QUELLO CHE CI DICONO LE PRESIDENZIALI FRANCESI
Marine Le Pen si è classificata seconda nel primo turno della corsa all’Eliseo, alle spalle del filo-europeista Emmanuel Macron. I due se la vedranno al ballottaggio ma il capo del Front National sembra avere poche speranze. L’élite politica e finanziaria francese, collegata a quella mondialista di matrice statunitense, ha già scelto il suo uomo, anzi lo ha addirittura creato, quasi da zero, intuendo con grande anticipo che Hollande, figlio prediletto dell’establishment e dell’internazionale atlantica, stava dilapidando i consensi suoi e del suo partito. Così, per evitare il classico bagno di sangue elettorale che avrebbe travolto le forze di sistema queste ultime hanno tirato fuori un coniglio dal cilindro. Infatti, nelle recenti presidenziali i socialisti sono precipitati al loro minimo storico, dopo una gestione del Paese vergognosa, in linea con quella di altri governi europei che si ispirano alle stesse malsane idee di sinistra e politicamente corrette. Il dato più sconvolgente, che starà facendo rivoltare nelle tomba il Generale De Gualle, è l’appoggio dell’escluso Fillon, e di altri sedicenti gaullisti, al giovane bankster cresciuto alla corte dei Rothschild ma politicamente prodotto nei laboratori dei poteri globali. Il movimento di cui Macron è alla testa, En Marche!, ricorda, persino nel nome, i gruppi della galassia sorosiana, finanziati dall’estero ed incaricati di destabilizzare gli Stati in cui s’infiltrano, per favorire l’ingerenza statunitense. Macron sta per realizzare una specie di rivoluzione colorata ma molto più raffinata. Chi siano i burattinai alle sue spalle è abbastanza evidente. Otre all’endorsement di Fillon e del socialista Hamon, Macron potrà contare anche sul tacito contributo degli altri candidati perdenti i quali, sicuramente, non daranno indicazione di voto per la Le Pen, descritta come una pericolosa populista e xenofoba. Mi riferisco, in particolare, a Melenchon, candidato di estrema sinistra, attestatosi ad un lusinghiero 19%, che farà valere una pregiudiziale ideologica, benché le sue posizioni sui destini dell’Ue non siano distanti da quelle del FN. L’unica eccezione alla linea Maginot, innalzata contro il FN, quella di Dupont-Aignan, dell’estrema destra sovranista, il cui bacino di voti (4,7% secondo i numeri di questa tornata) è l’habitat naturale della Le Pen. Ma questi spiccioli non saranno sufficienti a spezzare il fronte dei conformisti, per quanto esista una vana speranza che l’elettorato arrabbiato non segua le indicazioni dei leader e si riversi sull’unica componente realmente avversa ai nucli dominanti che però non rappresenta un autentico contropotere, in quanto ancora incantata dalle sirene democratiche.
Ovviamente, tutto il circo barnum comunitario sta esaltando Macron il quale ha ridato speranza agli ideali unitari che rendono, e non da oggi ma dalla sua fondazione, il continente una succursale di Washington. Il partito unico europeista è finalmente visibile, come non mai, da destra a sinistra, passando anche per il centro. In Italia, dal Pd a Forza Italia, si sono tutti schierati con il futuro Presidente dei ricchi, escludendo Salvini e Meloni. Non basta ciò per far capire ai due che devono stare lontani dall’accolita berlusconiana, fucina di tradimenti e di traditori da più di vent’anni? Se Lega e Fdi accetteranno l’ennesimo bacio di giuda finiranno malissimo e se lo saranno meritato, ormai il ruolo di stampella dei prepotenti e corrotti di Berlusconi è così evidente che chi va con lui deve essere considerato, al pari suo, un nemico del popolo italiano. In ogni caso, ci vogliono ben altro che le elezioni per terremotare l’asse europeistico proUsa che domina il Vecchio Continente. Se non sorgono forze e uomini disponibili ad utilizzare altri mezzi, di una certa virulenza, come dice La Grassa, le nostre prospettive di liberazione dal giogo statunitense saranno inesistenti. Le elezioni sono il loro gioco, un gioco in cui il banco, in una maniera o nell’altra, vince sempre.