione perciò dovrò fare io un ulteriore piccolo sforzo. Il contratto, ad esempio un futures, quando non viene dallo speculatore portato alla sua naturale scadenza con lo scopo, però, di ottenere da questa operazione  un determinato ricavo, deve necessariamente  prevedere un prezzo “terminale” (del futures)  sufficientemente alto da permettergli di trovare facilmente un compratore. Se io emetto un titolo che prevede un aumento del petrolio molto consistente, ma non ho la liquidità per acquistarlo effettivamente, lo venderò a qualcuno che potrebbe presumere di avere denaro a sufficienza oppure il gioco continuerà e magari  alla fine si rinuncerà all’acquisto, e se i “margini di garanzia” non saranno particolarmente alti si emetterà un nuovo futures sempre sulla stessa quantità di merce col risultato di differire continuamente la consegna effettiva della merce stessa. Ad ogni modo, augurandomi che vi sia qualcuno  in grado di spiegare meglio questo tipo di questioni, “per addetti ai lavori”, anche ai non specialisti, concludo con un ultima citazione e una piccola considerazione. Scrive ancora Capezzuoli:

<<Chi non abbia un’attività che giustifichi un determinato volume di operazioni di copertura [presumo si intendano i medio-piccoli speculatori N. d. R.]  potrà comunque operare tramite un primary dialer, uno dei grandi soci della Borsa stessa, evitando il maggior onere finanziario. Scommettere è facile, quindi, e buona parte del vantaggio va a notissime banche d’affari. Per il deputato democratico Bart Stupak, che punta il dito contro Goldman Sachs e Morgan Stanley, sono loro a manipolare artificiosamente le quotazioni. Quando Arjun Murti, analista di Goldman Sachs, lancia previsioni di greggio a 200 dollari entro due anni, la profezia è sorretta da una forza finanziaria che sconsiglia […] di prendere posizioni opposte.>>

L’ultimo summit dei G-8 ha dimostrato, mi pare in maniera molto chiara, quello che è stato affermato  più volte da La Grassa: le grandi imprese e i colossi finanziari di un sistema-paese, in questo caso quello predominante e il suo satellite, hanno bisogno e comunque sono sempre accompagnati dalla “forza” politica, in senso lato, della sfera statuale dello (degli) Stato (i) di riferimento.

 

Mauro Tozzato                        15.06.2008