(o dei reazionari mascherati da arruffapopoli) C’è un aspetto davvero odioso nel comportamento dei contestatori da operetta del turbo-capitalismo (intercooler?) col cervello sovralimentato dalla vanità. Quello di lamentarsi in tv, sui giornali, sui loro libri pubblicati dalle principali casi editrici […]
“L’adorazione indiscriminata dei prodotti della civiltà tecnologica e’ altrettanto negativa che la polemica indiscriminata contro questi prodotti”. Mao Tse Tung. Il figlio di coltivatori agricoli del villaggio di Shaoshan aveva il cervello fino, sicuramente molto più sottile degli sciocchi pauperisti dei nostri giorni che predicano sobrietà e rinuncia arricchendosi alle spalle della comunità. Mai fidarsi di chi sventola la bisaccia del mendicante da una cattedra o in uno studio televisivo. Ispirarsi al pensiero comunista non ha mai significato votarsi alla miseria o alla frugalità, semmai proprio il contrario, come sosteneva Marx, per il quale il comunismo sarebbe stato il regno dell’abbondanza contrapposto a quello della scarsità, l’affermazione di un diverso modo di produzione, generato dalle viscere del capitalismo ma più evoluto storicamente, in cui ognuno avrebbe preso quello che gli occorreva, prima secondo la proprio fatica (socialismo) e poi a seconda dei propri bisogni (comunismo).
Il comunismo non sarebbe nemmeno stato il luogo in cui “ciò che mio è tuo” e viceversa, in cui gli individui sarebbero stati costretti a condividere ogni cosa, pure i rasoi da barba. Non il possesso di ogni oggetto ma esclusivamente la proprietà degli strumenti di lavoro sarebbe stata collettivizzata. Anche qui, all’opposto di quel che narrano certuni filosofessi, per il pensatore tedesco, il comunismo avrebbe permesso lo sviluppo del massimo d’individualità dei soggetti, definitivamente affrancati dalla dipendenza economica e dalla subalternità di classe (condizione in cui è purtroppo possibile approfittare del lavoro altrui), per concentrarsi sul libero accrescimento delle proprie attitudini personali. La Grassa ha spiegato questi passaggi in numerosi testi. Il Capitalismo porta il livello della produttività del lavoro ad un grado mai raggiunto prima ma non elimina l’odiosa appropriazione, da parte dei proprietari privati, del pluslavoro nella forma del plusvalore. Il salario pagato ai “proletari” corrisponde alla quantità di merci necessarie a riprodurre la loro energia, e quella dei discendenti, cioè a riproporre costantemente una specifica situazione di dominanza. Dunque, il “conquibus” ricevuto dai lavoratori dipendenti (del braccio e della mente) è elemento di quello speciale rapporto sociale che fissa ruoli e posizioni contrapposti: la massa dei produttori deve percepire immancabilmente meno di quanto ha effettivamente prodotto per garantire il profitto dei gruppi superiori. Questa condizione economica di subalternità è il riflesso di un meccanismo sistemico che innerva ogni sfera in cui noi dividiamo teoricamente la società. Tuttavia, è sbagliato dire che nel capitalismo sia la stessa natura umana ad essere irrimediabilmente compromessa perché sottoposta al decadimento dell’alienazione. Il manovale, ed anche chi svolge attività cognitive subordinate, invece, non aliena mai se stesso ma unicamente la sua energia lavorativa, per quanto duro ed imbarbarente possa essere il suo sforzo. Certo, è “estraniato” perché svolge compiti parcellizzati di cui può non cogliere il senso complessivo. Ed è ugualmente estraniato perché non può disporre direttamente dei beni che ha solo contribuito a fabbricare, essendo questi la somma di svariati interventi, lungo la catena produttiva, di altri suoi simili. E’ sufficiente ciò per affermare, come fanno i filosofi umanisti, che l’operaio perde la sua anima nell’atto di produrre? L’alienazione è casomai del chiacchierone cattedratico che non ha mai mosso un dito in vita sua ma vuole spiegare agli altri in cosa consista la nuda vita. Il capitalismo non mercifica l’uomo ma la sua forza lavorativa. Non è una sottigliezza ma un aspetto fondamentale che se non compreso adeguatamente porta a sostenere delle sciocchezze inaudite. Voi direte che me la prendo sempre con i filosofi. E’ errato, me la prendo piuttosto con i ciarlatani che costruiscono le loro carriere sull’ignoranza o sulla dabbenaggine di altri esseri umani. Sono contro la figosofia, ovvero contro quel depensamento, prettamente estetico e totalmente antiscientifico, elaborato da certi furbastri per far colpo sui più deboli e su quelli meno attrezzati culturalmente. C’è qualcuno che, superando qualsiasi impudenza, ha trasferito l’alienazione, imposta dal Capitale, dall’uomo all’animale. Il Capitale sarebbe ovviamente anche responsabile del disastro ambientale. “Il mondo animale storicamente non ha voce in capitolo, non ha la possibilità di protestare, né di organizzarsi in forma di indocilità ragionata. Il mondo animale subisce la mercificazione e lo sfruttamento capitalistici senza avere la possibilità concreta di forme di antagonismo tese a superare e trascendere il modo capitalistico della produzione”. Così uno di questi filosofi che fa risalire la sua critica pro-animalista addirittura a Marx il quale, invece, non ne sa proprio nulla di tutte queste stronzate. Un fatto però è sicuro. Anche gli animali se la passano meglio oggi, che non devono fornire forza motrice agli attrezzi di lavoro, rispetto a quanto avveniva nei modi di produzione arcaici. Un bue finirà sulle nostre tavole dopo un’esistenza all’ingrasso e non sgobberà in un campo di patate, per ore ed ore, trascinando un pesante aratro. Un cavallo non sarà più costretto a trasportare una carrozza per chilometri con dentro una testa di cazzo della nostra specie. Un mulo idem. Ci arriva pure un bambino a capire queste banalità, non un filosofo che deve prendere in giro un mare di gente. La produzione di merci è sempre meglio della produzione di merda encefalica che ci sta sommergendo fino al collo. Il filosofo odierno, che sguazza nelle evacuazioni del suo cervello, ricorre pure al cuore per spingerci ad abbracciare una causa animale, in nome della lotta contro il Capitale. Onestamente è troppo, anche se voglio bene agli animali. Invoco una guerra per fare pulizia del mondo perché proprio non se può più della degenerazione intellettuale dei nostri tempi, si tratti di politicamente corretto o del suo contraltare ipocritamente scorretto. Ascoltare per credere. Spero che dopo questa Pandora Tv chiuda per sempre i battenti perché non merita di esistere.