Onorevole Boldrini,
Ella ci fa sapere come taluni partigiani si sentano ancora offesi dalla presenza di monumenti del ventennio fascista; io, invece, appartengo ai milioni di italiani che Le fanno sapere che sono stanchi di veder sventolare la bandiera dell’Unione Europea sulle proprie città, e sognano un tempo in cui esporla sarà reato.
Che ci vuole fare, cara Signora, sono un italiano nostalgico, tuttavia non del ventennio, che non ho vissuto, ma del futuro che non ho più.
Nelle Sue esternazioni, così piene di accorata e squisita sensibilità, ravviso l’ennesimo esempio della propaganda più subdola, tesa a cancellare qualunque simbolo identitario potenzialmente collegabile alla difesa degli interessi nazionali del nostro popolo.
È l’operazione di cancellazione della storia e, quindi, dell’identità e dell’appartenenza di un popolo alla propria terra, in ordine alla costruzione di anonimi territori coloniali euro-americani, sprovvisti di storia comune e abitati da individui sradicati in perenne conflitto tra loro. Non è colpa Sua, me ne rendo conto, se tale disegno, basato sulla distruzione degli Stati nazionali, passa necessariamente per l’annichilimento dell’identità dei popoli, della tradizione, e del legame con il proprio territorio. Non è colpa Sua, se comporta l’annientamento dei popoli stessi per come li conosciamo, fisicamente cancellati e sostituiti con immigrati di culture differenti e inassimilabili, in modo da costruire un mosaico multietnico di interessi contrastanti e inconciliabili in nome di un interesse comune, che si riconosca in un territorio e voglia difenderlo.
È il modello della società globale disegnato dai poteri forti americani, di cui l’Unione Europea è il laboratorio più avanzato; un modello anticipato e rappresentato da internet: una indistinta e virtuale rete mondiale, abitata da un essere umano de-territorializzato, che esiste appunto in questo non luogo geografico e in un eterno presente, creato mediante la simultaneità degli scambi.
Per realizzare una società siffatta, naturalmente, oltre alla storia, bisogna ignorare anche la geografia (e a ciò ha pensato la Sua collega Gelmini, proponendo una riforma scolastica in cui l’inutile e noioso studio di questa materia è stato abolito).
Lo sa, cara Signora, che ogni mese nel mondo scompaiono due lingue? Ma -giustamente – cosa gliene importa a Lei di simili questioni astratte ed accademiche, basta che i bambini facciano un buon corso di inglese, un paio – anzi una dozzina – di vaccinazioni, e non avranno problemi: ci sono tanti bei posti per emigrare… – chiedo venia: migrare.
Io, Signora, non vorrei sbagliare, però, per i miei figli – se avessi potuto permettermeli – mi orienterei più per un bel corso di Cinese o di Russo…
Tuttavia, ipotizziamo per un momento che Ella, onorevole Boldrini, abbia ragione e che sia necessario cancellare la memoria di quell’esecrabile periodo. Io, allora – se mi permette – avrei un umile suggerimento da darLe: perchè non demolire anche i ponti, le strade e le ferrovie? Lo sa che – purtroppo -durante il ventennio ne furono costruiti molti chilometri? Glielo hanno detto? C’è scritto su quei foglietti che tanto solertemente e con tante difficoltà legge in pubblico?
E, a questo punto, perché non distruggere anche i lavori di bonifica, che hanno permesso a tanti italiani oppressi dal fascismo di lavorare la terra e di sopravvivere? Non trova anche Lei “orribile” lo skyline di Latina?
Vuol mettere la meraviglia di quegli acquitrini delle paludi pontine restituiti al loro antico splendore e popolati nuovamente di variopinte specie di uccelli, piuttosto che dai discendenti di quei coloni italiani con le mani callose e il brutto vizio di coltivare la terra? Sa che festa per Legambiente e che bei servizi su National Geographic?
E poi si potrebbe ricostruire tutto daccapo, stavolta con alacri e marmoree braccia migranti; e magari, al posto delle fastidiose e ronzanti mosche, erigere qualche brulicante moschea, per abbellire il paesaggio e integrare i nuovi coloni, che donerebbero finalmente al panorama un tocco multiculturale, mi spingo a dire di poeticamente ecumenico. https://www.youtube.com/watch?v=9RQEhaYbJ40
Sa quanto lavoro per i nerboruti immigrati? Oddio, mi perdoni, si chiamano migranti. Mi scusi anche per “l’oddio”, lo so che qualcuno si può offendere; mi suggerisca lei le parole: ecco, facciamo come con i nuovi genitori gender: “Divinità n.1, n.2, ecc.”, le caratteristiche di ciascuna strettamente normate dall’Unione Europea.
Ma sto divagando, torniamo ai nostri amici immigrati, da accogliere a braccia aperte: sappiamo tutti che si spaccano la schiena solo per pagarci le pensioni, ce lo ha detto anche l’onorevole D’Alema: http://accademiadellaliberta.blogspot.it/2017/07/dichiarazioni-scioccanti-di-dalema-vi.html
Non vorrà mica che finiscano a rubare? Non ci sarebbe gara: in quel campo, ci dite da decenni, noi italiani siamo imbattibili. Via, li conosciamo, questi ragazzoni venuti a darci una mano: sono specchi di onestà, ma non possono mica tutti chiedere l’elemosina! A chi dovrebbero chiederla poi, ora che anche noi italiani siamo finiti a chiederla?
Eh sì, cara signora Boldrini, Ella ha intuito la strada giusta, ma persegua (mi perdoni il lapsus, volevo dire prosegua), non arretri di fronte ai beceri rigurgiti di nazionalismo di un Paese morente. Resista! A breve non ci saranno che immigrati e voteranno tutti per Lei e per la sedicente sinistra.
In quel mondo meraviglioso che Lei preconizza, persino le camicie nere saranno finalmente proibite, a meno che non siano firmate da Dolce e Gabbana (mi consenta però di dirLe che è un peccato, perché, considerando come saremo ridotti, reggerebbero meglio lo sporco…); l’unico vero rimpianto è che non ci sia più Michael Jakson: sa che testimonial meraviglioso? Oggidì farebbe altrettante operazioni per tornare negro e potrebbe tenere un concerto in mondovisione da piazza S.Pietro, con omelia del Papa sull’accoglienza e accompagnamento di uno scatenato Bill Clinton al sassofono.
Vada avanti, Signora, non pensi a noi che grazie alle leggi europee che continuamente votate non abbiamo più futuro , e, a quanto pare, tra un po’ nemmeno un passato.
Francesco Mazzuoli
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