SUL PENSIERO DI EMANUELE SEVERINO di M. Tozzato
Eppure Emanuele Severino è un grande pensatore, la forza logica delle sue argomentazioni ci colpisce sempre, la sua cultura in campo filosofico, letterario, religioso si dimostra spesso strabiliante. Anche riguardo al marxismo è necessario considerare con ammirazione le parti ad esso dedicate nei libri, di qualche anno fa, intitolati Gli abitatori del tempo e Techne . Sul Corriere del 18.10.2007 Armando Torno ha scritto un articolo di presentazione dell’ultimo libro del grande filosofo – pubblicato da Adelphi col titolo Oltrepassare – ennesimo sviluppo del suo pensiero avviato con il saggio La struttura originaria nel lontano 1958. Alcuni anni fa ho sentito dei filosofi di professione avvicinare il pensiero di Severino al buddhismo, probabilmente a causa delle presenza in entrambi i discorsi della dicotomia verità relativa – verità assoluta. Questi ragionamenti mi procurarono una notevole sensazione di stupore. Nel buddhismo (in particolare in quello che fa riferimento al Grande Veicolo ) la verità relativa (samsara ) corrisponde essenzialmente alla realtà empirica che sperimentiamo quotidianamente in quanto esseri umani “comuni” mentre la verità assoluta è la Vacuità (Sunyata) che in termini “positivi”, ad uso delle correnti devozionali, corrisponde alla beatitudine del Nirvana. Ma il buddhismo è essenzialmente una dottrina morale e soteriologica, è la variante orientale più importante delle dottrine greche della cura dell’anima di matrice socratico-platonica, mentre in termini ontologici e speculativi può essere considerato un nichilismo radicale (e non solo “passivo” come affermava Deleuze) perché la “vacuità” non è altro che la realtà empirica “normale” quando venga totalmente interrogata riguardo al senso, al suo significato. Nell’infinito (meglio forse “indefinito”) fluire degli eventi le cose vengono annientate in continuazione e l’unico significato che noi possiamo attribuire agli eventi stessi non è altro che una aggiunta antropomorfica non pertinente, giustificata solo dalla nostra volontà di esistere in quanto “animali razionali” bisognosi, più che desiderosi, di darsi un fine, un senso, delle norme nell’agire, nel pensare e nel giudicare. L’articolo di Torno non chiarisce abbastanza, secondo me, se nel suo ultimo libro Severino ha sviluppato idee fondamentali nuove perciò debbo ancora fare riferimento alle mie attuali conoscenze riguardo all’autore. Proviamo, comunque, a riportare un passaggio dell’articolo che ci dà, forse, qualche indicazione:<<Attraverso queste pagine si comprende come “il cambiamento – il divenire – non può essere la creazione e l’annientamento delle cose, che sono eterne”; anzi ogni mutare si dovrebbe intendere come “il sopraggiungere mai compiuto degli eterni nell’eterna luce dell’uomo”. Di più, ribadisce nel nostro colloquio, sillabando: “Nel sopraggiungere gli eterni sono oltrepassati e insieme totalmente conservati. Tutta questa nostra vita è destinata a essere oltrepassata e conservata in ognuno di noi”>> Non si tratta quindi del superamento del “principio di individuazione” in un eternità divina in cui ci si compenetri come nel Brahman – Atman induista e nemmeno della continuazione della nostra esistenza personale in un oltremondo dentro un simulacro corporeo che è essenzialmente parte dello spirito dell’Essere Supremo, come nel Cristianesimo, ma dell’eternità di tutti gli enti che si succedono nel tempo (nella forma di eventi ipostatizzati). E allora non si potrà più dire al piccolo ( o grande) padrone, all’arricchito che in pochi anni ha accumulato decine di appartamenti, e grandi fortune in terreni e tesori finanziari, che nell’al di là non è possibile portarsi tutto quello che si riesce ad accumulare in vita, perché Severino ci ha svelato che noi non moriamo, che siamo eterni, ma che anche i nostri beni sono destinati ad un infinita esistenza, che ciò che abbiamo ora lo avremo per l’eternità anche se certo pure quello che perderemo domani sarà perso “per l’eternità”. Ma in questo eterno flusso potremo riprovarci e sicuramente ce la faremo, od almeno, gli imprenditori più bravi, più “ladri” e più corrotti ce la faranno senz’altro e sarà un “eterno trionfo”. Questa filosofia che – e Severino non lo nasconde come del resto lo rivela la Chiesa con i suoi numerosi attacchi al filosofo – vorrebbe essere quasi una nuova religione è in realtà la più raffinata ideologia dei ceti medi in questa società capitalistica, post-borghese e post-proletaria, che G. La Grassa chiama “società dei funzionari (privati e pubblici) del capitale”. Il ceto medio, con svariati e molto diversificati livelli di reddito, costituisce la gran massa della popolazione delle società capitalistiche a livello avanzato, europee, americane ed asiatiche; massa che è egemonizzata dagli agenti strategici delle classi dominanti del paese centrale e dei paesi con esso in concorrenza. Le forme ideologiche che contribuiscono a sviluppare e conservare questa egemonia sono numerose e utilizzano “tecniche” diverse. Purtroppo anche quelle che vengono spesso considerate delle produzioni intellettuali valide ed elevate in relazione all’epoca storica in cui maturano partecipano per lo più di questo meccanismo.
Mauro Tozzato 19.10.2007