Se l’Italia avesse Vienna come Capitale
L’Austria è membro dell’Ue dal 1995. Non fa però parte della Nato e rivendica la sua storica neutralità in ambito militare. Forte di questa autonomia (ma anche di probabili suggerimenti tedeschi), ieri il suo Presidente Heinz Fischer ha incontrato l’omologo Vladimir Putin a Mosca. Fischer era accompagnato nel suo viaggio dal Ministro degli Esteri Sebastian Kurz e dal Capo di Stato Maggiore delle forze armate austriache, il Generale Othmar Commenda, che, come riporta Libero, di fronte al collega russo Valery Gerasimov ha esclamato: “Sono qui perché non obbedisco a ordini altrui su chi posso incontrare e chi no”. Evidentemente, Bruxelles e Washington hanno provato ad interferire nella visita di Stato austriaca in Russia ma non hanno ottenuto l’effetto desiderato. Vienna, benché non sia propriamente una potenza militare e politica, non intende farsi condizionare dai partner europei e dai gendarmi statunitensi nei suoi affari strategici. Fischer ha detto chiaramente che le sanzioni alla Russia sono prive di senso perché il Cremlino non costituisce una minaccia per l’Europa. Per questo il suo Paese farà di tutto, nelle sedi opportune, affinché siano cancellate.I due leader hanno messo in evidenza le relazioni tra le due nazioni in vari settori produttivi ma soprattutto nella cooperazione energetica che va avanti da quasi cinquant’anni. L’Austria, tramite la Österreichische Mineralölverwaltung, detiene il 10% delle azioni del gasdotto North Stream 2 ed il 25 % di quelle dei giacimenti metaniferi russi di Urengoy. In tutto questo tempo Mosca ha riversato in Austria 190 miliardi di metri cubi di gas con un’affidabilità nelle forniture senza pari. Ulteriori programmi sono in corso di sviluppo, come la realizzazione, sempre in Austria, di un impianto sotterraneo di stoccaggio del gas che diventerà il secondo in Europa dopo quello di Rehden, in Bassa Sassonia. Nonostante le sanzioni anche il deposito tedesco, grazie al parere favorevole della Commissione europea, è rientrato nel 2014 in un accordo di compravendita tra la Gazprom russa e la compagnia chimica tedesca BASF. In cambio della cessione del sito d’immagazzinaggio la società teutonica avrà accesso allo sviluppo di un filone di oro blu in Siberia. Solo l’Italia è stata costretta a rinunciare, a causa di forti pressioni internazionali e senza che fossero ascoltate le sue ragioni, al gasdotto South Stream, sempre in collaborazione coi russi. Per noi non c’è stato nulla da fare perché il nostro establishment non ha mai opposto alcuna resistenza alle ingerenze straniere. Da ultimo, anche il Premier Renzi ha recentemente dichiarato che non lui non avrebbe perso la faccia per due tubi mentre, come dimostrano gli eventi, è tutta la nazione che sta perdendo la dignità contro chi ci obbliga dall’esterno a scelte autolesionistiche. Con questa mancanza di coraggio non si va da nessuna parte ed, infatti, l’Italia sprofonda vieppiù in uno stato di coma profondo, complici i servi di sinistra e di destra. Da noi si litiga per le trivelle dopo aver mandato in fumo la possibilità, partecipando alla costruzione delle infrastrutture di trasporto e di estrazione, di approvvigionarci del gas russo a costi convenienti e a quantità adeguate ai fabbisogni generali. Con un mix virtuoso tra produzione casalinga e acquisto di materia prima all’estero sarebbe stato più facile salvaguardare gli equilibri finanziari e sociali del nostro Paese. Ora, invece, siamo in pieno caos e con le pezze sul sedere.
Ps.
Gli olandesi, con un referendum, si sono espressi contro l’ingresso dell’Ucraina nell’UE. Vedremo se anche questa volta Bruxelles deciderà d’ignorare la volontà popolare impipandosene della democrazia. Se le classi dirigenti continentali ascoltassero di più i propri cittadini anziché concorrere, insieme agli americani, a destabilizzare i vicini, eviteremmo questo cortocircuito. Con il pretesto idealistico di difendere Kiev, da un’inesistente aggressione russa, Washington ci ha cacciato volutamente nei guai. Voleva che rompessimo coi russi per i suoi calcoli geopolitici. L’Abbiamo fatto ed ora ne paghiamo le conseguenze economiche e politiche. Pure un cretino lo capirebbe. Ma a Bruxelles non sono cretini. Sono peggio, perché servi.