Verso un calo del commercio mondiale e il “globalizzometro”.
è sintomatico che la sedicente globalizzazione (presa come fenomeno semplicemente economico e riconoscimento della “bontà e bellezza” del mercato, inteso nel semplicistico senso di Adam Smith) fosse aumentata di colpo con l’improvviso e velocissimo crollo del sistema bipolare per la “crisi finale” del polo detto “socialista”. Oggi la globalizzazione tende a tramutarsi nel suo contrario – così come si verificò negli ultimi decenni dell’800 e per gran parte del ‘900 – a causa del multipolarismo crescente con incapacità degli USA di assicurare un coordinamento generale; così come appunto accadde alla fine del XIX secolo con il declino della predominanza “globale” inglese, primo paese a “completare” la rivoluzione industriale basata sul passaggio dagli strumenti della manifattura alla piena diffusione delle macchine. Come già allora, anche nell’epoca odierna, il processo in corso conoscerà andamento sinusoidale e ci saranno sempre i soliti limitati economisti che grideranno alla fine della “crisi” e alla rinascita del mercato globale. Non sarà così nel medio-lungo periodo. E arriveremo, in tempi non prevedibili con estrema precisione ma credo di almeno un paio di decenni e anche un po’ di più, al policentrismo conflittuale acuto, dove si vedranno “cose” ben diverse e ben più drammatiche della solita solfa sulla “globalizzazione” o “deglobalizzazione”. Il disordine diverrà infine tale da rendere nemici vasti gruppi di paesi, portando ad alleanze per risolvere tramite scontro “definitivo” il problema della “predominanza ri-coordinatrice” del sedicente “mercato”; in realtà delle sfere d’influenza tra paesi, in cui occorrerà la ricostituzione, per una data epoca storica, della predominanza di uno d’essi in una vasta area mondiale, quella maggiormente sviluppata industrialmente; così come accadde alla fine della seconda guerra mondiale nel “polo capitalistico”. Ci sarà una nuova epoca di relativa “pace” – con conflitti minori e accompagnati probabilmente da sconvolgimenti sociali pur essi non prevedibili oggi nel loro effettivo andamento – e poi si ripartirà per un nuovo ciclo di “lungo periodo”. E così “per sempre”. E con i soliti predicatori di pace eterna e di fratellanza tra uomini; pochi in buona fede, per lo più invece per garantire la formazione e durata di date organizzazioni basate sulla sudditanza dei più a piccoli gruppi di “potenti”.
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