Sulla guerra per portare la libertà
SPOON RIVER
Avevo appena ventun anni
e Henry Phipps sovrintendente della Scuola
fece un discorso al Teatro Bindle.
“L’onore – ci disse – della bandiera va difeso,
sia che venga assalita dai barbari Tagalog
o dalla potenza più forte d’Europa”.
E noi altri applaudimmo il discorso e la bandiera
che lui sventolava parlando.
Così andai alla guerra nonostante mio padre,
e seguii la bandiera finché la vidi levarsi
nel nostro campo tra risaie vicino a Manila.
Tutti noi acclamammo, acclamammo,
ma là c’erano mosche e bestie velenose;
c’era l’acqua mortifera,
e il caldo crudele
e il cibo nauseante e putrido
e il fetore della latrina proprio dietro alle tende,
dove ci si andava a vuotare;
le puttane impestate che ci venivano dietro;
e atti bestiali tra noialtri e da noi soli,
e tra noi prepotenze, odio, abbrutimento,
e giornate di disgusto e notti di terrore
fino all’assalto traverso la palude fumante,
seguendo la bandiera,
quando caddi gridando con gli intestini trapassati.
Ora c’è una bandiera su di me a Spoon River.
Una bandiera! Una bandiera!
Non vi ricorda qualcosa di più recente, magari accaduto in Indocina e ancor più precisamente in Vietnam, che si divide in due dopo la sconfitta dei francesi a Dien-Bien-Phu nel 1954 (da parte di Giap) e la sostituzione del loro dominio coloniale con quello, ancora più criminale, degli Usa nella parte sud, dopo gli accordi di pace siglati sempre nel 1954 a Ginevra. Questi avrebbero dovuto portare alla riunificazione del Vietnam e invece lo divisero e pian piano si innestò il lungo conflitto conclusosi nel 1975 con la vittoria dei vietcong e delle forze militari del Nord. Masters conosceva bene la retorica dei criminali gruppi dirigenti del suo paese, impegnati allora nella guerra contro la Repubblica delle Filippine, da poco formatasi battendo i colonialisti spagnoli. (https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_filippino-americana)
Si infiammano i giovani americani, li si convince che andavano a liberare quel paese (questi delinquenti di dominanti statunitensi “liberano” sempre qualcuno) dai “barbari” (i Tagalog); ma quello che lì avviene porta allo sconcerto chi ha un cervello per ragionare e occhi per vedere. Sembra appunto la più recente guerra in Vietnam. Ed è intenso il profondo disgusto che prova l’ucciso in battaglia vedendo una bandiera sulla sua tomba; proprio per continuare con la retorica degli assassini che guidano il suo paese con l’appoggio di ceti sedicenti culturali (come il Sovrintendente della sua scuola). Nulla è del resto cambiato nemmeno oggi e questa poesia resterà sempre il manifesto della vera liberazione: quella dalla credenza di essere guidati da uomini d’onore, che sono invece degli infami. E ancor oggi i loro perfino peggiori discendenti ci dominano ed opprimono.