SUL VOTO IN RUSSIA di G.P.

Tutto ciò che accade in Russia non va bene per la stampa occidentale e anche dietro democratiche elezioni deve necessariamente nascondersi qualcosa di losco. Si sa, del resto, che la Russia continua ad essere, per noi uomini di mondo, il paese dello stregone Rasputin e dei riti catartici della setta chlisty.

Qualche mese fa, quando sembrava quasi certo che dovesse essere candidato alla presidenza Zubkov, già capo del servizio federale per il monitoraggio finanziario (e attuale primo ministro), il circo mediatico occidentale si scatenò sostenendo che Putin si era scelto l’uomo debole da poter manovrare a piacimento. Da più parti veniva sostenuto che il “virgulto” del KGB, con la passione dello judo, si sarebbe fatto nominare primo ministro e, per meglio riuscire in questo intento, avrebbe avuto bisogno di un Presidente molto simile ad un uomo di pezza senza alcuno spessore politico, in maniera che gli fosse affidata la principale carica governativa al di fuori di ogni sorpresa.

Si disse, inoltre, che la nomina di questo fedelissimo, più vecchio di lui, avrebbe permesso a Putin di agire nell’ombra per regolare qualche conto in sospeso. La stampa occidentale aveva poi vaticinato che l’attuale presidente, quel  Medvedev che ha raccolto il 70,23% delle preferenze nelle ultime elezioni, ottenendo un quasi plebiscito, era troppo giovane ed ambizioso per cui Putin nemmeno si sarebbe sognato di indicarlo e d’investirlo moralmente di fronte all’opinione pubblica russa. Secondo i nostri informatissimi commentatori vi era in Putin il timore che costui potesse cambiare gli indirizzi della sua politica interna ed internazionale, con un nuovo scivolamento verso il servilismo filo-americano che aveva già contraddistinto l’epoca Eltsin. Cosa prontamente smentita dal neo-eletto il quale avrà sicuramente modi più morbidi dello judoka di San Pietroburgo, ma è ugualmente espressione di quelle forze che hanno risollevato la Russia in questi anni.  

Alla fine, invece, Vladimir Putin ha sostenuto proprio il giovane avvocato Medvedev facendo sciogliere come neve al sole i bizzarri teoremi del circo mediatico-intellettuale di casa nostra, il quale ha cambiato prontamente registro, come si addice a chi deve arrampicarsi sugli specchi per dimostrare, ad ogni costo, che la società russa è una pseudodemocrazia.

Come screditare allora il nuovo presidente e colui che lo ha sostenuto? Semplice, esiste un argomento vecchio come il cucco che fa molta presa sulla molliccia opinione pubblica internazionale: l’ipotesi di brogli elettorali. A dir la verità, questa opzione non è stata mai abbandonata dagli opinion makers occidentali, veniva tenuta sullo sfondo (insieme alle invettive dietrologiche, mai dimostrate, su un presunto coinvolgimento dei vertici politici russi in strani omicidi, da quello della giornalista Anna Politkovskaja a quello dell’ex 007 Litvinenko) e spinta in superficie, mano a mano che i sondaggi  confermavano il consenso popolare all’attuale establishment russo, non lasciando spazio ad alcun avanzamento elettorale dell’opposizione.

Difatti, di fronte ad un risultato così inequivocabile, l’osservatorio UE si è affrettato a dichiarare che in Russia si sono svolte elezioni non libere, "Non è stato un voto equo – dice Andreas Gross, componente dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa – pensiamo che non ci sia stata libertà in queste elezioni". Pensate? Il vostro compito non è quello di pensare ma di raccogliere prove (molto meno stantie di quelle messe sul banco, come il fatto che le elezioni siano state trasformate in una Kermesse con regali agli elettori), di eventuali irregolarità. Se queste non ci sono o non sono dimostrabili, tali signori farebbero molto meglio a tacere. Peraltro, se si tratta di inveterati imbroglioni a che pro rivolgere un appello al neo-presidente affinché “manifesti come primo passo una sufficiente fiducia verso il proprio Paese e la democrazia, in modo che in futuro possa garantire una rappresentanza degli osservatori ufficiali più ampia e con una permanenza più lunga".

Gli sgherri occidentali vorrebbero anche stabilire le regole in Russia: "perfezionare la legge elettorale che riguarda il finanziamento della campagna elettorale per garantire più trasparenza del processo di voto", "rendere più facile l’iter di registrazione dei candidati indipendenti", "creare una televisione indipendente pubblica". Questo perché, come abbiamo più volte detto, è attraverso l’imposizione dei suoi standard democratici che l’Occidente cerca di penetrare in quei paesi che sono recalcitranti alla sottomissione "imperiale" agli Usa (allorchè non conviene dichiarargli direttamente guerra). Ovviamente, queste regole valgono solo per chi non è allineato, mentre si accetta pienamente qualsiasi azione antidemocratica se proveniente dai paesi alleati di Washington. Nei confronti di quest’ultimi si va per il sottile perché gli interessi geostrategici americani vengono prima di qualsiasi idiozia sulla democrazia (Kosovo docet).

Infine, quanto alla sbraitante opposizione russa, ha raccolto davvero poco nonostante venga pompata dai mezzi di comunicazione di tutto il mondo. Lo stesso ex campione del mondo di scacchi Garry Kasparov – il quale si aggirava per la Piazza Rossa come un sandwich con la scritta “io non voto”, urlando alla stampa che da sempre lo attornia che la consultazione in corso era una farsa -praticamente raccoglie quattro gatti intorno a sé, ma per i media occidentali è uno dei più grandi oppositori dell’oligarchia finanziaria che governa la Russia.