POCHE IDEE E TANTA CONFUSIONE. L’IDEOLOGIA DELLA SINISTRA FRANCESE DI FRONTE ALLA CRISI

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L’evoluzione della teoria politica di John Rawls (da Una teoria della giustizia del 1971 a Liberalismo politico del 1993, fino a Il diritto dei popoli del 1999) e la cesura storica del 1989-1991 avevano completato il disfacimento delle varie declinazioni del socialismo e comunismo a livello storico e geopolitico: al posto di socialdemocrazia, liberalsocialismo, socialismo e comunismo rimaneva come “cavallo di Troia” – da utilizzare eventualmente per raccogliere utili consensi a favore di determinati gruppi dominanti – la vecchissima, ma riverniciata a nuovo, sinistra liberale. La sopravvivenza di piccoli gruppi di pseudomarxisti e finto comunisti rimaneva del tutto irrilevante anche se particolarmente fastidioso e indecoroso per chi abbia il coraggio di ragionare partendo dal “principio di realtà” e quindi dai fatti. L’esplosione della nuova “grande crisi” ha progressivamente messo in moto – a seguito di situazioni acute e di altre, per il momento, relativamente sopportabili di disagio sociale – una ripresa, nei discorsi ufficiali o meno di parte della classe politica di “sinistra”, di toni vagamente più accesi in cui la confusione dell’analisi e la populistica promessa di equità e giustizia sociale si mescolano, senza per la verità produrre risultati significativi. Sul Corriere del 21.06.2012 Aquilino Morelle, consigliere del neopresidente francese Holland, scrive:

<<È questo il dibattito oggi nuovo: tutto il periodo in cui il capitalismo aveva imparato a «comporre», a negoziare una società capace di controbilanciare Stato e mercato, a dare un ruolo alle forze sociali, ai sindacati, tutto questo è crollato.[…]La sinistra si è paralizzata davanti all’ aggressività di questo nuovo capitalismo totale, ammutolendosi e rifugiandosi nell’ idea che non si poteva fare diversamente, che eravamo davanti a una sorta di «necessità» storica>>.

Morelle insiste affermando cose ovvie come, ad esempio, che il sistema liberale è fondamentalmente basato sulla disuguaglianza e che ha (addirittura ?!) cercato di legittimare la disuguaglianza come valore. Questo non significa mettere in discussione la meritocrazia, afferma il consigliere di Hollande, perché nessuno mette in dubbio che sia giusto premiare il migliore quando si parta da eguali chance, da eguali condizioni di partenza. Ma Morelle ammette che se il sistema capitalistico liberale viene ora di nuovo criticato, il motivo per qui questo accade ha origine nel

<<crac del 2008, e l’ evidenza mondiale che il liberalismo, con tutte le sue caratteristiche così vantate per decenni, la sua razionalità, la sua capacità di anticipazione, la mano invisibile, la capacità di autocorrezione, è un disastro. Il sistema era semplicemente un sistema predatorio, di captazione della ricchezza da parte di un’ oligarchia e, oltre ad essere ingiusto, ci siamo resi tutti conto che era ed è un sistema totalmente instabile>>.

La sinistra per Morelle deve ripartire da idee molto semplici:

<<Quali? Beh, che l’ obiettivo da sempre della sinistra, quello che definisce la sinistra in quanto tale, è la ricerca, benché mai totalmente realizzata, dell’ uguaglianza. Se rinunciamo a questo, rinunciamo alla sinistra. Ora, negli ultimi trent’ anni, la sinistra aveva rinunciato all’ uguaglianza. Aveva accettato, come una forma di autocensura, che l’ uguaglianza era un orizzonte non solo sfuggente, difficile da raggiungere, ma non era più l’ orizzonte che si voleva e si doveva raggiungere. Una rinuncia che ha preso diverse forme, da John Rawls, con le sue «disuguaglianze accettabili», al progetto della Terza via di Anthony Giddens, tutte idee molto sottili, ma che in fondo sotterravano la sinistra. Quel che abbiamo proposto è di tenere sotto controllo il sistema finanziario e reintrodurre l’ uguaglianza come valore>>.

Così per il Sig. Morelle bisognerebbe superare Rawls e Giddens – ovvero i teorici della “sinistra liberale” a cui si sono ispirati, e si ispirano, anche in Italia i mediocri politici del Pds-Ds-Pd – per ritornare ai valori della rivoluzione francese: libertà, eguaglianza, fraternità. Ma noi a questo riguardo siamo costretti a citare ancora Marx:

<<Libertà, Eguaglianza, Proprietà e Bentham. Libertà! Poiché compratore e venditore d’una merce, per es. della forza-lavoro, sono determinati solo dalla loro libera volontà. Stipulano il loro contratto come libere persone,giuridicamente pari. Il contratto è il risultato finale nel quale le loro volontà si danno una espressione giuridica comune. Eguaglianza! Poiché essi entrano in rapporto reciproco soltanto come possessori di merci, e scambiano equivalente per equivalente. Proprietà! Poiché ognuno dispone soltanto del proprio. Bentham! Poiché ognuno dei due ha a che fare solo con se stesso. L’unico potere che li mette l’uno accanto all’altro e che li mette in rapporto è quello del proprio utile, del loro vantaggio particolare, dei loro interessi privati. E appunto perché così ognuno si muove solo per sé e nessuno si muove per l’altro, tutti portano a compimento, per una armonia prestabilita delle cose, osotto gli auspici d’una provvidenza onniscaltra, solo l’opera del loro reciproco vantaggio, dell’utile comune, dell’interesse generale>>.

Alla luce delle analisi di Marx (e di La Grassa) la critica di Morelle alla sinistra liberale si presenta come un’altra riproposizione, un’altra variante, del liberalismo; egli rimane totalmente al di qua di quello che La Grassa chiama “primo disvelamento”, rimane avviluppato all’interno della logica di quelli a cui crede di contrapporsi e di fronte alle problematiche concrete che la crisi pone dovrà o ammettere le ragioni dell’avversario o propugnare un massimalismo cieco capace di portare a situazioni ancora peggiori coloro che vorrebbe aiutare. Il professore francese, in totale confusione, finisce poi per criticare gli elementi decorativi e retorici (come il “fondamentalismo” liberistico) dell’ideologia liberale che possono in qualche modo venire contrapposti al capitalismo “regolato” pseudo–keynesiano per rimanere, comunque, totalmente all’interno del “nocciolo” capitalistico del liberalismo espresso nella precedente citazione marxiana. Lenin ha affermato che “l’involucro” politico migliore per la formazione sociale capitalistica è la liberaldemocrazia e questo per due motivi: da una parte essa svolge nel modo migliore la funzione di integrazione dei gruppi sociali medio-bassi e di manipolazione ideologica con un utilizzo più sofisticato e mistificato dei media; dall’altra essa – nei momenti in cui il sistema economico-produttivo vive una fase d’espansione – lubrifica al meglio i condotti nei quali devono circolare merci, forza-lavoro, denaro e innovazioni garantendo il mantenimento della supremazia delle potenze (sistemi-paese) pre-dominanti. Nelle situazioni di crisi e soprattutto quando la lotta policentrica si acuisce la liberaldemocrazia può, invece, diventare un “optional” oppure anche un lusso che non ci si può permettere; ma qui siamo nel campo della geopolitica e della storia ovvero delle congiunture da studiare caso per caso. Per concludere, segnalo, alla fine dell’articolo, una citazione da Keynes, inserita da Morelle, che vorrebbe proporre il grande economista inglese come un avversario della globalizzazione, ante litteram:

«Le idee, le persone e le opere d’ arte devono circolare liberamente. Ma bisogna produrre e consumare localmente».

Mauro T. 15.07.2012