SAIPEM riprende i lavori del South Stream di Piergiorgio Rosso

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La notizia è stata data su vari giornali senza particolare enfasi e senza particolari approfondimenti, in modo tale da ingenerare confusione. Vale la pena fare un po’ di chiarezza per chiarire meglio i fatti in corso sul campo e guidare le possibili interpretazioni.

Come è noto Putin annunciò la sospensione del progetto South Stream parlando dalla Turchia il 1.mo dicembre 2014. Contestualmente dichiarò che la Russia avrebbe continuato ad onorare il suo impegno a rifornire di gas naturale (GN) i suoi clienti europei, ma in un nuovo punto di consegna presso il confine turco-greco. In quel giorno nacque nella pubblicistica internazionale l’espressione Turkish Stream in contrapposizione al South Stream. Ora, se dal punto di vista geo-politico l’annuncio è stato dirompente, dal punto di vista ingegneristico lo fu molto meno. Basta osservare la carta geografica del Mar Nero per capire che il percorso di un gasdotto sottomarino diretto dalla costa russa alla costa bulgara, potrà essere indirizzato verso la costa turca con una relativamente lieve modifica, in un punto dove tra l’altro esiste già una stazione di compressione di GN operata dai turchi a servizio anche di Bulgaria e Romania.

La posizione contrattuale di SAIPEM nei confronti di Gazprom – o meglio della sua sussidiaria South Stream Transport BV – è sempre stata molto chiara: una “sospensione” dei lavori è accettabile fino ad un certo periodo di tempo dopo il quale avrebbe potuto esigere la “terminazione” del contratto ottenendo da Gazprom il pagamento di pesanti penali. Quindi una posizione di attesa. Il recente annuncio di SAIPEM contiene dunque due informazioni implicite: GAZPROM realizza l’infrastruttura decisa dal Cremlino secondo la via di minor impatto di costo e quindi sfruttando il progetto del South Stream al massimo possibile (in realtà rimane il dubbio che il nuovo percorso duplichi il Blue Stream fino a Samsun, ma lo riteniamo meno probabile dopo questo annuncio) ed assegnando i lavori agli stessi fornitori. Più importante, Gazprom ha raggiunto un accordo operativo con le sue controparti turche, in particolare BOTAS, per la consegna del GN.

Per SAIPEM quindi un’ottima notizia trattandosi di un’infrastruttura colossale: 4 tubazioni da 32” (800 mm) che corrono in parallelo per 930 km a 2200 m di profondità.

Per la Turchia un successo su più fronti: economico, assicurandosi un’entrata futura significativa con il pagamento dei diritti di transito; politico, aumentando la sua leva con la UE; strategico, assumendo il ruolo di fondamentale via di transito per tutti i potenziali venditori di GN all’Europa, dall’Azerbajan, all’Iran, Turkmenistan compresi Israele e Cipro.

Per la UE ora si pone la scelta tra l’andare ad un accordo con la Russia, approntando le necessarie infrastrutture per portare il GN russo dal confine turco-greco alle nazioni balcaniche fino all’Austria, oppure andare allo scontro appoggiandosi sul suo “diritto” di mantenere come punto di consegna del GN russo il confine ucraino-occidentale. Non c’è molto tempo da perdere perché i contratti in essere con la Russia scadono nel 2019 e a quella data il gasdotto ucraino potrebbe diventare un tubo voto.

Che sia un successo pieno della Russia è ancora da vedere.

Il nuovo Balcan Stream

Per mantenere una sua residua influenza in Europa – in particolare nell’Europa Centro-Orientale – la Russia deve – tra altre cose – assicurarsi la continuità degli attuali contratti di fornitura di GN. Quindi deve garantirsi che il GN trasportato in Turchia possa effettivamente entrare in almeno alcune nazioni chiave, quelle che avevano già aderito al progetto South Stream. Si tratta di in particolare di Ungheria, Serbia e Austria quest’ultima perché non vuole perdere il suo attuale ruolo di principale centro di contrattazione del mercato libero europeo di GN (snodo di Baumgarten). Nel momento in cui la Bulgaria si è dimostrata non in grado di sostenere le pressioni USA/UE contrarie al South Stream, l’unica rotta disponibile per arrivare in Serbia ed Ungheria è passare per la Macedonia. Qualcuno ha giustamente battezzato questa via come “Balcan Stream”. Si fanno notare i significativi movimenti diplomatici che hanno interessato Ungheria, Macedonia, Serbia, Grecia e Turchia negli ultimi mesi che danno concretezza all’ipotesi. A supporto ulteriore valga la recente dichiarazione del Ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov. Non poteva mancare infine il tentativo di una “rivoluzione colorata” in Macedonia, basata su intercettazioni telefoniche compromettenti di dubbia provenienza, sventato però nel gennaio 2015 dal Primo Ministro Nikola Gruevski con l’arresto dell’ex capo dei servizi macedoni e con il ritiro del passaporto al rivale Zoran Zaev accusato di tradimento. Le tensioni però restano scivolando su vecchie questioni etniche fra macedoni e la consistente minoranza albanese.

Se è vero che la recente decisione di Gazprom di riprendere i lavori con SAIPEM segnala che i russi considerano sufficientemente stabilizzata la situazione politica nell’Europa Centro-Orientale, non si può non considerare la vicenda del Turkish Stream ancora estremamente fluida. In particolare considerando che la Turchia, paese NATO, sta subendo i vincoli politici ed economici che derivano dall’avere due guerre ai suoi confini Est e Sud, in entrambe delle quali dovrà giocare un ruolo decisivo per ottenere una stabilizzazione. Ruolo che gli USA sono disposti a concedere, ma a costo di un pieno allineamento della Turchia alla politica di accerchiamento/contenimento della Russia.