QUANDO GLI AMBIENTALISTI ROVINANO LA VITA AI CONTADINI (scritto per tiscali)
E’ stato arrestato il padre del giornalista e scrittore lucano Andrea Di Consoli (editorialista de Il Riformista, Il Messaggero), reo di aver aggredito e ferito con un coltello un funzionario del Parco del Pollino diventato, suo malgrado, capro espiatorio di una situazione insostenibile attinente alla devastazione dei campi provocata da branchi di cinghiali. Questa volta mi metto dalla parte dell’intellettuale perché considero la sua posizione più ragionevole di quella degli ambientalisti integralisti, di questi tagliagole del progresso, di tali inquisitori dello sviluppo, che pur godendo di tutte le comodità della modernità cianciano di vita frugale e di rispetto dell’ambiente, stando comodamente seduti nei loro salotti dorati da dove guardano, in Pay-Per-View, documentari sulla decimazione delle foche monache versando lacrime di coccodrillo. La natura merita deferenza essendo per noi, allo stesso tempo, madre e matrigna, ma non ci si può abbandonare alla sua forza cieca, non si può lasciarla fare senza imbrigliare e addomesticare la sua potenza perché altrimenti essa diventa una trappola fatale per l’uomo. Pertanto, comprendo la rabbia di chi lavora duramente e si ritrova con un pugno di mosche in mano a causa di qualche mutante, metà panda metà dinosauro, il quale ha deciso che gli animali valgono più dell’uomo, non appartenendo egli né ad una razza né all’altra. Non si tratta di opporre a questa filantropia ecologica d’accatto un neo-prometeismo umano e una visione assolutamente positivistica della vita e della scienza cadendo nell’eccesso opposto. No, qui si tratta qui di denunciare il falso moralismo di questi imbonitori faunistici che si commuovono per le bestie non avendo nessuna pietà per i contadini, di sollevare il disprezzo e lo sdegno per questi riformatori floreali da giardino che si sacrificano per la natura al solo fine di far fiorire i loro grandi affari sovvenzionati dallo Stato. Guardate chi sono gli ecologisti più insigni: lo speculatore Soros, il magnate dell’informatica Bill Gates, l’ex vice-presidente americano Al Gore. Per decenni verdi, animalisti, naturisti di ogni risma hanno generato inutili allarmismi e catastrofismi al fine di dirottare risorse pubbliche sulle loro campagne “ecologically correct”, arricchendosi alle spalle del prossimo. E sono decenni che, di disastro incombente in disastro incipiente, ci raccontano balle sesquipedali, dalla deforestazione imminente allo scioglimento dei ghiacciai incalzante, dal global warming asfissiante al buco dell’ozono bruciante. Già nel 1972, il Club di Roma (la famigerata Trilateral di David Rockefeller) proclamava la vicina fine del mondo per raggiunti limiti dello sviluppo e successiva crisi ecologica, salvo spostare sempre in avanti nel tempo questa distruzione perché gli eventi s’incaricavano di smentire i loro vaticini apocalittici. I nostri ambientalisti, almeno quelli più incalliti e stolti, sono tutti figli di questo parto massonico-plutocratico.
Oggi siamo arrivati all’assurdità che una scrofa vale più di un uomo, che non si possono toccare i boschi anche se c’è bisogno di campi da coltivare (a meno che le produzioni non siano “bio(il)logiche”) perché gli “Adami” con la foglia di fico sugli occhi e i biglietti verdi sul conto hanno deciso che il pianeta deve assomigliare ad un paradiso terrestre dove loro gongolano e tutti gli altri muoiono. Perciò condivido pienamente quello che Di Consoli ha detto in passato sull’argomento e che qui riporto, come un piccolo manifesto di buon senso, a memoria e a profitto di chi non ha ancora mandato il cervello all’ammasso:
“E’ arrivato il momento di dirlo: il Parco del Pollino sta distruggendo una storia millenaria di agricoltura, di pastorizia, la storia di un profondo rapporto tra uomo e ambiente. E io me ne frego che qualcuno armato di leggi e commi voglia vedere tutti questi inutili cinghiali terrorizzare la gente, costringerla alla povertà, causare incidenti stradali. Me ne frego, perché alle bestie preferisco gli uomini: uomini che hanno coltivato queste terre per millenni, e che ora stanno abbandonando i boschi, i fondi, le case, perché “l’Ente Parco preferisce il cinghiale all’uomo”.
E me ne frego, delle lontre, delle aquile, dei lupi, dei cinghiali, se poi gli uomini sono costretti ad andare via, ad abbandonare le terre, a trasformare terre coltivate da millenni in macchie selvatiche inospitali. Me ne frego, caro Paride, della tutela ambientale, se poi gli uomini devono emigrare, oppure ridursi in povertà, o essere processati se hanno sparato per disperazione a uno stupido cinghiale che non serve a niente e a nessuno, e che esce nottetempo per distruggere ogni cosa, per la gioia degli ottusi animalisti che tutto amano fuorché gli uomini” (A. Di Consoli, da Il Quotidiano del 08/09/2011)