RIDICOLE PROVE DI SECESSIONE di M. Tozzato

Il primo dei cinque punti del programma presentato dalla direzione del PDL – attorno al quale si proverà a verificare se sia possibile ricostruire una maggioranza sufficientemente stabile per continuare a governare – riguarda come prevedibile il cosiddetto federalismo fiscale. Il PDL afferma che il <<nuovo sistema non sarà più basato sulla spesa storica dei vari servizi – facendo obbligo allo Stato di pagare a piè di lista tutte le spese e gli sprechi – ma sui costi standard ritenuti necessari per fornire ai cittadini i servizi fondamentali, a cominciare dalla sanità. Con il federalismo fiscale gli italiani avranno servizi pubblici uguali in tutto il Paese e sarà eliminata la differenza dei costi tra il Nord e il Sud.>>
I provvedimenti che saranno emanati (decreti attuativi della legge delega dell’aprile 2009) si inseriranno in una fase in cui i rapporti tra il nord e il sud del paese – anche a causa della crisi globale che come più volte è stato ricordato sarà quasi sicuramente di “lunga durata” – conoscono delle difficoltà particolarmente significative le quali sembrano imporre, questa volta, alcune scelte importanti al fine di scongiurare un conflitto traumatico e pericoloso. Sul Corriere del 29.08.2010 lo storico Ernesto Galli Della Loggia pone il problema in maniera radicale paventando una possibile “secessione”. L’editorialista scrive:
<<la fine della prima Repubblica ha significato[…] la fine degli equilibri economico-sociali (e della relativa ideologia) che avevano reso possibile e accompagnato la secolare industrializzazione-modernizzazione italiana. Con ciò è giunto ad un suo punto critico anche il secolare patto nazionale la cui forma, risalente al vecchio Statuto Albertino, la Costituzione del '48 aveva, sì, profondamente innovato, ma in un certo senso ripreso e confermato.>>
Al di là delle difficoltà per definire in maniera univoca il passaggio tra la “prima” e la “seconda” repubblica rimane certamente il dato incontrovertibile che all’inizio degli anni Novanta si sono andate coagulando forze politiche che, rispetto alla tradizionale suddivisione per ceti e/o classi, hanno cominciato a costruire il loro sistema di identità-appartenenza su basi nuove – facendo leva su elementi prevalentemente geografici, geopolitici e geoeconomici – all’interno del sistema-paese italiano. A questo punto l’editorialista continua così il suo discorso:
<<Il compito che sta ora davanti al Paese è quello di rifondare questo patto. Di rifondare l'unità italiana rinsaldando l'unione tra le due parti decisive della Penisola, il Sud e il Nord. Chi saprà farlo – è facile prevederlo – s'installerà al centro del sistema politico divenendo la forza egemone per un lungo tempo avvenire. Il partito o lo schieramento che vorrà provarci, che aspirerà al ruolo di partito nazionale, dovrà però guardarsi innanzi tutto da un pericolo mortale: quello di apparire (e/o di essere) un partito «sudista»[…].Incorre in tale pericolo qualunque posizione […]la quale, lungi dal capire il fondamento reale del «nordismo» (lo chiamo così per brevità) attribuisce invece a Bossi e alla pura e semplice esistenza della Lega l'origine dei problemi; rifiutandosi cioè di riconoscerne e soprattutto capirne la loro sostanza e portata reali.>>
Effettivamente pensare al panorama politico italiano senza una forza fortemente radicata al “nord”, senza cioè un partito come la Lega o un suo eventuale surrogato,  appare del tutto “fantasioso” per non dire paradossale. Determinate istanze – legate alla formazione di quel tessuto di piccole e medie imprese, soprattutto nel “lombardo-veneto”, che hanno vissuto la loro età dell’oro nel periodo compreso tra i primi anni Ottanta e la metà degli anni Novanta –  dovevano necessariamente trovare un canale politico attraverso cui esprimersi – anche se per un breve  periodo la concorrenza del Cavaliere si è fatta sentire parecchio; tale periodo si è comunque concluso con il “recupero” vincente della Lega negli ultimi anni la quale ha sfruttato anche il vergognoso “cedimento” politico e morale della sinistra cosiddetta “alternativa” che ha “consegnato” una forte componente di operai al partito di Bossi. Galli Della Loggia  osserva perciò correttamente che la
 <<protesta del Nord si fa forte dell'esistenza di problemi reali (inefficienza dell'amministrazione centrale, scarsità d'investimenti infrastrutturali, livello altissimo della fiscalità, a cui si può aggiungere la meridionalizzazione degli apparati statali): problemi che tra l'altro per una parte significativa non sono specifici del Nord, bensì generali dello Stato italiano, anche se al Nord se ne sente di più il peso.>>
E proseguendo conclude  ricordando
<<quello che pure tutti gli osservatori imparziali hanno indicato da decenni come tra i principali, o forse il principale ostacolo di qualunque possibile sviluppo del Mezzogiorno. Vale a dire la paurosa, talvolta miserabile pochezza delle classi dirigenti politiche meridionali, specie locali, protagoniste di malgoverno e di sperperi inauditi, ma che continuano a stare al loro posto perché votate dai propri elettori.>>
La prima spontanea osservazione che si potrebbe avanzare riguarda l’inesistenza di una “classe” dirigente alternativa a quelle attuali di destra, di sinistra o di color “rosa” (Vendola); di questo in realtà lo storico e giornalista si rende conto, mentre noi d’altra parte siamo consapevoli anche  del fatto che il ceto politico leghista è ben lungi dall’aver dimostrato di saper rispondere alle esigenze economiche e sociali delle regioni del nord, e quindi anche dell’intero paese nel suo assieme. La conclusione dell’articolo è, di fatto, un appello ad inesistenti (credo) “salvatori della patria”:
 <<Un partito che oggi volesse avere una funzione davvero nazionale dovrebbe dunque partire da qui. Dal capire senza esitazione le fondate ragioni del Nord e cercare di combinarle con quelle del Sud. Che ci sono, ma non sono presentabili all'opinione pubblica del Paese con qualche possibilità di successo fintanto che non le si strappa dalle mani di chi finora ha governato il Mezzogiorno, da destra e da sinistra, da Napoli a Palermo, nel modo sciagurato che sappiamo.>>

Mauro Tozzato            29.08.2010