SCENARI DELL’EST
SCENARI UCRAINI
Sembra che i vertici ucraini siano finalmente addivenuti a più miti consigli. Il percorso per la concessione dello statuto speciale alle regioni dell’est non ha trovato grandi ostacoli nella Rada, anche se il Presidente Poroshenko ha accusato alcuni parlamentari, che non hanno votato a favore della nuova legge, di rendersi responsabili di un’eventuale altra guerra, su vasta scala, con la Russia. Il Presidente ucraino avrebbe anche ammesso, al cospetto dei deputati, di aver discusso tutte le iniziative per il Donbass con Vladimir Putin, il quale viene costantemente tenuto aggiornato sugli sviluppi della situazione, in particolar modo sulla tenuta del cessate il fuoco. Tuttavia, con l’esercito di Kiev che ancora occupa una parte del territorio di cui si parla, il clima resta incandescente. Persistono, inoltre, molti dubbi sui confini amministrativi delle zone che godranno effettivamente dei privilegi autonomistici, essendo alcune aree ancora sotto controllo dei regolari. La Russia punta alla continuità di quella fascia di terra che va da Lugansk a Kherson per ricongiungere le province separatiste alla Crimea. Il Governo non è convinto di questa soluzione ma potrebbe non avere scelta, sebbene proverà a vantarsi di esser riuscito a preservare, almeno formalmente, l’integrità territoriale della nazione, tanto con le istituzioni estere, dalle quali si aspetta un cospicuo aiuto finanziario, che con le frange del nazionalismo estremista, le quali lo minacciano dall’interno. I recenti disordini della Capitale, con Pravy Sektor che sta presidiando i palazzi del potere, inseguendo e picchiando funzionari e politici, rendono l’aria alquanto tesa. Inoltre, la scomparsa del nemico esterno che giustificava, agli occhi della popolazione, i sacrifici chiesti dallo Stato, finalizzati alla sedicente liberazione del Paese dall’invasione straniera, riapre le annose problematiche economiche di cui l’Ucraina soffre da lunga pezza e che sono andate aggravandosi dopo i giorni di Majdan e l’operazione “antiterrorismo” nell’Est. La guerra ha prosciugato le casse ucraine. Yatseniuk ha parlato di 5 mld di dollari ma la cifra appare fortemente sottostimata. A tala somma occorrerà comunque addizionare i costi di ricostruzione del Donbass che ammontano almeno a 8 mld di dollari. L’Ucraina non ha tali disponibilità e senza l’intervento della Russia i cumuli di macerie provocati dal conflitto tra Donetsk e Lugansk resteranno accatastati sul posto. Mosca però accetterà di accollarsi le spese di ripristino urbano ed industriale dello spazio in questione per dimostrare di essere l’unica a poter esercitare influenza e sovranità su quel suolo. Se Kiev non fornirà garanzie sufficienti in questa direzione tutto potrebbe essere rimesso in discussione, compresa la tregua. Il grande problema degli attuali dirigenti ucraini è di tenere a bada gli ultranazionalisti di destra che non hanno digerito quella che considerano una vera e propria resa a Putin e ai moskal. Infine, senza un nuovo accordo con la Gazprom sul prezzo delle forniture energetiche, Kiev rischia di passare al gelo l’inverno e di non poter rimettere in moto il suo apparato industriale. In ogni caso gli ucraini non dovranno tirare altri brutti scherzi cosicché i russi possano tornare ad allungare loro una mano, anche dopo quanto successo. C’è sempre tempo per le vendette che, come tutti sanno, vanno gustate fredde. L’Ucraina è già fallita e prima o poi dovrà ripresentarsi, volente o nolente, col cappello in mano alla “corte degli zar”.