REGIME CHANGE come GUERRA DI MOVIMENTO in Italia – di Red

La più recente ipotesi interpretativa proposta da G. La Grassa a me sembra molto convincente: dentro la fase di più lunga durata di avvio e intensificazione del multipolarismo fra formazioni particolari della formazione sociale mondiale, si avviano altresì “guerre di movimento” dentro alcune formazioni particolari. In particolare quelle collocate sui “bordi geopolitici” del crescente scontro multipolare. L’avere da tempo individuato la Federazione Russa come primo competitore dell’attuale potenza egemone, che percepisce di essere uscita da una fase monopolare di dominio assoluto, consente a La Grassa di concentrare l’attenzione sulla fascia geografica che va dal Magreb all’Afganistan, passando per Egitto, Turchia ed Iran. Ma questa fascia include, nella specifica geografia di interesse USA, l’Italia.

Intanto una considerazione generale. Quando si fa scienza le ipotesi più valide sono quelle semplici, dove per semplicità si vuole indicare la possibilità di dedurre una soluzione (anche probabilistica) al problema. C’è sempre tempo per arricchire di nuove subordinate l’ipotesi centrale e complicarla. Né vale l’obiezione che l’oggetto di indagine, in questo caso la formazione sociale mondiale e le sue articolazioni particolari, è un oggetto complesso, cioè un sistema dove esistono ampi ed estesi legami non-lineari e retroattività degli effetti sulle cause. Il livello di astrazione cui si pone La Grassa permette di procedere nell’analisi, altrimenti sarebbe come dire che non possiamo misurare la temperatura di un gas perché non conosciamo i singoli moti delle sue molecole. Qui nessuno dispone ancora di una teoria generale delle formazioni sociali capitalistiche, si procede perciò ad un livello macro.

La categoria della “guerra di movimento” permette di spiegare con semplicità l’azione strategica USA, dove confliggono evidentemente diverse strategie ma oggi sembrano prevalere quelle del gruppo che esprime Obama, ed altresì spiega come mai la potenza dominante sembra aver scelto di destituire regimi storicamente alleati ma non più considerati in grado di sostenere le loro posizioni in una fase di crescente turbolenza.

Cosa possiamo prevedere per l’Italia? Il tentativo di regime- change c’è stato: per tutto il 2010 con culmine a dicembre come più volte evidenziato su questo blog. Questo tentativo è fallito ed il disfacimento di FLI ne è la manifestazione superficiale. La Grassa ha già evidenziato alcuni possibili segnali di una svolta: il rinnovato impegno di G.Ferrara accanto a B., il progressivo e solido posizionamento di Tremonti nella finanza internazionale, la timidezza, se non le ambiguità, espressa da chi dovrebbe difendere a spada tratta gli strumenti essenziali (ENI, ENEL, FINMECCANICA) all’autonoma espressione di potenza, seppure limitata e non nazionalista, della nazione italiana.

A me sembra di poter indicare altri segni che, seppure non fossero dotati del medesimo significato, segnalerebbero comunque un’accelerazione nella volontà di sciogliere alcuni nodi storici della lunga crisi politica italiana da Mani Pulite a oggi.

La polemica Della Valle-Geronzi rispetto a chi comanda in RCS/Corsera porta con sé da una parte la politicizzazione di alcuni managers-funzionari del capitale (che si esprimerebbero tramite Montezemolo), dall’altra la questione del finanziamento delle infrastrutture necessarie all’apparato industriale italiano (questione alla quale Geronzi ha dedicato le prime interviste della sua presidenza).

La UE si è rifatta viva sulla questione della legge italiana che istituisce la golden share, dichiarandola non ammissibile e dando due mesi di tempo per rivederla. Il presidente Poli nella sua intervista al Sole 24Ore, ne fa indiretto (…. troppo indiretto) accenno quando elogia Padoa Schioppa che scrisse quella legge esprimendo al contempo preoccupazione per eventuali scalate ostili alle aziende strategiche nazionali (Padoa Schioppa si preoccupava ma ora non c’è più: e Poli? è preoccupato o no? non sembra più di tanto…)

A tutto questo si sommano le nuove nomine nei CdA di tutti gli assets strategici nazionali.

Sembra quindi non esserci più molto tempo per consolidare anche in Italia un regime stabilmente filo-atlantico e subalterno (o al più complementare, sull’esempio FIAT) alla politica di potenza USA in primis nella regione mediterranea. La portaerei Italia deve continuare a servire la proiezione della potenza USA in questo settore. Il fatto è che Mr. Berlusconi, seppure unfit-for-purpose, sembra a suo agio in questa nuova fase di guerra di movimento e capace di ulteriori mediazioni. Per il momento potrebbero bastare Draghi alla BCE, un nuovo gruppo di comando al Corsera, CdA più “spenti” nelle tre majors dell’energia, delle armi e delle infrastrutture e depotenziati da una golden share stile UE.

Come dire: si tengono le barzellette …. ma fanno filotto.

Red

Roma/20 febbraio 2011