Ripensare il ruolo della Banca Centrale Europea
[Traduzione di Redazione da: Reconsidering the Role of the European Central Bank | Stratfor]
In breve
Nelle ultime settimane i media hanno ospitato il dibattito sulla possibilità che la Banca Centrale Europea, o BCE, stia per varare delle misure più aggressive per stimolare l’economia dell’Euro-zona. In particolare, la domanda è se la banca comincerà ad acquistare grandi quantità di titoli di stato e privati – una mossa che è stata finora evitata.
La BCE ha giocato un ruolo fondamentale nel contenere il danno finanziario arrecato dalla crisi europea e nell’evitare la fine dell’unione monetaria. A differenza delle lungaggini decisionali che caratterizzano i negoziati su salvataggi e aiuti alle banche tra gli stati dell’Euro-zona, la BCE è stata capace di decidere e agire rapidamente sulle questioni necessarie a preservare l’unione monetaria.
Tuttavia, la banca gestisce un’unione monetaria di 18 paesi. Le misure che può attuare sono molto più limitate rispetto alle altre banche centrali, e con il persistere della stagnazione economica in Europa deve affrontare sfide più difficili con la propria politica monetaria. Con la crisi che si protrae, ripensare il ruolo stabilizzatore della BCE per l’economia europea diventerà un problema di scottante attualità politica, specialmente in Germania.
Analisi
Durante gli anni della crisi, la BCE ha contribuito alla stabilizzazione dell’euro-zona e al contenimento del costo degli interessi per gli stati deboli acquistando i titoli di stato di paesi come la Grecia, la Spagna e l’Italia. Ha anche garantito la liquidità alle banche e gestito le aspettative dei mercati finanziari annunciando che avrebbe fatto tutto il possibile per salvare l’euro-zona. Sebbene queste azioni fossero necessarie per calmare i mercati finanziari, la BCE non ha avuto altrettanto successo nell’aiutare l’Europa a superare la sua crisi economica.
Il ruolo della banca
Legalmente l’unica competenza della BCE è quella di tenere l’inflazione sotto controllo. Altre banche centrali – la Federal Reserve USA, per esempio – hanno mandato di tenere bassa la disoccupazione. Il ruolo della BCE è un tema ricorrente di dibattito nell’euro-zona. La Francia e i paesi meridionali, disposti ad accettare un’inflazione maggiore in cambio di una più bassa disoccupazione, sostengono che la banca dovrebbe essere più audace nell’aiutare le economie europee mediante la sua politica monetaria (per esempio favorendo un euro più debole per aiutare le esportazioni e garantire credito). I membri settentrionali dell’euro-zona, specialmente la Germania, preferiscono che la BCE si attenga al suo mandato sull’inflazione. Questi paesi temono che una banca centrale troppo intraprendente possa ostacolare gli sforzi dei paesi per aumentare la propria competitività attraverso riforme strutturali, come assicurare una maggiore flessibilità dei mercati del lavoro.
Un altro vincolo per la BCE è rappresentato dalle profonde differenze tra le strutture economiche dei 18 paesi per i quali la banca deve implementare la politica monetaria. Nell’Europa meridionale, consumatori e imprese, specialmente le piccole e medie imprese, non riescono ad ottenere prestiti dalle banche, nonostante i provvedimenti della BCE che hanno tagliato il costo del denaro. Le banche dei paesi in difficoltà sono molto caute nell’elargire prestiti, perché il numero di prestiti non restituiti è in aumento e l’attività economica resta debole. Ciò limita la capacità della BCE di trasmettere la sua politica monetaria all’economia reale.
Opzioni e vincoli
La BCE ha mantenuto i tassi di interesse a un minimo record dello 0,25 percento, ma la stagnazione economica protratta (il Fondo Monetario Internazionale prevede che la crescita dell’euro-zona sarà dell’1,2 percento nel 2014) e l’inflazione bassa, ovunque attorno allo 0,5 percento, stanno spingendo la banca ad intraprendere ulteriori misure. L’opzione di effettuare il quantitative easing – l’acquisto di debito pubblico e privato da parte della BCE – è una delle mosse allo studio, ma probabilmente verrebbe usata solo se fallissero le soluzioni alternative.
Il quantitative easing – già effettuato dalla Federal Reserve USA, dalla Banca d’Inghilterra e dalla Banca del Giappone – comporta per la banca centrale l’acquisto di debito pubblico e privato, come titoli strutturati sui mutui o debiti societari, espandendo in questo modo la base monetaria. In teoria ciò dovrebbe gonfiare la disponibilità di denaro rispetto alla domanda, aiutando a mantenere bassi i tassi d’interesse in tutta l’economia. Ci sono diversi ostacoli acciocché la BCE porti avanti questa politica. Il primo di essi è che la banca non ha la facoltà di finanziare la creazione di debito pubblico (il cosiddetto finanziamento monetario) mediante l’acquisto di tale debito.
Se la BCE cominciasse a comprare il debito pubblico tramite un programma di quantitative easing, la banca dovrebbe verosimilmente affrontare battaglie legali in diversi paesi, il più importante dei quali sarebbe la Germania, dove alcuni gruppi hanno già portato le politiche della BCE davanti alla Corte Costituzionale Tedesca. Anche qualora i vincoli legali venissero sciolti, la BCE dovrebbe decidere il paese del quale comprare il debito. I paesi che contribuiscono la maggior parte del capitale della BCE, come la Germania e la Francia, vorrebbero che la banca comprasse il loro debito, che è il più solvibile ed è considerato più affidabile del debito delle economie in difficoltà, quelle più bisognose di aiuto da parte della BCE.
Probabilmente, prima di cominciare ad acquistare il debito dei governi, la BCE bloccherebbe la sterilizzazione del debito pubblico acquistato dai paesi in difficoltà tra il 2010 e il 2012. Per sterilizzare il debito pubblico, la BCE si assicura che le banche depositino presso la BCE una somma equivalente al valore del debito sovrano che la banca ha acquistato tra il 2010 e il 2012. In questo modo, la banca si assicura che il denaro utilizzato per acquistare il debito sovrano non raggiunga il sistema finanziario sotto forma di liquidità aggiuntiva.
Bloccare il processo di sterilizzazione sarebbe il primo passo verso il quantitative easing, perché a quel punto il sistema finanziario riceverebbe una somma di 170 miliardi di euro (236 miliardi di dollari). Il capo della banca centrale tedesca approverebbe uno stop temporaneo alla sterilizzazione ed ha suggerito che all’interno della BCE ci sia poca opposizione a un tale provvedimento. Ciononostante, la sua legalità verrebbe probabilmente sfidata in tribunale.
Negli Stati Uniti e nel Regno Unito, i programmi di quantitative easing comportano anche l’acquisto di debito privato. Le banche centrali acquistano prodotti finanziari che inglobano i prestiti delle banche commerciali ai cittadini e alle aziende. Acquistare debiti privati aiuterebbe la BCE a schivare l’accusa di praticare finanziamento monetario, dal momento che così facendo non incoraggerebbe la creazione di nuovo debito pubblico. Il problema è che in Europa il mercato di tali prodotti è molto ridotto, limitando così la capacità della BCE di acquistare debito privato.
Non è chiaro fino a che punto gli sforzi della BCE di iniettare liquidità nel sistema finanziario riuscirebbero a stimolare l’economia reale, che non riesce ad accedere ai prestiti. Questo problema accomuna gli altri strumenti a disposizione della banca.
Tagliare i tassi di interesse portandoli a zero e facilitare i prestiti alle banche sono le due scelte meno controverse per la BCE. Tuttavia, i provvedimenti finora presi non hanno avuto gli effetti sperati. Tagliare i tassi di interesse per i prestiti della BCE a favore delle banche e fornire maggiore liquidità (per esempio, tramite un nuovo giro di prestiti a lungo termine che tra il 2011 e il 2012 ha iniettato circa mille miliardi di euro nel sistema finanziario) hanno fatto ben poco per aumentare i prestiti ai consumatori e alle imprese dei paesi in difficoltà. Le banche potrebbero essere incentivate a prestare da un interesse negativo sui depositi. Il tasso sui depositi, cioè l’interesse che le banche guadagnano quando depositano denaro presso la BCE, è attualmente zero, ma la BCE sta valutando dei tassi negativi per incoraggiare le banche a prestare al settore privato invece di parcheggiare il denaro nella banca centrale. Rimane tuttavia dubbio che i prestiti ai privati aumentino. Le banche potrebbero evitare di prestare ai paesi periferici persino in presenza di tassi di interesse negativi presso la BCE. Le banche potrebbero utilizzare le proprie riserve per ripagare i propri prestiti, piuttosto che aumentare il numero di prestiti esterni. Esse potrebbero anche aumentare i tassi di interesse, specialmente nella periferia, cosa che finirebbe col danneggiare ancora di più imprese e consumatori.
La BCE potrebbe anche prendere delle misure per facilitare l’uso del debito privato detenuto dalle banche commerciali come garanzia per ulteriori prestiti presso la BCE. Di nuovo, il problema è che è difficile intervenire su un settore o un paese specifico. Con tutta probabilità le banche indirizzerebbero i nuovi prestiti facili verso l’Europa del nord, dove le imprese sono ancora finanziariamente solide, trascurando le piccole imprese familiari degli stati in difficoltà come Spagna e Grecia.
Al di là degli ostacoli tecnici, la BCE è verosimilmente riluttante a spingere troppo le banche verso i prestiti ai settori in difficoltà. I funzionari della BCE fanno spesso notare che la banca non può ovviare alle inefficienze e alla bassa competitività delle economie dell’euro-zona. La banca centrale non può prendere il posto del sistema bancario nel valutare quali clienti siano degni di fiducia, perciò esiste il rischio che costringere le banche a prestare di più potrebbe gradualmente destabilizzare quello stessa sistema bancario che la BCE sta tentando di salvare.
La comunicazione è il primo passo
La paura della deflazione rende ancora più urgenti i tentativi delle banche di far ripartire l’economia reale mediante la politica monetaria. Il tasso di inflazione nell’euro-zona è ben al di sotto dell’obbiettivo della BCE del 2 percento, e al momento viaggia attorno allo 0,5 percento. Comunicare la propria determinazione ad agire in proposito è il primo passo per influenzare i mercati finanziari. La promessa del luglio 2012 di fare tutto il possibile per salvare l’euro-zona riuscì a stabilizzare i mercati finanziari senza che la BCE dovesse fare alcun passo concreto. I recenti commenti dei funzionari della BCE, e le soffiate circa il presunto quantitative easing, sono state orchestrate per ottenere un effetto simile.
La BCE sa che il quantitative easing è una scelta molto discussa, e probabilmente non è ancora pronta a realizzarla, anche se ne sta lasciando trapelare l’idea per sondare il sostegno che incontrerebbe nei mercati finanziari e tra i politici.
Per riuscire ad evitare le potenziali battaglie legali che queste politiche controverse comporterebbero, la BCE avrà bisogno di un solido supporto politico, specialmente da parte delle due maggiori economie dell’euro-zona, Francia e Germania. Quando fu creata l’euro-zona, la Francia accettò la richiesta che la BCE si occupasse solamente di tenere l’inflazione bassa, come la Bundesbank Tedesca. Ma, per via della crisi europea, il mandato della BCE è di nuovo argomento di discussione.
La crisi economica ha raggiunto la Francia, e Parigi si trova sempre più a disagio di fronte al ruolo limitato della BCE. Oggi la Francia ha più possibilità che non in passato di convincere la Berlino che la banca dovrebbe avere maggior spazio di manovra per stimolare la crescita economica, invece di concentrarsi sull’inflazione. Per la Germania, salvare l’euro-zona è un interesse strategico, ma sarà difficile convincere i Tedeschi della sua importanza e ottenere l’approvazione di istituzioni quali la Corte Costituzionale.