SI SA ANCORA LEGGERE?

Ho chiesto di inserire questa “faticosa” rispostina (che vergo per pura amicizia) nel sito perché mi imbarazza occupare il blog con simili sciocchezze in un momento come questo. Avanza una crisi piuttosto importante, a Gaza gli israeliani ammazzano palestinesi come piccioni, in Italia sia il ceto politico che quello dirigente economico dimostrano un abisso di inettitudine e di immoralità; e io dovrei stare dietro alle notizie di un incrocio di telefonate incazzate perché non “filo” certe questioni o perché io avrei rotto con questo e con quello. Si tratta di beghe del tutto ridicole. Questo è veramente un ultimo sforzo che compio e poi basta, data la situazione. Sia chiaro che io nemmeno contatto più i vari “telefonisti” perché attendo da loro la spiegazione di certi atteggiamenti incongrui.
(2 marzo).

In effetti, sembra veramente che si stia disimparando a leggere. Certuni hanno addirittura pensato che io rompessi con gli amici del blog. Il suo nocciolo duro, almeno di quelli che vi scrivono, è composto da persone che non dico abbiano una perfetta identità di vedute, ma comunque una notevolissima vicinanza. Certo, se si legge solo il titolo del mio pezzo di “addio”, può darsi che qualcuno faccia confusione, non però se prende visione anche solo del primo capoverso. In realtà non ho rotto con nessuno, a meno che la lontananza teorica (e politica) non sia vissuta come rottura anche personale. Comunque, per simpatia verso alcuni, chiariamo un paio di punti o poco più.
Nel mio pezzo ho scritto testualmente: “Come dimostra anche l’Introduzione (al libro Strategie: per una teoria di fase, di prossima uscita, verso maggio, con la Manifestolibri), che fra qualche giorno sarà riportata nel sito [in effetti spero che G.P. riesca a metterla per l’inizio della prossima settimana], desidero in ogni caso partire dai punti alti di Marx (e di Lenin) al fine di proporre quella che ritengo ‘una uscita in avanti’ da una teoria che ha fatto il suo tempo”.
Si può prendere un pezzo del genere (con Lenin in corsivo, per segnalare come io prediliga i “cattivissimi”) come una semplice fuoriuscita da questi due autori? In loro ci sono dei punti alti, che più propriamente chiamerei punti fermi, punti di arrivo, da cui non arretrare di un centimetro; oggi vanno tuttavia superati con una uscita in avanti (non come quella dei gamberi che tornano dal Marx del Capitale a quello dei Manoscritti del 1844). I vari “alienisti”, “reificazionisti”, quelli della ridicola “sussunzione” dell’intera vita e personalità degli individui, e altri del genere, sono appunto gamberi. Agiscono come se in fisica, invece di prendere quale punto di riferimento Einstein e la teoria quantistica, si volesse tornare alla meccanica newtoniana; o alla mera geometria euclidea ecc.
Ho letto su Politica on line qualcuno che ha commentato, più o meno, così: “E’ troppo tardi uscire adesso da Marx, troppo facile, bisognava farlo 150 anni fa” (cioè prima ancora che venisse pubblicato il I libro de Il Capitale). Uno che scrive così è un autentico…. censura; sarebbe come se io disprezzassi, perché “borghesi”, Schumpeter, Keynes; o ancora Böhm-Bawerk o anche uno dei grandi pensatori liberali più recenti tipo Hayek. Per non parlare di quello che metto al di sopra di tutti, Max Weber, che spero di tornare presto a leggere perché debbo “rinfrescarmi” alcune cosette. Comunque, sia chiaro che per me Marx ha smascherato l’ipocrisia e la falsità ideologica dell’eguaglianza “borghese”: formale, ma reale nell’ambito del mercato (nel “regno dello scambio”). Dietro (o sotto) di essa sta però lo sfruttamento, che non è quello dei “negrieri” (o del “padrone delle ferriere”), ma solo l’estrazione di pluslavoro come in ogni altra forma di società storicamente conosciuta (pur se qui è nella forma generale del valore). Solo che Marx è incorso – ma lo capiamo oggi con il senno di poi (o più precisamente lo capiscono alcuni fra cui il sottoscritto) – in un’altra distorsione ideologica, per la quale rinvio ai miei scritti degli ultimi anni (almeno dal 1996) o, in breve, alla suddetta Introduzione.
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Quindi, non concedo il minimo credito a chi non ha capito che Marx è un punto d’arrivo, da cui non arretrare, ma è anche un punto di partenza per “uscire” dall’appena nominata distorsione ideologica. Comunque, quelli che parlano di alienazione e reificazione si riterranno (non tutti, non credo che De Benoist nutra simile desiderio) “marxisti”, ma per me non hanno quasi nulla a che vedere con Marx (e tanto meno con Lenin, di cui non capiscono un accidenti); si tratta al massimo dei “successori” di quei marxisti che hanno puntato tutte le carte sullo sviluppo pianificato come in Urss (un paese guidato da statalisti, di tipo “lassalliano”) e sulle virtù taumaturgiche della Classe (sottinteso Operaia). Una volta delusi e affranti perché un certo “comunismo” (che ha “straziato” il pensiero di Marx) è andato in malora, cosa hanno fatto questi “ingenui” (definiamoli così, per bontà)? Si sono premurati di rivedere con pazienza e meticolosità, con molta prudenza (io procedo sempre per piccolissimi, minimi, spostamenti) e rigore scientifico quanto era da rielaborare sulla base degli eventi verificatisi? No, come tutte le persone piagnucolose, depresse per la sconfitta, hanno ripiegato su una autentica débacle del pensiero.
Alcuni hanno sostituito l’ambiente alla Classe o alle masse diseredate del “terzo mondo” (così testarde dal non desiderare il “comunismo della miseria”, di cui si beano quelli che vivono lautamente in questo capitalismo avanzato ma predicano la povertà per gli altri! E io debbo credere che siano in buona fede, debbo rispettarli? Ma nemmeno per sogno. In effetti, li disprezzo in quanto sono i peggiori ipocriti). Sia chiaro che, in realtà, questi individui fasulli non tornano nemmeno al Marx dei Manoscritti del 1844. Anche se le forme appaiono mutate, perché l’epoca non consente certo di ripetere date tesi nelle stesse forme di quasi due secoli fa, questi individui stanno riverniciando il “socialismo romantico” dei Sismondi, dei Proudhon, ecc. Non hanno nemmeno la grandezza di un Saint-Simon, che capiva quello che è poi stato il “managerialismo” (il fronte più avanzato del capitalismo del ‘900); sono tornati alla società dei “piccoli produttori” autoctoni, a chi “coltiva l’orto di casa”, a chi si fabbrica artigianalmente ciò che gli serve o a poco di più (perché non si possono ignorare del tutto oltre 150 anni anni).
Nemmeno si accorgono (alcuni non se ne accorgono; altri lo sanno benissimo e ne approfittano) che vengono finanziati, e usati, dagli Al Gore, dai Soros, dai Bill Gates, dalle Goldman Sachs, ecc., che sugli ecobusiness fanno miliardi. “Abbandonati” dalla Classe (che ha gravi problemi di aumento salariale di questi tempi grami) e dalle masse diseredate (che in Cina e India stanno e staranno, malgrado i “giusti mal di pancia” di chi viene ancora sacrificato, con chi gli dà sviluppo; e si incazzeranno a morte se tali paesi verranno troppo toccati dalla crisi incipiente!), questi melanconici frutti di una sconfitta (anche mentale) si buttano sull’ambiente, credendo di unire tutti “gli uomini di buona volontà” (a partire dai miliardari e sfruttatori appena sopra nominati).
Nessuno sostiene che non ci siano anche problemi ambientali. Ma non si risolvono tornando al “romanticismo” (che sia economico o, ancor peggio, solo culturale come quello di certi filosofi). Volendo fare impropri (perché troppo grandi per loro) esempi storici, gli ambientalisti e i decrescisti sono su posizioni analoghe a quelle reazionarie che vengono solitamente attribuite alla Chiesa ai tempi del processo a Galileo. Ma tale esempio nobilita perfino troppo questi individui (della cui buona fede, lo ripeto, dubito assai perché si lamentano sempre come fossero discriminati e trovano sempre editoria, giornali, TV, ecc. che li ospitano e blandiscono). L’esempio da fare è quello odierno, molto più meschino. Questi personaggi sono come Pippo Baudo al Festival di San Remo, finalmente abbandonato da una gran parte del pubblico (comunque sempre scemo). Certo, apparentemente il Pippo dice cose sensate quando sostiene che il pubblico si rivolge a spettacoli orribili come i talk show (alla De Filippi) o al “Grande Fratello”, ecc. Sbaglia se però crede che la risoluzione sia nel tornare al Festival di San Remo, la fiera delle più stupide vanità. Di fronte ad un mondo volgare e incolto come quello del capitalismo “occidentale” odierno, gli ambientalisti e decrescisti (ammessa per un momento una buona fede su cui ho forti dubbi) sono i “Pippo Baudo” della situazione.
Gli sconfitti del “comunismo” (e del “marxismo”, che non è Marx né tanto meno Lenin) – uniti a gruppuscoli di “destra estrema”, il cui reazionarismo è un fatto loro intrinseco (in un certo senso
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coerente) – si sono chiusi volontariamente in un ghetto, che può, per i più fortunati, essere dorato, data la furbizia dei capitalisti alla Al Gore e “gli altri”. Da questo ghetto blaterano, accorati e frustrati (apparentemente, perché sono invece “coccolati” da chi di dovere), con lo sguardo rivolto al passato. E siccome in questo ghetto tutti si “annusano” e si incensano fra loro come geni, e intanto si guardano l’ombelico, questi bei tomi credono che le loro tesi affascinino e conquistino sempre più cospicue “masse”. Diciamo che è come se il partito di Ferrando passasse, da una elezione all’altra, dal 0,3 al 0,6%, inebriandosi perché è raddoppiato (e, quando poi arrivasse all’ 1 %, credesse di aver già “preso il potere”).
Dato che penso che ambientalisti e decrescisti siano persone di almeno media intelligenza (o magari anche di più), non è per me tanto facile non nutrire forti dubbi su di loro. La famosa gente (masse di milioni e milioni di individui) sta cominciando, per la prima volta dal “boom” della fine anni ‘50, a faticare assai per “tirare avanti la carretta”; non era mai accaduto che la generazione successiva cominci a perdere posizioni rispetto a quella precedente. E questi milioni di persone non hanno alcuna intenzione di tornare a coltivare l’orticello (“di guerra”, come diceva una canzone fascista dei primi anni ’40). Vogliono continuare ad andare ai supermercati e non trovare i prezzi in crescita di giorno in giorno. Ma per questo non bastano i “controlli sui prezzi” (che in ogni caso non sono “l’orticello di guerra”); è necessario modernizzare il paese, la sua agricoltura, i servizi pubblici e l’inefficiente apparato statale, le reti di trasporto (stradali e ferroviarie, in continua decadenza per colpa precipua degli ambientalisti!) e, certamente, le “filiere” della distribuzione (ma se si bada solo a queste, si fa un flop gigantesco!).
Per tutto questo è indispensabile utilizzare i più avanzati metodi e scoperte tecnologiche, che si acquisiscono con politiche che non sono di de-sviluppo. Aggiungiamoci poi la centrale questione sanitaria, poiché gli apparati preposti a servizi del genere sono in forte degrado (al centro-sud è pauroso, ma il nord tiene a malapena). Ritardi pazzeschi per visite specialistiche ed esami, ricoveri in Ospedali fatiscenti, spesso con personale mal preparato o comunque irresponsabile a causa del lassismo e fancazzismo, ecc. La medicina, con tutte le terribili multinazionali che fanno profitti sulla pelle della gente, ha comunque subito avanzamenti giganteschi, in specie nel settore chirurgico, nelle cure dentistiche (a costi pazzeschi in Italia), e via dicendo; ma se abbiamo un paese arretrato, non ne godiamo affatto. Vorrei che Gabriele raccontasse di quando, pochi giorni fa, è andato a sentire a Milano due illustri rappresentanti di questa reazionarietà che ci vuol riportare indietro; questi “bellimbusti”, però, almeno dicono apertamente che il Medio Evo e il feudalesimo erano migliori del capitalismo. Non capisco perché non se ne vadano fuori dai c …. a vivere in sperdute lande dove non c’è luce elettrica, ci si riscalda con focherelli accesi come si può, non c’è molto cibo a disposizione, né farmaci (ah, scordavo le “miracolose erbe”) né cure; dove si vive in case di fango, ci sono bestie feroci e insetti schifosi a volontà, e via dicendo. Comunque, lasciamo perdere. Tutti questi, lo ribadisco, si sono situati in ghetti dorati, ben comodi, ben nutriti, e servono tranquillamente il capitale, facendo però la voce grossa e fingendo di essere dei terribili oppositori.
Detto questo, io non rompo con nessuno personalmente; dico solo che desidero lavorare in una équipe che abbia una certa coerente direzione di lavoro. In effetti, fra le altre cose, sono un po’ stufo dell’eclettismo, dell’approssimazione, di chi aggiusta troppo le sue posizioni a seconda di date convenienze giornalistiche, editoriali, televisive, ecc. Se invece c’è gente in buona fede, che persegue una sua linea con coerenza, che in ogni caso è critica verso questa forma sociale e non pensa di unire semplicemente “tutti gli uomini di buona volontà”, dai grandi miliardari del gruppo Bilderberg fino agli “umiliati e offesi”; allora ha certo la mia stima. Però, ciò non toglie che non debbo necessariamente intessere con loro rapporti di collaborazione e discussione su temi del tutto contrapposti a quelli che rientrano nelle mie predisposizioni (certo ideologiche come quelle di tutti), e nelle mie capacità acquisite in tanti anni di lavoro teorico (mai disgiunto dall’interesse politico), senza accettare eclettismi di sorta (non voglio diventare un “ma-anche” teorico).
Per concludere, non rientra nelle mie corde la filosofia “umanistica”; questa Italia è sempre stata arretrata scientificamente, dominata prima dal crocianesimo, oggi non saprei nemmeno dire da chi. I
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filosofi dell’Uomo mi sembrano chiacchierare di “grandi problemi”, ma che per me sono del tutto vuoti e inutili; certo che posso sbagliare, come tutti, ma è chiaro che questa mia impressione non è un buon viatico per dibattiti e discussioni con certuni. Gli “althusseriani”, a differenza del capostipite (che era un “animale politico” al 100%), mi sembrano slittare troppo verso questioni un po’ accademiche, pur se le trovo sempre interessanti. I filosofi dell’Essere Umano, della sua reificazione, mercificazione, ecc. mi appaiono allo stesso livello dei “critici sociali romantici” del primo ottocento. E poi, non mi interessano le elucubrazioni che fingono di protendersi verso i millenni futuri (mentre lo sono in realtà verso quelli passati, come alcuni, onestamente, ammettono).
Ho detto, e ripeto, che sono concentrato su una teoria di fase; e ritengo che anche quella di Marx lo sia, perché senza il 1848 (in quanto precipitazione e decantazione di tumultuosi processi sociali che permisero di distinguere, nel Terzo Stato, la polarizzazione in classe capitalistica e classe operaia) non sarebbe mai stata elaborata in quella forma. Oggi, però, tanti annetti sono passati e dobbiamo andare verso una nuova teoria di fase; senza abbandonare il punto di arrivo di Marx: la demistificazione dell’eguaglianza in questa, senza dubbio orribile, società.
E’ però su questa società contemporanea che dobbiamo concentrare la nostra attenzione; e su come dovrebbe essere trasformata tenendo conto di dove è ormai arrivata, senza alcun ritorno al “Festival di San Remo”, senza nessuna nostalgia per esso. Dobbiamo affrontare l’orribilità del “Grande Fratello”, sapendo che da qui si deve partire per la critica e la lotta; il resto è pura nostalgia del passato. Volete che io non provi questa nostalgia per gli anni ‘60, quelli della mia giovinezza? Ma si tratta di ricordi di tipo personale (o generazionale). Per carità, basta con la “meglio gioventù”; io non sono un “melomane” come Tullio Giordana. Voglio andare avanti; i miei ricordi sono bellissimi e non me li faccio sbiadire, ma adesso basta con i reazionari dell’ambientalismo e della decrescita, basta con l’arretratezza di una cultura solo “umanistica”; occorre una maggiore completezza intellettuale e la modernizzazione di un paese allo sbando, vecchio come il cucco, in degrado e arretramento fortissimi. Senza bisogno di rompere e di incazzarsi, su questi problemi magari ci dividiamo; ognuno giochi la sua parte.
Un’ultima notazione: non cercate di farmi passare per uno che sostiene che con l’ambiente tutto va bene. Però, innanzitutto, se volessimo una vera armonia con esso, dovremmo eliminare l’umanità e lasciare solo gli animali, gli unici che possano vivere in effettiva simbiosi con la natura, accettando però (non per loro scelta) – quando si verificano catastrofi o grossi mutamenti ambientali, che non sono mai stati solo provocati dall’uomo, ultimo arrivato in una piccolissima frazione del tempo di esistenza della Terra – la prospettiva di sparizione (esempio “di scuola”: i Dinosauri e altri animali di quell’era). L’uomo (con la u minuscola, anzi l’uomo) non può non rompere gli “equilibri” (presunti tali da tutti gli ideologi “armonicisti”) con l’ambiente naturale. Eppoi, prima dei discorsi sull’ambiente (in cui unirsi “mostruosamente” agli Al Gore e “agli altri”), viene la società, la sua strutturazione, le sue trasformazioni (quelle in corso adesso, in primo luogo, se siamo politici e non solo storici!).
In ogni caso, come minimo va detto che una lunga epoca è finita; e in quella, che è in corso di svolgimento, non siamo ancora vicini ad un 1848 che ci dia maggiori lumi sulla strutturazione della nuova società in gestazione. Da qui, la mia convinzione di dover compiere quella “mossa strategica” – giacché per me ogni teoria (e non solo quelle sociali) è una “strategia di conflitto” nell’ambito della società – che mi ha portato, per questa fase, a porre in primo piano le lotte tra dominanti per la supremazia, con particolare riguardo a quelle di tipo geopolitico sul piano mondiale. Tuttavia, si sarà notato che nel blog affronto principalmente problemi del nostro paese; quindi il pensiero non è fermo, non si è cristallizzato nella “teoria di fase”; si muove, pur lentamente, con circospezione, senza l’illusione di poter “vedere” ciò che non è ancora visibile; e che mai si potrà vedere se non vengono molate lenti teoriche nuove. A questo desidero lavorare; che gli altri facciano il c …. che pare e piace a loro. Io continuo nella mia direzione; e interloquisco con
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chi è sufficientemente vicino. Se gli altri prendono questo atteggiamento come rottura, non so che farci, io vado avanti per la mia strada.
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