QUALCHE COSETTA ANCORA, di GLG
L’astensione in Francia (comprese le schede bianche) è stata del 31,7%. Se aggiungiamo le nulle (2,2) – di cui ben si sa che buona parte è annullata volontariamente e non per errori di compilazione scheda – rileviamo che un buon terzo di elettori non si sono espressi. In fondo Macron ha avuto il 43 e qualcosa; insomma nemmeno metà dell’elettorato, anzi ben lontano dalla metà. E questo risultato è stato raggiunto sull’ormai cadavere dell’orientamento tenuto fino a pochissimi anni fa; socialisti (detti “sinistra”) e finti gollisti (detti “destra”) sono o annientati o in piena “anoressia”. Il trionfalismo dei “vincitori” – e di tutti gli “europeisti” di questo continente – o è legato a vera stupidità (e cecità) o a consapevolezza delle difficoltà estreme di una situazione, dalla quale loro stessi non sanno uscire se non con “escamotages” del tipo Macron.
Nel 2008 iniziò la crisi che attanaglia il mondo intero, malgrado l’ancora buon sviluppo di certi paesi (metti la Cina), abbastanza indietro rispetto a Usa, Europa e Russia quanto a livello di sviluppo e rapporto tra industria e “campagna”; quindi con potenzialità, una volta iniziata la crescita, di più alto incremento del Pil (che adesso in Cina è infatti ben al di sotto dei tassi d’aumento di anni fa). Senza avere a disposizione nutritissimi uffici studi con “specialisti” d’economia (tanto specialisti che non vedono oltre il loro naso), ebbi la netta sensazione di qualcosa di molto diverso dalle crisi (“recessioni”) precedenti. Pensai quasi subito a quella di fine ‘800, un quarto di secolo di stagnazione nel clima della seconda rivoluzione industriale, che modificò nettamente la struttura produttiva dei paesi capitalistici avanzati. Misi in correlazione il “multipolarismo” crescente di allora (con Usa, Germania e Giappone in avanzata come potenze mentre arretrava, in senso relativo, l’Inghilterra) con quello avviatosi all’inizio del secolo XXI (Russia in ripresa dopo il crollo dell’Urss e Cina in avanzamento; non invece troppa considerazione per i BRICS). Nessun pericolo (al momento) di nuovi ’29, ma difficoltà crescenti e forti avanzamenti tecnologici e di nuove produzioni (altro che la finanza tuttofare e tuttopotere!).
Rimanere attratti dai “numeri” dell’economia (che in ogni caso non danno grandi speranze per il futuro nonostante la montagna di chiacchiere su momentanee e gracili riprese in alcuni paesi) significa restare alla superficie. Ho insistito fin da allora, proprio con l’esempio di fine ‘800, che il problema decisivo (il famoso sommovimento delle falde tettoniche che provoca i terremoti) è il crescente disordine e scoordinamento susseguente appunto al multipolarismo. Nell’800 era ridondante la teoria del commercio internazionale (dei costi comparati) di Ricardo, economista certo di grande rilievo e che occupa notevole spazio nelle varie “storie del pensiero economico”. Tuttavia, le potenze in crescita (appunto multipolare) seguirono le teorie del più modesto List (spesso dimenticato e comunque non apprezzato a dovere dagli economisti, che hanno un loro modo di pensare assai lontano dai problemi reali) e utilizzarono il protezionismo. Guai, però, se si rimane ancorati alla sola economia. Quelle potenze divennero tali perché “ottemperarono” (detto scherzosamente) alla quinta caratteristica leniniana dell’imperialismo: lotta acuta e spesso cruenta per la redistribuzione delle sfere d’influenza nel mondo.
Dopo un lungo predominio post-seconda guerra mondiale di teorie d’origine keynesiana – su cui pure ci sarebbe molto da discutere a partire dalla crisi del ’29, il cui superamento definitivo non fu affatto dovuto alla spesa pubblica (domanda dello Stato in sostituzione di quella privata in decelerazione con crescita del risparmio), che ebbe effetti solo per un paio d’anni o poco più, mentre fu risolutivo il definitivo scontro tra le potenze per la supremazia mondiale, da cui uscirono gli Usa quale “regolatore centrale” del campo capitalistico, area di cruciale importanza e alla fine prevalente sul mai esistito “socialismo” – si riaffermò il (neo)liberismo, tutto trionfante con le tesi della globalizzazione mercantile (nuova versione di quelle liberistiche ottocentesche), che addirittura “impazzirono” dopo il crollo del mondo bipolare. Tutto il mondo un unico mercato: e tutti in pieno sviluppo con questo respirare a pieni polmoni la libertà negli scambi. Questo pensarono gli “imbecilloni”.
Su questa base, e con accettazione (assai ben pagata) della piena subordinazione al predominio statunitense, si sono formate le dirigenze dell’indecente UE e dei paesi ad essa aderenti. Ed è finita la tradizionale differenza tra destra e sinistra. Le nuove forze dette di “sinistra” sono alla fine diventate più liberiste di alcuni spezzoni detti di “destra”; i quali, poiché non liberisti, sono subito stati definiti fascisti e oggi populisti (senza mai però dimenticare anche il precedente termine, che è sempre sulla bocca di un “antifascismo” da salotto “buono”, intellettualmente raffinato). Una massa non indifferente di servi (che più servi non ne sono mai esistiti) con a disposizione molto denaro e potere; e dunque seguiti da stuoli di intellettuali e altre marionette del genere per rincoglionire a suon di spettacoli e “farse” di tutti generi (compresa quella della “democrazia” del voto) popolazioni che, con lo scorrere delle generazioni, hanno sempre più perso un qualsiasi orientamento. C’è malcontento diffuso e crescente, ma praticamente ineffettuale al momento.
Gli Usa più congeniali a questi servi – perché più “generosi” nell’elargire loro i vari compensi – sono stati quelli delle presidenze Bill Clinton, Bush e Obama. C’è stata – ancora non è passata – la paura con l’elezione di Trump, che ha mutato la strategia del caos dell’epoca Obama (con la Clinton al seguito, anzi ancora più determinata in tal senso) con quella del neopresidente, consigliato dai suoi “padrini” a tentarne una dell’imprevedibilità (non ricordo dove ho trovato questa definizione, che mi sembra abbastanza buona anche se necessita di più ampia analisi). Oggi, per quanto con qualche residua diffidenza, i servi sembrano abbastanza convinti che Trump non li vorrà sostituire con altri. Tuttavia, in alcuni paesi, le vecchie forze politiche assurte a nuovo servitorame dopo il crollo dell’Urss (tipico il caso dell’Italia con i post-piciisti portati sugli altari con la sporca operazione detta “mani pulite”) sono in piena crisi. In Italia sono già state sostituite mantenendo in piedi il Pd e consegnandolo nelle mani di un simil-democristiano (ma di ben bassa caratura); in Francia vi è stato un crollo altrettanto manifesto di tali vecchie forze e la loro sostituzione, invero assai rapida, con l’attuale “bamboccione”. Il quale gioca con forza la carta dell’accentuazione del neoliberismo, dell’europeismo più spinto e della globalizzazione più estrema; ma credo dovrà ripiegare su adattamenti di una certa moderazione perché più consoni a godere dell’appoggio della nuova strategia americana, se questa non sarà messa in discussione e mutata così come in anni ormai remoti lo fu – con metodi “energici” – la politica kennediana verso l’Urss di Krusciov e quella nixoniana verso la Cina di Mao.
In ogni caso, si nota benissimo che l’esaltazione dell’europeismo è attuata da coloro che di questo vivono con ormai notevole preoccupazione, con l’ammissione che così com’è non va bene, che deve essere cambiato, ma non tornando all’autonomia della nazioni, invece “tutti insieme”, con il grande “amore reciproco” (assai velenoso) caratteristico dei rapporti interni alla UE da quando è nata. Insomma, i terrorizzati dalla prospettiva di perdere gli appannaggi americani per il loro bieco servilismo (e ancora nient’affatto sicuri che la nuova strategia Usa non richieda il loro ricambio con servi più capaci e furbi) ammettono che non tutto va bene, che si deve cambiare, ma non hanno in realtà nessuna idea di come cambiare. Cercano solo di convincere popolazioni, confuse e impaurite dalla crisi e dall’impoverimento di vasti strati, che stanno “intensamente pensando” ad un ricambio per renderli prosperi e felici. Non troveranno un bel nulla. L’incapacità riguarda però pure i loro oppositori; ne ho già parlato in precedenti scritti, nei video, non ci torno adesso salvo ricordare il loro più grande errore: credere ancora al voto. Ne riparleremo in seguito; dovremo anzi riparlarne in continuazione ormai.
Mettiamoci in testa che è veramente finita un’epoca e siamo al passaggio in un’altra che ancora non conosciamo bene; almeno non vedo nessuno in grado di dire qualcosa di sensato in merito. Sia chiaro che nemmeno io – di vecchia generazione come sono – so come districarmi dal cumulo di eventi contrapposti che si verificano. Tuttavia, lo ammetto e sostengo che il compito dei “veci” è di pensare meglio i caratteri dell’epoca ormai trapassata e di mettere in luce, per quanto possibile, gli errori commessi, il cumulo di credenze ideologiche ormai dissoltesi portando allo sfacelo culturale odierno. Nuove generazioni devono avanzare infine. Non urlando di entusiasmo per finti rinnovatori come questo Macron o altri dello stesso genere; ma nemmeno inveendo contro di lui con parole d’ordine ammuffite quant’altre mai. Perché allora questi giovincelli mostrano di essere ormai intossicati da quel veleno e non riusciranno mai a capire i connotati della nuova epoca; saranno solo capaci di impadronirsi delle innovazioni tecniche, che non sono quelle utili a ricostruire un tessuto sociale più vivibile e adatto a resistere nel futuro ormai dietro l’angolo.
Ricordiamoci comunque una cosetta ancora. Quando si verificano questi trapassi d’epoca, sembra – ai più coscienti di quanto sta avvenendo – che tutto stia crollando, che sia quasi la fine del mondo. In genere, almeno finora, non è mai accaduto. Un’epoca passa, una tormentosa transizione viene compiuta e infine ci si trova in una sorta di “nuova era”, in cui i più vecchi si sentono certamente assai a disagio. Tuttavia, il mondo non è finito e ricomincia un altro e diverso ciclo che poi terminerà come tutti gli altri già trascorsi. Mettiamoci in questa prospettiva. Macron è un’episodio di questa brutta fine di un’epoca, che del resto ha vissuto una pessima transizione soprattutto nell’ultimo mezzo secolo. Purtroppo vedere ancora in TV e leggere sui giornali simili vermiciattoli, assistere ancora impotenti allo spettacolo (come ho già detto altrove, da freaks) che stanno recitando, è penoso e richiede uno stomaco a prova di bomba. Non ci si può far nulla, bisogna accettare la traversata in questo cumulo di spazzatura. E così sia.
PS Un’ultima proprio piccola notazione. Oggi in “Libero” mi sembrava di notare una notevole nausea per l’elezione in Francia. Invece “Il Giornale” non riusciva a nascondere un’intima soddisfazione e a titoli di scatola predicava: “di sola destra non si vince”. E il “nano” si è affrettato a dichiarare: “felice per Macron, l’UE ora deve cambiare”. Come vedete, questa “destra” cosiddetta moderata italiana, ancora influenzata da un essere miserrimo come costui, è perfino peggiore, più laida e disgustosa, di quella francese rappresentata alle elezioni da Fillon. E quegli emeriti sciocchi dei suoi “alleati”, che blaterano contro la Ue, contro l’euro, ecc. non hanno saputo denunciarlo una volta per tutte, tirandogli addosso una “ideale” statuetta che non solo lo sfregiasse, ma lo eliminasse infine dalla scena politica. Ha perfino altri coglioni di italiani dietro a lui. Questi non sono meno peggiori dei semicolti; anzi questo inverecondo personaggio è decisamente più odioso di un Renzi, che dice apertamente quello che è e che vuole; mentre il nanetto si maschera, si nasconde da ormai sei anni (era il maggio del 2011 quando andava a inchinarsi a Obama a Deauville durante il G20). E’ in definitiva un Gano di Maganza che attende la sua “Roncisvalle” alle prossime elezioni. Ma chi non l’ha smascherato e denunciato è colpevole pure lui. Punto e basta con tutta questa genia solo interessata a giocherellare per avere un po’ di voti e andare a muffire in Parlamento.
Interessante – per certificare lo schifo dei giochetti tra questi miserabili che impestano il ceto politico italiano – il possibile accordo tra Pd e pentastellati sulla legge elettorale. Dire chi è il peggiore in Italia (ma non solo qui come abbiamo visto) è in pratica al momento impossibile. Avanti con il pattume! Riporto da ultimo un articolo di Foa che è di assai utile lettura:
http://blog.ilgiornale.it/foa/2017/05/07/macron-presidente-non-illudetevi-sara-un-nuovo-hollande/