POSIZIONI DA ASSUMERE (a cura di GLG 15 set. 11)
Ritengo utile inserire anche questo nuovo articolo del Gen. Laporta (apparso su Italiaoggi), perché si tratta di posizioni largamente condivisibili; anzi credo che il blog le abbia da sempre sostenute. Poi, volendo, si potrebbero fare molti commenti (di tipo sostanzialmente positivo). Tuttavia, ho già più volte espresso le mie (e nostre) posizioni e lo farò ancora con sempre maggiore nettezza, data la situazione ormai da “ultima spiaggia” che stiamo vivendo in questo paese al naufragio, avviato al completo asservimento (e non solo ai “padroni” d’oltreatlantico, in specie quelli citati espressamente da Laporta: “i Clinton, il petulante Obama”). Intanto, però, anche articoli così netti e decisi, perfino violenti nella loro precisione di contenuti, vanno da noi valorizzati.
GLG
Nel ’93 venne eliminato Barre (desertificando il suo paese). Oggi nel mirino c’è Gheddafi
Le trappole Usa in Somalia e Libia
La sola differenza è che il Cav non ha fatto la fine di Craxi
di Piero Laporta
L’11 settembre 2001 in tanti dichiarammo: «Siamo tutti americani». Oggi la rapina alla Libia cancella ogni residua autorità morale degli Stati Uniti quale leader delle democrazie mondiali.
Il massacro di 50mila libici, le mutilazioni di altrettanti disgraziati, la metà dei quali bambini, le distruzioni di scuole, case e ospedali sono crimini contro l’umanità dei quali Hussein Barack Obama, Nicolas Sarkozy e David Cameron non risponderanno davanti a un tribunale internazionale.
Essi sono tuttavia infamati dal giudizio inappellabile della storia.
Non è questione di complotto ebraico o altre scemate di tal fatta: questo 11 settembre reca la certezza che nella civiltà occidentale dimorano un cuore nero e un cervello diabolici, che se ne fregano di nazioni, religioni e popoli, che manipolano le immagini e le comunicazioni, adulterano le politiche, trogolano col fondamentalismo islamico, ricattano (come noi italiani sappiamo bene) per scatenare una guerra umanitaria per l’interesse finanziario d’una cerchia di gran lunga meno rispettabile dei banditi da strada, i quali almeno rischiano la propria ghirba.
Tutte le ombre, tantissime, rimaste dopo le inchieste del Congresso sull’11 settembre 2001, viste oggi insieme con le forzature, gli inganni, le complicità e le foto taroccate della rapina alla Libia, portano univocamente a concludere che, nell’establishment statunitense, convivono due anime: una idealista, democratica, profondamente legata ai valori fondanti del 1776; l’altra banditesca, stragista, sanguinaria e senza scrupoli.
Sul massacro dell’11 settembre 2001 e sui commoventi eroismi della splendida gente newyorkese e dei suoi pompieri, aleggia uno spettro nero che, grazie alla Libia, ha dovuto svelarsi più di quanto avrebbe desiderato. Noi italiani lo sapevamo più dei newyorkesi e dei libici, sin dal 1993 quando, con l’abbattimento del dittatore somalo Siad Barre, avemmo un’anticipazione delle tecniche umanitarie di queste ore. Non abbiamo imparato nulla. Dov’è la democrazia in Somalia?
Distrutto, Bettino Craxi, il migliore alleato di Siad Barre, l’esercito italiano fu inviato a contrastare la primavera somala con un braccio legato e la stampa nazionale filoamericana ostile ai nostri soldati, come ben sa Giuliano Ferrara. Oggi il Somaliland è nel caos ma col petrolio saldamente in mano alle compagnie americane, francesi e inglesi che pagano gli straccioni delle corti islamiche e i pirati del mar Rosso: un pizzo è più conveniente delle royalty che avrebbe preteso il legittimo dittatore Siad Barre.
La Somalia fu assassinata dalla banda Clinton e l’11 settembre 2001 seguì all’inerzia di ben due mandati di Bill Clinton contro al Qaeda. Libia e Somalia muoiono grazie alle tossine Clinton che infettano anche gli Usa e le democrazie. Per ora la differenza è che Silvio Berlusconi non fa la fine di Bettino Craxi, non basta tuttavia per commemorare questo 11 Settembre con l’animo di dieci anni fa.
Il popolo americano e i suoi caduti sono una cosa; i Clinton, il petulante Obama, i loro sicari e i loro manutengoli sono tutt’altro.