SPUNTI SUL POTERE

43f08805db943b3147e9589c26d29ea5

Il discorso sul potere, se non banalizzato moralisticamente (il potere come male) o ideologicamente (il potere come cosa nelle mani di qualcuno), può essere estremamente interessante, benché molto difficile da affrontare per le sue innumerevoli implicazioni. Il potere non è una cosa che si possiede e non dipende dalle attitudini di uomini isolati o anche consorziati. Il potere è una relazione sociale che nasce tra gli uomini ma non è nella disponibilità assoluta degli individui o di una élite che possono manovrarlo a piacimento. Il potere ha i suoi meccanismi oggettivi, una sua dinamica che, sicuramente, può essere sfruttata da questi soggetti secondo determinate possibilità.

Come scrive correttamente Carl Schmitt:

“il potere è una grandezza indipendente, anche di fronte al consenso che lo ha creato e.. non sempre è a vantaggio di chi lo detiene. Il potere è una grandezza oggettiva ed autonoma rispetto a qualsivoglia individuo umano, che, di volta in volta, lo detenga nelle proprie mani… [Che cosa significa grandezza oggettiva e autonoma?] Significa qualcosa di molto concreto. … il più terribile dei potenti rimane legato ai limiti della natura umana, all’insufficienza della comprensione umana e alla debolezza dell’anima umana. Anche l’uomo più potente deve mangiare e bere, si ammala e invecchia come tutti noi… La realtà del potere passa sopra la realtà dell’uomo. Io non dico che il potere dell’uomo su un altro è buono. Non dico neanche che è cattivo. Dico però che è neutro. E mi vergognerei come essere pensante di dire che è positivo, se sono io ad averlo e negativo se a possederlo è il mio nemico. Mi limito ad affermare soltanto che il potere è per tutti, anche per il potente, una realtà a sé stante e lo trascina nella propria dialettica. Il potere è più forte di ogni volontà di potere, più forte di ogni bontà umana e fortu-natamente anche di ogni malvagità umana.”

In un testo relativamente recente (Che cos’è il potere?) il filosofo coreano Byung-Chul Han ci fornisce qualche spunto interessante, tra varie citazioni di Hegel, Nietzsche, Heidegger, Schmitt, Foucault ecc., su questo tema. Purtroppo, a volte, il suo discorso si perde nei meandri dell’essere e dell’ontologia, tuttavia, elementi originali emergono ugualmente dalla sua disamina. Per esempio, il recupero di alcuni affermazioni nietzschiane che avevo anche io ho messo in evidenza in precedenti articoli:

‘..secondo Nietzsche, bisogna essere il più possibile onesti nei propri confronti! La vita è “essenzialmente appropriazione, offesa, sopraffazione di tutto quanto è estraneo e più debole, oppressione, durezza, imposizione di forme proprie, incorporare o per lo meno, nel piú temperato dei casi, uno sfruttare”. Lo sfruttamento non compete a una “società guasta oppure imperfetta e primitiva”. In quanto “fondamentale funzione organica” essa concerne “l’essenza del vivente”. È una “conseguenza di quella caratteristica volontà di potenza, che è appunto la volontà della vita”. Ciascun corpo vivente vuole “crescere”, “estendersi”, “attirare a sé”, “acquistare preponderanza”, “non trovando in qualche moralità o immoralità il suo punto di partenza, ma per il fatto stesso che esso vive, e perché vita è precisamente volontà di potenza”. Esercitare potere significa in questo caso imporsi sull’Altro, per così dire crescere, proliferare in lui, cioè continuarsi in lui o almeno generare attraverso di lui una continuità, un continuum del sé. Il volersi è proprio del potere. Il potere non sarebbe in grado di produrre da sé alcuna contromossa nei confronti di questa intenzionalità del volersi, non potrebbe rivolgersi all’Altro senza al contempo rivolgersi a sé stesso, quindi non vi è cura dell’Altro che vada oltre la cura di sé’.

Si capisce, allora, che il potere può manifestarsi in molti modi, anche con un volto feroce, ma non è la ferocia o la violenza ciò che lo risolve, che lo identifica una volta per tutte. Anzi, se volessimo dare un carattere primigenio e perdurante al potere lo potremmo individuare nel suo essere un reticolo di strategie per il predominio dal quale emerge una certa ma sempre transeunte predominanza, perché il “gioco delle strategie” (Foucault) non si ferma mai. Perciò il potere non è mai nudo, anzi quando si sveste troppo quello è il sintomo di una decadenza dei gruppi che lo hanno incarnato oppure è il segnale dell’aprirsi di una fase acuta di conflitti “per il potere”, i quali sfociano in un cambiamento “di poteri” che una volta stabilizzatisi torneranno a infiltrarsi sotto la corteccia sociale, proiettando solo ombre nel mondo esterno. Il potere non si vede, anche se segnala la sua presenza, in un corpo umano (uno statista ecc.) o sociale. Inoltre, il ragionamento sul potere è direttamente collegato a quello sulla libertà, non quella fantomatica e psicologica dei liberali, ma quella di “movimento” nello spazio e nel tempo sociali:

“Il topo, una volta prigioniero, è in balia della forza del gatto. Il gatto lo ha afferrato, lo tiene e lo ucciderà. Ma non appena il gatto incomincia a giocare col topo, sopravviene qualcosa di nuovo. Il gatto infatti lascia libero il topo e gli permette di correre qua e là per un poco. Appena il topo comincia a correre, non è più in balia della forza del gatto; ma il gatto ha pienamente il potere di riprendere il topo. Permettendo al topo di correre, il gatto lo ha pure lasciato sfuggire dall’ambito immediato d’azione della sua forza; ma finché il topo resta afferrabile dal gatto, continua a essere in suo potere. Lo spazio sul quale il gatto proietta la sua ombra, gli attimi di speranza che esso concede al topo, sorvegliandolo però con la massima attenzione, senza perdere interesse per il topo, per la sua prossima uccisione – tutto ciò insieme, spazio, speranza, sorveglianza, interesse per l’uccisione, potrebbero servire a caratterizzare la vera e propria sostanza del potere, o semplicemente il potere stesso.” E. Canetti

‘ll potere è più “spazioso” della violenza. E la violenza diventa potere quando “si prende più tempo”. Visto così, il potere scaturisce dalla somma di spazio e tempo. Nel caso del gioco tra gatto e topo questo spazio è stretto come l’anticamera della morte. La cella nel braccio della morte è piú spaziosa delle fauci. Ma lo spazio del potere colmo di paura non è uno spazio positivo per agire. Affinché nasca davvero “qualcosa di nuovo”, quel “gioco” dev’essere piú di un preludio alla morte. Deve presupporre una vera e propria area di gioco che consenta possibilità strategiche. Il potere presuppone anche uno spazio temporale che è piú grande del non-ancora dell’intervento letale. Ossessionato dalla morte, Canetti dimentica in tutta evidenza che il potere non si limita a uccidere, anzi soprattutto lascia vivere. Nella sua fissazione sulla negatività del potere Canetti non riconosce come il potere non escluda l’atto, la libertà, cioè che esso, da un’altra ottica, offra spazio e tempo. Lo spazio temporale della possibilità o della libertà può alla fin fine essere un’illusione. Ma il potere lo presuppone, anche se nella forma di un’apparenza’. (Byung-Chul Han).

Dunque, sembra ancora avere qualche ragione Foucault quando afferma: “Quello che mi sembra importante è che, a un certo livello, ogni rapporto umano è un rapporto di potere. Noi evolviamo in un mondo di relazioni strategiche perpetue. I rapporti di potere non sono cattivi in sé, ma sono dei fatti che comportano sempre dei pericoli…“Le relazioni di potere sono dunque mobili, reversibili e instabili. Bisogna anche sottolineare che le relazioni di potere possono esistere soltanto nella misura in cui i soggetti sono liberi. Se uno dei due fosse completamente a disposizione dell’altro e diventasse una cosa sua, un oggetto su cui poter esercitare una violenza infinita e illimitata, non ci sarebbero relazioni di potere. Affinché si eserciti una relazione di potere bisogna dunque che dalle due parti esista sempre almeno una certa forma di libertà. Anche quando la relazione di potere è completamente squilibrata, quando si può veramente dire che uno ha tutto il potere sull’altro, un potere può esercitarsi sull’altro soltanto nella misura in cui quest’ultimo ha ancora la possibilità di uccidersi, di buttarsi dalla finestra o di uccidere l’altro. Questo vuol dire che, nelle relazioni di potere, vi è necessariamente possibilità di resistenza, perché, se non ci fosse possibilità di resistenza – di resistenza violenta, di fuga, di sotterfugio, di strategie che ribaltano la situazione – non ci sarebbero affatto relazioni di potere. Data questa forma generale, mi rifiuto di rispondere alla domanda che, talvolta, mi viene posta: “Ma se il potere è dappertutto, allora non c’è libertà”. Io rispondo: se le relazioni di potere attraversano tutto il campo sociale, è perché la libertà è dappertutto…il potere non è il male. Il potere significa giochi strategici. Sappiamo bene che il potere non è il male!”.

Il potere, pertanto, non è quella dozzinale immagine propagandistica che ne danno i presunti nemici del potere, i quali blaterano di Bill Gates o delle cricche finanziarie o, ancora, dei padroni incappucciati del mondo. Il potere raramente lo si vede aggirarsi con la spada in pugno, anche quando diventa inevitabile, per esempio, durante un’operazione di polizia internazionale o in una guerra d’aggressione contro eserciti e Paesi nemici. Quando la struttura oggettiva del potere balugina in una struttura soggettiva nell’atto della repressione o oppressione forzute (Stato e i suoi apparati) mostra solo una parte di sé, quella del momento critico. Il potere è ben altro e molto di più. Esso è trama di strategie di varia intensità che pervade un intero campo sociale (con le sue dominanze e sottomissioni), informandolo e conformandolo dei/ai suoi obiettivi tanto che, all’interno di quel perimetro, chi è privo di potere si muove esattamente come il potere (meglio dire chi lo incarna in quella fase) vuole, esso “allestisce” lo scenario sociale in maniera tale che, liberamente e volontariamente, anche in assenza di azione diretta, tutti operino per i suoi interessi. Almeno fino a che un altro potere, figlio della stessa dinamica, prima o poi non emerga per sostituirlo. E la Storia non si ferma. Mai.