PINOCCHIO E IL RE DELLA MONNEZZA di G.P.
Bassolino, ‘o governatore della mondezza, gran signore delle discariche campane, fa la voce grossa e, a muso duro, risponde a quei compagni di partito che già si dicono pronti a rottamarlo, perché con la sua ostinazione (ed il suo reiterato malgoverno) sta rischiando di far deragliare il treno elettorale messo in marcia da Veltroni.
Quest’ultimo, politico pirotecnico dall’accento americano ed ottimo stuccatore di anticaglie (che poi pretende di rivendere come nuove), ha chiesto all’imperatore di Napoli un atto di responsabilità. Ma Bassolino è immune ai “ma-anche” dell’ex-sindaco di Roma ed ha fatto saper che lui a dimettersi non ci pensa proprio, lasciando intendere che se qualcuno cercherà di fargli troppe pressioni in tal senso trascinerà con sé, insieme al pattume di Napoli, anche gli amici di un tempo. Sono sicuro che Bassolino ne sa abbastanza da far traballare tutto il palazzo che Veltroni sta faticosamente riverniciando a nuovo. Questo lo ha capito anche D’Alema, il quale prova a difendere il presidente della Campania, non perché sia capace di solidarietà umana (sarebbe difficile per chiunque accordare comprensione in questa grave circostanza, data la scriteriata gestione di Bassolino negli ultimi 15 anni), ma perché qualsiasi espediente va bene per mettere i bastoni tra le ruote al “Bonaccione de Roma”.
Si tratta di una bella tegola per Veltroni e questa volta la sua solita filosofia buonista non basterà certo a togliergli le castagne dal fuoco.
O trova un salvacondotto all’ex sindaco di Napoli (sempre che si decida di esautorarlo), oppure rischia di far diventare questa campagna elettorale un inutile spreco di energie verso una ancor più certa sconfitta. Certo non aiuta la sospensione del giudizio su Bassolino che Veltroni ha accettato benchè ripromettendosi che, subito dopo le consultazioni di aprile, “si aprirà una fase nuova che segni la discontinuità”. Parole, parole, parole…
Per intanto, si può dire che
Veltroni si affanna a sciorinare sondaggi e calcoli astrusi per dimostrare che il suo “pullman democratico (Pd)” sta per raggiungere l’avversario e forse superarlo all’arrivo.
Se Veltroni crede che di fronte alla rabbia della gente possano funzionare i suoi “anglicismi” si sbaglia di grosso. Già le liste del Pd sono state costruite con quella logica mediatica che si è sempre rimproverata a Berlusconi, per cui si è fatto un gran calderone mettendo dentro il padrone e l’operaio, il militare e il pacifista, il diavolo e l’acqua santa.
A ciò si aggiunga la stesura di un programma che è un guazzabuglio di luoghi comuni e di scopiazzature dei programmi degli altri, condito con le stesse promesse da marinai della precedente campagna elettorale.
Proprio per segnare la discontinuità con Prodi, Veltroni ha fatto di tutto per far dimenticare alla gente che lui faceva parte di quella maggioranza nefasta, che il suo partito è stato tra i principali sostenitori del governo ulivista che ha fallito su ogni tema affrontato durante la legislatura.
Quello che ci resta di questi due anni di governo di centro-sinistra sono una serie di regali ai poteri forti: dalle banche, alle industrie assistite, ai sindacati, mentre sono stati tosati tanto i lavoratori salariati che quelli autonomi. Se poi vi aggiungiamo un costo della vita che ha toccato livelli esorbitanti ed una pressione fiscale che non si vedeva così alta da dieci anni a questa parte, si capisce che il fallimento è stato su tutta la linea.
Ma Veltroni sembra che in tutto questo tempo sia vissuto su un altro pianeta, di quello che accadeva in Italia lui non ne sapeva nulla preso com’era ad assistere i palazzinari della Capitale, nei confronti dei quali ha sempre speso parole di grande riconoscenza.
Così adesso gli italiani dovrebbero tornare a scegliere tra un unto dal signore che invecchia a vista d’occhio (nonostante i ripetuti lifting) ed un marziano con gli occhiali ed il naso da Pinocchio.
Meglio un week end in campagna…