SIAMO ITALIANI O SCARPARI?
Il nostro è un periodo di manifesti indignati di carta e di indignados irritati di cartone che sfilano come carri armati, per ora solo allegorici, in piazza contro le piazze affari mondiali. Il testo sociale di costoro è però troppo sbiadito per essere compreso dai molti poichè la carta carbone della loro rivolta è quella di cento anni fa e non va più bene per un’epoca con pochi minatori ed ancora troppi sciacalli delle ferriere. Tutti si dicono inorriditi dallo sbandamento della classe politica italiana e dal rotolamento del paese lungo i piani inclinati della crisi che non sono propriamente come i piani di morbidezza di una nota pubblicità della carta da bagno. Avverso il default da carta straccia borsistica ognuno ha la sua ricetta, sempre di carta, più per ripulirsi la coscienza a danno degli altri che per risollevare l’intera nazione. E’ vero che la débâcle finanziaria ha portato allo scoperto la montagna di carta dei derivati ma non è con la carta igienica diffusa a mezzo stampa che si fermerà lo sciacquone che ci sta scaricando nella fogna dei tempi. Questo vale tanto per gli industriali intenti alla minzione di gruppo, i quali si mettono insieme per stilare rotoli di banalità, che per quelli “sciolti”, come Diego Della Valle, il quale preferisce comprare spazi di “carta pecora” sui giornali per divulgare le sue amenità ricalcate su pagine falsità. Proprio lui che ora fa il guappo di cartapesta alzando la voce col Governo non ci pare sia mai stato come un foglio trasparente. Si sente un vero patriota con la carta del successo tra le mani ma dà appuntamento ai connazionali solo lungo les boulevard de Paris sacramentando e scrivendolo sui quotidiani, senza vederci in ciò alcuna contraddizione. E poi si scaglia contro la casta dall’alto del pulpito dei poteri forti ai quali appartiene i quali, stranamente, si accorgono del malcostume politico soltanto quando la misura del Paese è colma e la loro cassa non abbastanza stracolma. Difficile prendere lezioni d’italiano e d’italianità da uno che di mestiere fa le scarpe agli altri, sperando che gli altri ci rimettano sempre le suole. Quanto meno non è di buon auspicio per via della famosa massima popolare. Della Valle si lamenta della situazione, impreca sui politici e sulle loro bende agli occhi, ma compra i treni in Francia, fabbrica le scarpe in Cina, nasconde il malloppo in Lussemburgo e fa le morali a Roma. Con quest’etica cartonata di business al più si lanciano pacchi al prossimo, mentre difficilmente si infiocchettano soluzioni per il bene collettivo. Casa Italia va in pezzi, ma lui, col suo amico Montezemolo ed i suoi sodali banchieri, ha un nuovo progetto di ristrutturazione pubblica e si è messo in fila per rifarci il Gabinetto. In fondo a destra.