QUALCHE PRECISAZIONE
Spesso, nei dibattiti o anche soltanto in alcuni appunti mossimi, trovo che mi si rimprovera di non dare troppa importanza ai sogni, speranze, desideri di chi aspira ad una società migliore. Credo si faccia confusione di piani di discorso come di azione. E soprattutto non si tiene conto delle diverse congiunture storiche. Se uno ha voglia di fantasticare su impossibili società, composte di uomini, tutte pervase di giustizia, di completa libertà, di amore e solidarietà reciproche, ecc., lo può fare come ricreazione dell’anima per conto suo, in termini strettamente individuali. Quando poi ci si mette in azione – e anche fare teoria, propagandare per scritto certi ideali (e ideologie), ecc. è agire; smettiamola con l’idea gretta e limitata di prassi, quasi si trattasse dell’agire ottuso e cieco di perfetti decerebrati – abbiamo l’obbligo di tenere conto di che pasta sono questi particolari animali appartenenti al genere homo sapiens sapiens (denominazione un po’ enfatica e autocelebrativa).
Venendo a discorsi più concreti, e magari terra terra, diciamo che mi sono commosso al film di Kubrik su Spartaco; probabilmente mi accadrebbe lo stesso se vedessi un film su Müntzer e la guerra dei contadini (non l’hanno mai fatto? Non so, non credo). Sulla Comune di Parigi non ho in effetti provato emozioni forti poiché fin da subito mi sono soprattutto concentrato sulla lettura e riflessione delle lezioni, che Marx credé di poterne ricavare (vedi “La guerra civile in Francia”) e che furono poi riportate e commentate da Lenin in “Stato e rivoluzione”. Indubbiamente, mi riferisco a letture di molti anni fa e che adesso non avrei tempo di ripetere; e nemmeno, temo, ne trarrei grande utilità, poiché non mi sembra che in questa fase storica si ripropongano situazioni storico-sociali di quella particolare configurazione. In ogni caso, ribadisco che senz’altro l’esperienza passata non va dimenticata e se ne dovrebbero trarre tutte le possibili indicazioni per l’oggi e per l’immediato futuro. Per i prossimi 50 o 100 anni, mi sembra ci si debba attenere a ipotesi di grande genericità, perfettamente consci che, sicuramente, quelli che vivranno fra un secolo, se ci leggessero, direbbero che abbiamo sbagliato di bel grosso. Se poi qualcuno pensasse ai prossimi secoli, gli proporrei qualche cura psichiatrica.
Sull’esperienza passata, invece, si deve meditare assai, avendo però coscienza dell’ormai più volte dimostrata erroneità delle teorie e credenze in merito a quanto accaduto, ai risultati ottenuti, ecc. Si deve quindi rivedere quanto si è fino adesso sostenuto. In fondo, il sottoscritto va affermando da tempo questo (e soltanto questo). Tuttavia, è abbastanza per lasciare alle spalle quanto pensato e creduto tanti anni prima. Non affermo che si debba condannare quanto abbiamo fatto, nemmeno che ci si vergogni del proprio passato; bisogna però pensare alle nuove generazioni, invitandole a cambiare strada e a concentrarsi su qualcosa di nuovo e di più efficace teoricamente e praticamente. Sempre sapendo che la maggiore efficacia, se effettivamente conseguita, lo sarà solo temporaneamente. Nulla dura troppo a lungo. Non si deve cercare di protrarre per più tempo del necessario certi desideri, che spesso sono belli nei nostri ricordi perché magari ci abbiamo costruito sopra una (ir)realtà di “grande poesia”.
Inoltre, ricordiamoci che sempre esistono anche le speranze e i desideri inseguiti da altri, magari delusi ancor prima dei nostri; e spesso del tutto contrari ai nostri. Quando riusciamo a far prevalere i nostri, siamo in genere abituati a considerarli totalmente mostruosi, mentre potevano avere alcuni lati positivi, che andrebbero anch’essi ricordati e analizzati con oggettività per trarne insegnamenti non inutili. Nelle epoche di grande scontro, siamo settari e perfettamente chiusi a ciò che sostiene il “nemico”; dobbiamo solo annientarlo e prevalere su di esso. Secondo me, è un atteggiamento inevitabile e perfino utile e necessario se vogliamo cambiare qualcosa. Quando infine – come sempre accade, mettiamocelo bene in testa – sono tramontate sia le tesi e le speranze nostre sia quelle degli avversari battuti, bisognerebbe tentare una più fredda valutazione del passato in tutte le esperienze che l’hanno caratterizzato. Dovremmo smettere di presentare noi come grandi idealisti e gli altri come pura nequizia, disumanità e quant’altro. Ancora non intravvedo simile capacità. Nemmeno in me, troppo spesso, non mi tiro fuori.
Tuttavia, almeno comincio ad avanzare seri dubbi che abbiamo capito qualcosa di quanto è accaduto nel secolo scorso. Non è tanto, ma rispetto a quelli che ancora predicano l’antifascismo, la “liberazione” da parte degli americani (che ci hanno occupato e tuttora ci impediscono ogni reale e prospera autonomia), le lotte sociali di un tempo trapassato o la necessità di aiutare i cosiddetti deboli e diseredati che sono solo dei nuovi invasori, ecc., mi sono convinto di avere un po’ più di lucidità. Sarò presuntuoso, certo, ma continuerò così. E monta la mia avversità verso i nuovi, sempre più acerrimi, nemici: tutti quelli che, secondo me, continuano a sognare. Solo che molti fingono il sogno per i loro più sporchi interessi, che stanno conducendo la stragande maggioranza dei popoli europei al disastro. Addosso a questi, abbiamo di nuovo dei “nemici”. Pensate che bello! Possiamo ricominciare ad odiare e a desiderare nuove “pulizie”.