SEMPRE A DOVER RIPETERE PER I SORDI (DI TESTA), di GLG 29 gennaio
SEMPRE A DOVER RIPETERE PER I SORDI (DI TESTA), di GLG 29 gennaio
1. In effetti, è noioso ripetersi, ma sembra proprio che il cervello umano si sia annebbiato da un po’ di tempo in qua (almeno da quarant’anni, con accelerazione negli ultimi venti e impennata negli ultimi 4-5). Allora “ritorniamo sul luogo del delitto”.
Se qualcuno usa violenza contro di me (un “me” generico, voglio indicare tutti gli aggrediti), sono per rispondere con doppia violenza. C’è “terrorismo”? E si terrorizza ancora di più. Ritengo balorda inoltre tutta questa accoglienza di emigrati da ogni parte d’Africa; o da qualsiasi altro paese. Una netta frenata s’impone. Ed io ne sono favorevole, alla faccia dei “buonisti”, molti dei quali mirano soltanto ad avere un giorno masse di manovra per il loro giochi sporchi e meschini. E’ chiaro fin qui?
Adesso, dopo gli attentati terroristici a Paris (chiaramente pieni di interrogativi che non troveranno mai risposta quasi sicuramente), il “mondo occidentale” si è diviso in due: quelli che urlano e straparlano di Islam moderato che deve essere aiutato contro quello feroce e distruttivo; quelli che preconizzano una sorta di “guerra santa” perché quella religione è primitiva, intrisa solo di violenza e uccisione degli infedeli. Gli islamici sono tutti di una stessa pasta – sostengono questi secondi – anche se alcuni si mascherano meglio e sono quindi anche più pericolosi. Si ritorna inoltre allo scontro di civiltà, dove la vera civiltà è ovviamente la nostra. Dall’altra parte, i “benpensanti democratici e antirazzisti”, e naturalmente “progressisti”, rispondono con la necessità di una reciproca tolleranza, preludio ad una autentica comprensione reciproca. Il tutto condito con la solita balla che la diversità arricchisce, mentre è in genere foriera di impoverimento, di comunicazione distorta, di comprensione a parole e crescita della reciproca diffidenza, e spesso inimicizia, nei fatti. Il contatto tra diversità deve essere molto accorto, attuato con lenta progressione, capacità di mantenere le differenze con inevitabili tensioni che sia possibile indirizzare in senso costruttivo; altrimenti porta solo alla perdita di propri connotati culturali, alla confusione dei “linguaggi” (non sto parlando solo di lingue) e, alla fine, ad una necessaria resa dei conti.
2. Chiarito brevemente tutto questo, la mia personale insoddisfazione per quanto si sta verificando ormai da tempo si accresce egualmente sempre più. E’ da molto tempo ormai che si assiste alla completa distorsione nell’analisi dei processi in corso nel nostro paese, ma in quanto parte di una precisa area che, durante l’epoca bipolare, era detta “occidentale” (pur se comprendeva anche il Giappone) e che oggi, dopo lo sprofondamento del sedicente “socialismo reale”, si è arricchita di numerosi paesi dell’Europa orientale, ai confini della Russia. Persino quest’ultima, durante quasi un decennio, è stata quasi lì lì per essere ricompresa nella sfera d’influenza del paese predominate in “occidente” durante il bipolarismo: logicamente parlo degli Stati Uniti.
Il crollo del “polo socialista” non ha però arrestato la progressiva dissoluzione di quello che fu detto Terzo Mondo (i paesi indicati come sottosviluppati o, abbastanza risibilmente, in via di sviluppo). Oggi, in quest’area emergono paesi che, almeno tendenzialmente, sembrano destinati ad acquisire il ruolo di potenze o sub potenze; forse adottando un linguaggio tradizionale, di altra epoca, ma comunque a mio avviso ancora utilizzabile. La Cina è già da un bel pezzo fuori dal sedicente terzo mondo; e così pure ormai India, Brasile e molti altri paesi sudamericani, asiatici, meno gli africani mi sembra. In ogni caso, nella fase attuale e sicuramente per un bel po’ d’anni, i due paesi che sembrano destinati a divenire potenze di tutto rispetto sono Russia e Cina. Ci si avvia progressivamente, come detto molte volte, verso una situazione di multipolarismo, che dovrebbe sfociare nel policentrismo accentuato – quella situazione che un tempo fu definita imperialismo – con scoppio di conflitti maggiori fra le potenze con accodati una serie di altri paesi di varia forza.
La dirigenza degli Stati Uniti – so che non è unica, so che dipende da diversi centri di potere, che non a caso si danno il cambio, e anche in conflitto tra loro, a seconda delle diverse fasi e della diversa interpretazione delle stesse – ha in un primo tempo affermato la propria preminenza, pensando d’essere ormai l’unica in grado di dettare legge, con metodi aggressivi diretti; posti in essere nei confronti di paesi (tipo Afghanistan e Irak) in un certo senso secondari. I colpi apportati volevano solo mantenere un maggior ordine in date aree dalle quali controllare gli andamenti in corso in altri paesi e altre aree. L’operazione sembra non essere andata troppo a buon fine. Più che altro, però, perché ci si è dovuti accorgere che in realtà la supremazia statunitense non era in grado di stabilire d’emblée una situazione “imperiale”, di tipologia monocentrica. Soprattutto, malgrado non si notino tuttora grandi effetti di indebolimento, tale supremazia ha messo in mostra alcune possibili incrinature proprio in un’area come quella europea che, malgrado tutte le chiacchiere sulla sua decadenza (effettiva, sia chiaro), resta cruciale per gli Usa, perfino di più di quella sudamericana, considerata un tempo il “giardino di casa”, oggi abbastanza invaso di “erbacce” (ma non eccessivamente pericolose).
I paesi europei, dopo settant’anni di predominio politico, economico e culturale d’oltreatlantico, sembrano lontanissimi da ogni possibilità di rinascita indipendente. Chi ha il polso della situazione – grazie anche ad organismi come la Nato e la assai più recente UE, di fatto una sorta di sua emanazione politico-economica – sa vedere più lontano. E non può non ricordarsi la nascita della potenza della nazione americana. Lotta di indipendenza contro la nazione che l’aveva a lungo dominata quasi fosse un suo prolungamento e di cui aveva assorbito lingua e cultura per lungo tempo; una sanguinosissima guerra civile contro quella parte di se stessa che continuava ad essere economicamente e culturalmente subordinata all’Inghilterra, alla propria “cugina” d’elezione. “Parenti serpenti” si dice; e l’Europa – malgrado il suo allargarsi ai paesi dell’ex “socialismo”, che vedono la Russia come fumo negli occhi e sono vicini agli Usa più ancora degli altri paesi europei – potrebbe magari diventare il tallone d’Achille della supremazia Usa.
Serpeggia qua e là, anche se a mio avviso con scarsa determinazione e poca lucidità, qualche anelito indipendentista. Gli Stati Uniti hanno ancora una buona supremazia, ma non dormono comunque sugli allori. Per cui stanno tastando in molti modi il terreno per trovare le soluzioni più appropriate ad impedire che lo spirito indipendentista europeo trovi la via per affermarsi. In questa loro azione sono aiutati proprio da coloro che più predicano l’indipendenza europea. L’Europa è un assemblaggio di più nazioni che hanno notevolissime differenze d’ordine storico-culturale, di potenza economica, di strutture politiche. Queste ultime, assieme a quelle finanziarie, sono sovrastate da organismi detti europei che sono di fatto se non proprio emanazioni, in ogni caso assai fortemente legati e influenzati dalla direzione statunitense degli affari mondiali.
Tutte le agitazioni antieuropeiste, anti-euro, ecc. si trovano nella ben nota e tante volte citata solidarietà antitetico-polare con le tesi apertamente contrarie, anzi opposte. La vittoria della sedicente “sinistra” greca non farà altro che alimentare questa contrapposizione che regge di fatto la supremazia americana. Gli Usa degli ultimi 6-7 anni hanno dimostrato di saper galleggiare su un pantano all’uopo creato e con mosse che continuano ad essere prese come fallimentari mentre di fatto hanno messo nella situazione di galleggiamento le future potenze a loro contrarie (prima fra tutte la Russia), mentre continuano ad appoggiare movimenti fra loro avversari. Infatti, gli islamici, sia i moderati che i radicali, trovano sostanziale appoggio (ma i secondi, ovviamente, in forma mascherata da lotta per sconfiggerli) da parte di Stati arabi in notoria buona relazione con gli Usa. Israele ha avuto momenti di panico e si è creduta un po’ abbandonata dalla presidenza Obama, ma mi sembra che oggi abbia capito la sottigliezza del gioco e vi si adatti. Nell’area europea – ripeto, fondamentale nel gioco per la supremazia mondiale – vengono appoggiati sia i fautori della UE (una UE in stretta relazione con la Nato) sia i contrari, che creano solo divisioni tra paesi europei e indebolimento delle prospettive indipendentiste. E, alla fine, favoriranno gli avversari perché ogni popolo, passate certe sbornie momentanee, si spaventerà dell’isolamento e dell’ostracismo degli “altri”.
3. C’è una sola via praticabile, ma non si vedono gruppi politici avviarvisi; nemmeno indicarla. Anzi, anche quelli che si dichiarano critici dell’attuale organizzazione europea, la nascondono pervicacemente agli occhi delle popolazioni dei vari paesi europei. Gli Stati Uniti, nell’attuale fase storica e vista l’impossibilità di fermare con l’azione diretta la crescita di nuove potenze e l’avviarsi pur ancora lento del multipolarismo, applicano la politica del caos; ma precisamente utilizzando la tattica dei “due forni”. Appoggiano di fatto due tendenze opposte e antagoniste, ma che si sorreggono vicendevolmente proprio grazie al loro antagonismo. Ovviamente, è necessario che uno dei “due forni”, ritenuto e fatto passare per quello “virtuoso”, sia ufficialmente il favorito; l’importante è fingere di combattere l’altro, ma servendosene nel contempo e segretamente alimentandolo magari tramite alleati trattati e presentati all’opinione pubblica “occidentale” (e europea in specie) come infidi e insubordinati rispetto agli Usa, che invece li spingono lungo quella via.
Mi ripeto; e lo faccio per i sordi! Si appoggiano ufficialmente gli islamisti “moderati” e si combattono – appunto nascostamente favorendoli nelle loro azioni mediante “imperdonabili errori” – quelli “estremisti”. Si ammorbidisce il sostegno ad Israele e si “comprendono” in parte le ragioni dei palestinesi: quelle di Al Fatah, ma anche criticando l’eccessiva durezza usata verso Hamas, che d’altronde “qualcuno” spinge a compiere azioni al limite della insipienza provocatoria. In un primo tempo, il Governo israeliano aveva con difficoltà mostrati la sua irritazione verso Obama & C.; ma in questo momento sembra essersi allineato (vedremo presto se è proprio vero). Si concedono i propri favori agli europeisti fautori di questa UE sempre più invisa a larghi strati di popolazione dell’area; ma “qualcuno” alimenta anche gli antieuropeisti (e anti-euro) con un duplice risultato: creare zizzania tra paesi europei e considerare la Germania il vero nemico da combattere, lasciando così tranquilli gli Stati Uniti a tramare i loro patti commerciali (tipo TTIP) che ci rendono viepiù subordinati. Ne vengono danneggiate e intralciate proprio le forze un po’ più conseguentemente (e politicamente) contrarie all’europeismo quale semplice supporto del predominio statunitense.
E’ ora di rompere con questi dualismi falsamente antagonistici e in realtà convergenti nell’aiutare il nostro nemico principale. Occorrerebbe (il condizionale è certo d’obbligo) la nascita di movimenti effettivamente nazionalisti in alcuni cruciali paesi europei: penso a Germania, Francia e Italia. Ben lungi dal rendersi ostili fra loro, tali movimenti debbono individuare qual è la via di uscita migliore e più efficace. In pratica, si tratta di poter stabilire fra loro un collegamento stretto (ma nell’indipendenza delle proprie scelte legate ad ogni paese con la sua cultura, economia, strutture istituzionali e politiche, ecc.). La libera circolazione e una moneta unica esistono già e a me sembra ormai inutile cercare di tornare indietro. Invece deve essere stabilito un coordinamento delle proprie politiche, soprattutto quella estera che si indirizzi in particolare alla creazione di legami ad est con la Russia, la quale, certamente, dovrebbe coadiuvare il gioco facendo da sponda ai tre paesi europei. Se si dovesse perdere troppo tempo a innescare tale processo, è facile che la Russia sia spinta a stabilire patti più saldi con (l’infida) Cina.
Bisognerebbe far perdere agli Stati Uniti il controllo dell’area europea, a partire dall’azione di contrasto dei tre grandi paesi citati in rapporto con la Russia. Per il momento, certo, non si vede in Europa forza politica alcuna capace di svolgere una politica siffatta. Gli Usa mantengono una forte presa e usano la Nato (non a caso mantenuta in piedi malgrado la caduta del “socialismo”) per renderla più efficace. Tuttavia, tale presa è nettamente favorita da quasi tutti gli schieramenti oggi in azione. E anche i pochi critici della predominanza americana continuano a sostenere idee del tutto sballate su come e dove si esercita quest’ultima. Chi ha capito qualcosa, una infima minoranza, deve comunque continuare a predicare – pur nel deserto! – contro chi di presta al gioco dei “due forni”. Non si tratta di non parlare contro la UE o contro l’euro o contro la grande finanza, ecc. ecc. L’importante è che si afferri qual è l’asse centrale della nostra azione critica: il nemico principale è la potenza al momento ancora preminente. E qui mi fermo perché non posso mettermi a fare lo stratega da tavolino. Quello che c’è da dire, lo diremo. Per il fare, se nessuno capisce nulla e si sta fermi, dovremo “soffrire” ancora un bel po’.