SULL'ORLO DEL BARATRO (di G. Gabellini)
"La Repubblica" del 12 agosto riportava un commento in cui la giornalista del "New York Times" Evgenia Albats affermava che "L'estate di incendi in Russia è la dimostrazione di qualcosa che tutti i politologi sanno bene. I regimi autoritari, non rispondendo ai cittadini, sono disastrosi quando si tratta di fronteggiare situazioni anomale. Avendo il controllo dei mezzi d'informazione (in primis la tv), i leader di questi Paesi non hanno le capacità di ponderare e calcolare possibili rischi. I cittadini russi, purtroppo, non hanno ancora fatto il collegamento: l'apatia politica che caratterizza oggi la Russia costituisce una seria sfida per la sopravvivenza del Paese". Il giorno dopo, sulle colonne de "L'Unità", Umberto De Giovannangeli scriveva che "Molto si è parlato, l’Unità lo ha fatto prima degli altri, del «Patto del gas» tra i due «amici» Berlusconi e Putin, via Eni e Gazprom, mal digerito alla Casa Bianca. La «diplomazia degli affari» sull'asse Roma-Mosca trascina voci e indiscrezioni, che chiamano in causa, pesantemente, aziende di intermediazione gestite da vecchie amicizie del Cavaliere, fino a evocare «dossier» esplosivi in mano all'ex capo del Kgb pronti a passare nelle mani dell'amico Silvio. La musica non cambia se da Mosca ci spostiamo a Tripoli. Con il leader libico, Berlusconi ha sottoscritto un Accordo di cooperazione bilaterale molto segnato da risarcimenti e intese economiche e finanziarie, e poco e niente sul rispetto dei diritti umani". Nel contempo, i sedicenti "finiani" chiedevano un "Chiarimento sui rapporti tra Berlusconi, Putin e Gheddafi". Evidentemente, dopo i colossali fallimenti riportati dalle gigantesche campagne mediatiche costruite ad arte sulla cosiddetta "questione morale" e sulle varie Noemi, D'Addario e compagnia bella, i mercenari al soldo delle varie GF e ID, forse per esasperazione, hanno scelto di fare outing, scoprendo le carte e indicando a tutti i gonzi che ancora brancolavano nel buio (tanto per non far nomi, Marcello Veneziani, che ha parlato di un Fini affetto da "Sindrome di Salieri"), le motivazioni che li hanno spinti, e tutt'ora li spingono, a far fuori Berlusconi dal panorama politico italiano. Berlusconi è l'unico uomo politico italiano a portare avanti una politica vagamente interessata alla difesa di quel poco di autonomia nazionale rimasta dopo la stagione di saldi inaugurata con "Mani Pulite" e culminata con la svendita di gran parte del tessuto industriale di stato. Alla luce di ciò, l'alleanza con Putin non può che essere guardata con orrore da questi sicari, e messa all'indice quale massima eresia. Perché? Per la semplice ragione che Putin ha riassestato un paese messo in ginocchio dalle privatizzazioni dell'era El'cin, ostracizzando (nel migliore dei casi) gli oligarchi arricchitisi oscenamente a scapito di milioni di cittadini russi e rimettendo nelle mani dello stato le aziende operanti in tutti i settori strategici e trainanti. Si badi che non tutti gli oligarchi furono oggetto di "semplice" ostracizzazione, in quanto alcuni di essi, decisi ad avversare Putin ad ogni costo (come Mikhail Khodorkovskij, che stava per svendere una buona fetta del gigante energetico Yukos, guarda caso, alla Exxon) sono stati processati e condannati a scontare svariati anni di carcere. L'odierno fulcro dell'economia russa è la Gazprom; una compagnia, statale per il 51%, che al maggio 2008 capitalizzava sui mercati un valore di 340 miliardi di dollari. Il reddito generato dalla Gazprom è stato in grado di coprire in pochissimi giorni il crollo dei titoli di stato emessi da El'cin, che nel 1998 aveva portato la Russia al default per oltre 13 miliardi di dollari. Ciò ha enormemente indispettito i grandi gruppi finanziari internazionali, che si sono immediatamente attivatati per favorire l'ascesa al potere del cavallo su cui avevano puntato, il grande scacchista Gary Kasparov. La grande popolarità che Putin riscuoteva ha però impedito questo tipo di operazione, cosa che ha portato costoro ad adottare una diversa tattica operativa. Consci del fatto che il consenso di cui Putin godeva rendeva impraticabile qualsiasi tipo di rivoluzione colorata, costoro hanno messo in moto una gigantesca campagna mediatica volta a demonizzare la sua figura al di fuori dei confini russi. Gli omicidi "eccellenti" di Anna Politkovskaja e Aleksandr Litvinenko, caduti a fagiolo per essere immediatamente attribuiti a Putin dai sedicenti “nouveaux philosophes” André Glucksmann e Bernard Henry Levy, rientrano in questo progetto, così come gli attacchi della prezzolata giornalista del "New York Times" riportati da "Repubblica". Al di là della palese malafede dimostrata da costei (asserire, riferendosi a Putine alla Russia, che "I regimi autoritari, non rispondendo ai cittadini, sono disastrosi quando si tratta di fronteggiare situazioni anomale. Avendo il controllo dei mezzi di informazione (in primis la tv), i leader di questi Paesi non hanno le capacità di ponderare e calcolare possibili rischi" evitando di prendere in esame ciò che accadde negli USA durante l'uragano Katrina è quanto di più indegno e fazioso possa fare un giornalista), dai "sinistrorsi" de "L'Unità" (è mai possibile che ancora qualcuno possa far leva sul rispetto dei "diritti umani" per attaccare il rapporto con Putin?) e dai "finiani" (probabilmente i più ipocriti, visto che hanno chiesto “chiarimenti” sui rapporti Berlusconi – Putin dopo esser stati alleati con l'inquilino di Arcore per un quindicennio), ciò che balza all'occhio è la serie impressionante di analogie che si evincono dall'analisi delle vicende in cui i due uomini politici in questione si sono trovati coinvolti. Tanto Putin quanto Berlusconi sono stati tacciati di "autoritarismo", entrambi sono stati attaccati dagli organi editoriali in mano ai grandi gruppi finanziari internazionali ("The Economist", "Wall Street Journal" eccetera), entrambi si trovano a fronteggiare crisi interne su cui aleggiano pesantissimi sospetti di ingerenza della "manina d'oltreoceano". Questo ultimo punto è però particolarmente controverso, perché se sui moventi e sui mandanti del cosiddetto "strappo dei finiani" persistono ben pochi dubbi, molti punti interrogativi sono sorti sull'origine del cataclisma climatico che sta devastando la Russia. E' interessante osservare la scarsissima attenzione che i mass media hanno riservato alle cause reali che hanno determinato il disastro a fronte della soverchiante massa di informazioni relative al presunto calo di popolarità di Putin a seguito dell'impreparazione dimostrata nell'affrontare gli incendi. Alcuni osservatori hanno immediatamente insinuato il sospetto che all'origine del disastro ci fosse qualche nuovo tipo di arma ideata appositamente per sortire questo tipo di effetto. Si tratta di tesi indimostrabili al momento, ma assolutamente non campate in aria. In un’intervista risalente al febbraio 2008, l'acuto generale Fabio Mini ha affermato che "Si pensi che il programma Owning the Weather 2025 è partito nel 1999; oggi siamo nel 2008, quindi sono già passati 10 anni (…). Questo obiettivo è a fini militari [in quanto] è finanziato dall'aeronautica militare statunitense, non è finanziato da McDonald che vuole vendere gli hamb
urger, quindi è un programma che sta andando avanti e se tanto mi dà tanto, se l'obiettivo finale è al 2025, nel 2008 noi qualche risultato lo dobbiamo avere altrimenti chi investe i soldi avrebbe già chiuso i rubinetti dei fondi. Quindi ci sono già adesso delle capacità pratiche che possono essere sfruttate. Io dubito molto a livello di riflessione che ci sia qualcuno che intenzionalmente stia dirigendo queste armi contro un altro obiettivo. Dubito molto non perché credo che gli uomini siano buoni, dubito molto che ne abbiano acquisito la capacità". Come si vede, si ragiona nel campo delle ipotesi, che al momento non possono che rimanere tali. In ogni caso, la verità sta venendo a galla, e non si tratta di un buon segnale, poiché rivela l’impellenza di portare a termine quanto pattuito a inizio anni Novanta (a bordo dello yacht “Britannia”, presumibilmente). I grandi agenti del capitale hanno puntato il mirino sulle loro prede (ENI e Finmeccanica), scatenando i fedeli cani da caccia (dentro al Parlamento, alla Confindustria e anche alla magistratura) di cui si sono serviti in tutti questi anni. Putin ha saputo resistere a questo tipo di attacchi, mentre Berlusconi sta visibilmente cedendo. C’era da aspettarselo. Del resto, la stoffa di cui son fatti non è mai stata la stessa.