SECONDO L’EU LA RUSSIA STA PER COLLASSARE
La Commissione Europea prevede che la recessione in Russia si aggraverà. E’ sempre facile fare i conti nelle tasche altrui, soprattutto quando si vuole sviare l’attenzione dalle proprie.
Secondo gli analisti di mezzo mondo l’economia di Mosca aveva i giorni contati, a fortiori con l’introduzione delle sanzioni di Usa ed Ue in seguito all’annessione della Crimea contestata dalla Comunità Internazionale. I bassi prezzi del petrolio imposti dal cartello saudita avrebbero fatto il resto, colpendo un sistema che ha nell’eccessiva dipendenza dalle esportazioni di materie prime il suo tallone d’Achille. Sono passati mesi ed anni ma lo sfracello non si è visto. E quando mai gli economisti ci hanno azzeccato? Non mancano le difficoltà sotto il Cremlino ma di questi tempi chi non ne ha?
Semmai, è in Europa che le cose vanno davvero male. Oltre ai ben noti problemi economici ci sono quelli politici. Anzi, i primi sono accresciuti dall’assenza di una visione strategica di Bruxelles che sbaglia ad identificare i pericoli ed ancor più a riconoscere le sue cattive frequentazioni sulla scacchiera mondiale.
In ogni caso, difficoltà finanziarie e incomprensioni identitarie, sembrano senza soluzione e possono effettivamente aprire le porte alla dissoluzione dell’edifico unitario. Ma anche come cadavere che cammina c’è chi ha interesse a che l’Unione sopravviva. Sappiamo di chi si tratta. Alcuni membri minacciano di uscirne ma non sono sinceri, infatti, (ab)usano (del)l’abbandono possibile per spostare i rapporti di forza e cavalcano subdolamente le campagne di fuoriuscita per farle fallire. Questo è il Brexit. Dietro altre simulazioni defezionatorie agiscono le diatribe tra potenze nostrane che rivendicano la leadership e si fanno i dispetti per interposte zone d’influenza all’interno dello spazio comunitario (ma anche fuori), senza però mettere mai in discussione il vincolo esterno che ci stringe a Washington. Questo è il Grexit. Anche queste sono pertanto reciproche intimidazioni a vuoto che non cambiano lo scenario fondamentale di sottomissione dell’area al polo americano. Tali circostanze certificano l’inesistenza di una politica estera dell’Ue, elemento determinante di una fase storica in cui vanno ridisegnandosi gli equilibri geopolitici del pianeta. Ognuno fa di testa sua ma nessuno ragiona col proprio cervello. Si tratta di rompere certi schematismi che ci legano anacronisticamente al campo occidentale di cui gli States sono ancora il centro attrattore ma in condizioni diverse dal passato. Occorre trovare una concreta unità d’intenti sulle tematiche dirimenti dell’epoca in essere e sulla direzione da intraprendere per reinventarsi protagonisti del presente e del futuro. Tuttavia, nessuno si accolla la responsabilità di una rottura con gli Stati Uniti che fanno ancora molta paura. Senza una consonanza con Mosca questa opzione diventa effettivamente poco praticabile per chiunque, anche per la potenza tedesca che al momento pare quella meglio attrezzata e perciò vituperata dai filo-atlantici di ogni ambito. Berlino ci mette del suo e non fa molto per migliorare la sua immagine al cospetto dei popoli europei, bombardati dalla cattiva informazione sull’austerity e la prepotenza fiscale da essi presuntamente esercitata.
La Merkel non è all’altezza del compito, ci vorrebbe ben altro per esprimere una egemonia positiva per le sorti europee, anche se, tra i suoi omologhi, la Cancelliera è quella che coltiva una prospettiva politica meno ristretta e supina al volere d’oltreoceano.
L’Europa dovrebbe proporre una diversa architettura delle relazioni eurasiatiche, anche a livello teorico, per costruirsi un’alternativa nel palcoscenico multipolare in ebollizione. Non c’è iniziativa di rinnovamento che, almeno inizialmente, non sembri cozzare con la dura realtà. Ma lasciando le cose così come sono non ci sarà via di scampo per noi. L’Europa sarà eletta a terreno di scontro tra forze soverchianti, attraversata da dinamiche conflittuali sulle quali non avrà incidenza e che la scuoteranno paurosamente. Le tensioni che si svilupperanno lungo le linee di faglie multipolari e policentriche, per la predominanza mondiale, la colpiranno da ogni lato, lasciandola tramortita e priva di volontà. (All’Italia, in quest’ottica, andrà pure peggio essendo da secoli lo stivale di molti piedi stranieri). Le si appresta, insomma, un tragico destino, quello dell’arena in cui si scaricano le energie e le contraddizioni del caos di fronte alle quali resterà disarmata e devastata. Altro che collasso della Russia. Eppure i nostri centri studi continuano a produrre spazzatura che proietta sul capo altrui i macigni che ci stanno piovendo addosso. Per esempio, uno di questi ha recentemente profetizzato la fine del regime di Putin. Si tratta di un documento dell’ European Council on Foreign Relations nel quale si scrive che oramai la Russia è uno Stato che si regge sulle armi più che sul consenso. Davvero strano se si guardano ai sondaggi che accordano all’establishment guidato da Putin il 90% del favore popolare. Inoltre, la Nato spinge sull’acceleratore degli armamenti almeno quanto Mosca e soprattutto sulla periferia europea. Da questo presupposto falsificato dai fatti si evince che la classe dirigente russa starebbe per crollare. Addirittura nel giro di un anno. La combinazione di varie minacce – dalla crisi economica ai tagli sociali, dal terrorismo esterno (proveniente dalla Siria) a quello interno (il Caucaso), sino al conflitto in Ucraina – farà esplodere la Russia. A guardarle bene sono le stesse minacce che mordono i polpacci all’Occidente ma, evidentemente, per i nostri esperti, le risposte europee saranno migliori di quelle russe. Sul tema del terrorismo lo si è visto negli attentati di Parigi e di Bruxelles. Su quello finanziario non ne parliamo. Il libero mercato termina sulla soglia di una grande banca da salvare. Superiamo la crisi negando l’evidenza e ricorrendo ad abbondanti iniezioni di fiducia. Fiducia che neghiamo continuamente a chi è schierato al nostro opposto. Quanto a decurtazione della spesa pubblica e dei servizi sociali non siamo secondi a nessuno. La maniera in cui (non) stiamo reggendo alle sanzioni contro Mosca, che ci rovinano più di quanto ci avvantaggino, è proverbiale. I conflitti territoriali, come quelli che si annunciano nell’area balcanica, saranno presto paragonabili a quello ucraino. Ma a chi vogliamo dare lezioni?
Un altro dato, che emerge dalla disamina dell’European Council on Foreign Relations, ci lascia ugualmente perplessi. Putin si starebbe isolando al potere per timore dei colpi di mano, sostituendo gli uomini più preparati del suo entourage con adulatori e servi. La paranoia dello zar però non è niente in confronto a quella delle burocrazie europee che sono sature di imbecilli e camerieri alle dipendenze delle consorterie politiche e finanziarie d’ispirazione americana. Almeno in Russia non prendono ordini da fuori benché, ovviamente, anche lì esistano trame di ogni genere per accaparrarsi il potere. Tuttavia, i russi non firmano alla cieca accordi di libero-scambio dai quali otterranno maggiore sottomissione. Per di più, Bruxelles vuole essere faro di democrazia ma non tiene in gran conto le consultazioni tra i suoi cittadini. Vorremmo ricordare che in Aprile l’Olanda ha votato contro l’adesione dell’Ucraina all’Europa ma già il giorno appresso la Commissione procedeva sulla strada della liberalizzazione dei visti per i cittadini dell’Ucraina con l’intento di accelerare l’integrazione di Kiev nell’Ue. Bella coerenza.
Il problema demografico. In Russia la popolazione continua ad invecchiare ad una velocità pericolosa ma Putin e la sua cerchia non ne hanno colto i rischi. In Europa, invece, abbiamo capito tutto e abbiamo risolto il dilemma con un colpo di genio, aprendo le frontiere a chiunque, esponendoci ai flussi migratori incontrollati che ci causano difficoltà sociali ben più perniciose.
La rigidità del sistema. Un sistema politico fortemente centralizzato, che si basa su un leader carismatico, è incapace di rigenerarsi se il capo viene a mancare, se viene screditato o se improvvisamente muore ecc. ecc. Basta un urto per sconvolgere tutto l’apparato. Ammesso e non concesso che questa sia la descrizione del sistema russo, vogliamo parlare della leadership europea che non è carismatica, non è forte, non è unitaria e sopperisce a tutte queste mancanze nascondendo ai cittadini i suoi piani (vedi ancora gli accordi segreti sul TTIP) o, persino, evitando di coinvolgerli sugli argomenti dove teme di uscire sconfitta o contraddetta?
Noi scommettiamo che tra un anno la Russia sarà ancora al suo posto, con o senza Putin, perché quest’ultimo, sebbene figura magnetica e simbolo della rinascita russa, non esaurisce nella sua individualità un progetto collettivo esitato da un nucleo dirigente di non risibili proporzioni che saprà esprimere altri presidenti e altri collaboratori. Scommettiamo che nel lungo periodo essa sarà ancora il principale antagonista degli Usa, così come alcuni segnali epocali lasciano intendere. Chissà se potremo dire lo stesso dell’Europa Unita, questo cadavere politico che cammina come un gambero, con gli occhi rivolti ad uno scenario geopolitico quasi estinto. La Vecchia Europa è ormai soltanto un’Europa Vecchia con la badante americana che la tiranneggia e la schiaffeggia non appena alza la testa. Non diciamo in un anno ma in qualche lustro, se non cambia carattere e si ravviva, il defunto sarà seppellito.