TANTA INDIGNAZIONE MA UN PO' DI REALISMO di Giellegi

Ammetto onestamente di essere molto perplesso di fronte ai miti populisti coltivati a sinistra e anche da certi comunisti (non quelli leninisti). I popoli non sono innocenti di per sé, le colpe non ricadono soltanto sui dominanti. O si ritiene che il popolo, come affermano i reazionari, è bue, e si ammette che i dominati sono come bambini piccoli, piccoli (o addirittura bestie solo guidate da istinti primitivi; quindi nemmeno “animali superiori”), che debbono essere diretti dai pochi dotati di ragione (nel male o bene che sia); oppure – e questa è la mia opinione – popolo e dominati sono anch’essi in varia misura responsabili di quanto accade nei processi storici.

La base di massa della Vandea era costituita da contadini. Le armate bianche (di Kornilov, ecc.) erano formate da contadini (e la maggior parte poveri), non solo da nobili. Nel 1934 Krupp si lamentò con Hitler – e di fatto chiese una soluzione che venne poi realizzata con la “notte dei lunghi coltelli” – perché i suoi operai si assentavano troppo spesso dal lavoro essendo militanti delle SA, che compivano continue scorribande assassine contro gli oppositori. Debbo continuare? Dalle masse nascono gli eroi delle rivoluzioni come le belve assetate di sangue della più torva reazione. Questo, i bolscevichi lo sapevano; Lenin in specie non si faceva certo illusioni. E anche un “revisionista” come Togliatti (per non parlare di Gramsci) era ben edotto del fatto. L’epoca della “diversità etica” dei comunisti – che ha introdotto nella base ormai piciista solo l’enfasi dei “buoni sentimenti” – è iniziata con Berlinguer.

La fase storica è in veloce cambiamento. Chiunque volesse ripetere scolasticamente le tesi di Lenin – su partito, Stato, imperialismo, ecc. – sarebbe del tutto infantile. Lui stesso ne sarebbe scandalizzato, visto che insisté sempre sull’analisi della situazione concreta, cioè su considerazioni teoriche appunto di fase (o di congiuntura). Tuttavia, quello che torna di piena attualità nella nuova dura epoca che si apre è lo spirito leninista, il realismo privo di illusioni populistiche e “buoniste”. Diventa per noi essenziale la sua assenza di formalismo, per cui non credé mai alla “democrazia” elettoralistica (“chiamare ogni tot anni il popolo a eleggere i suoi oppressori” nell’ambito della “migliore forma di governo per dominare”); altro che quei finti “critici critici” che si sono creati un feticcio con la “Costituzione repubblicana” e che tornano ai principi bugiardi del 1789 (prima della fase giacobina). Quindi, nessuna ripetizione a pappagallo delle formulazioni specifiche leniniane (superate come ogni altra cosa a questo mondo), ma ammirazione per il suo spirito veramente rivoluzionario e avulso da cedimenti sentimentali, che resta per me una lezione da imitare.

L’unica ammissione che è possibile fare riguarda la diversa responsabilità di chi comanda e di chi obbedisce. In questo senso, i vertici dominanti sono decisamente i “nemici” per antonomasia, assieme agli intellettuali che formulano le ideologie dell’oppressione (ivi comprese quelle finte antagoniste, atte a meglio ingannare i “polli” che ci cascano); le masse, i dominati, hanno delle “scusanti” se cadono sotto l’influenza – e per lunghi periodi storici vi cadono – di tali ideologie. Tuttavia, fin quando di queste non si liberano, fin quando seguono i loro dominanti nell’opprimere (e sterminare) altri dominati, debbono essere denunciati per quello che sono: un po’ meno colpevoli, ma pur sempre colpevoli. Inoltre, è anche necessario riconoscere che, nella storia, i massacrati di ieri diventano spesso i massacratori odierni. Nulla di straordinario e sorprendente in ciò.

Spirito leninista significa però anche capire quando certe azioni si possono fare e quando no, quando ci sono effettive possibilità di arrecare grave danno al nemico o addirittura di vincerlo, e quando invece devi prendere atto che agire secondo certe modalità implica soltanto vocazione al martirio e suicidio manifesto. In date situazioni storiche devi scegliere vie traverse e tortuose, che certo non soddisfano per nulla un minimo senso di giustizia. Non ci si deve arrendere (come avviene spesso, e di schianto, quando ti avventuri in scontri frontali senza sufficienti mezzi a disposizione), ma è necessario ammettere, quando occorre, la propria impotenza in quel dato periodo. Bucharin, tra i massimi dirigenti del bolscevismo rivoluzionario, scrisse nell’introduzione all’economia del rentier che, nei periodi di riflusso – che non possono essere invertiti dalla semplice volontà soggettiva – il compito fondamentale diventa quello della critica delle teorie e ideologie dominanti; non però certo con lo spirito dell’intellettuale accademico, tutto dedito a preziosismi ed erudizione, al fine di accedere alla carriera detta scientifica, mentre è solo l’accettazione del “candidato” tra i servi ideologici del potere dominante.

Se oggi non si capisce in quale epoca di arretramento e di confusione teorico-ideologica siamo, allora sarebbe meglio starsene zitti, non parlare né scrivere più, perché i danni provocati dagli scriteriati sono ingenti; e sono sempre tutti a favore dei peggiori dominanti in campo. Tuttavia, certo, in momenti cruciali come il presente, quando vengono commessi misfatti della gravità di quelli di Israele, è ovviamente impossibile tacere, anche se non si possiedono categorie – né mentali né d’azione – adeguate a pensare possibili contromisure. Possiamo solo rilevare alcuni punti per noi fermi. Dopo il tanto banditesco vaneggiare reazionario circa Milosevic, e poi Saddam e poi Ahmadinejad, quali novelli Hitler, è oggi evidente che – sempre stando attenti all’imprecisa approssimazione dei paralleli storici – Israele assume la posizione che nel ’38 aveva la Germania nazista, con continue aggressioni e feroci repressioni ed eccidi.

Tuttavia, pur non nascondendosi che tale Stato agisce anche in proprio, non vi è dubbio che può commettere i suoi delitti solo perché ha l’appoggio degli Usa. Il nuovo presidente tace e parla d’altro (mai fu più appropriato il detto: “chi tace acconsente”), perché vi è già un implicito, o forse stabilito occultamente, accordo con l’amministrazione in scadenza affinché essa compia la parte più sporca del lavoro. Soprattutto, deve riuscire a rimettere completamente in sella – su un bel mucchio di cadaveri (che, come ben si sa, non protestano) – il governo Quisling palestinese; cosicché il nuovo presidente statunitense, tra gli applausi generali, possa trattare una “pace” (di morte) tra Israele e Abu Mazen, in cui quest’ultimo si adatterà al ruolo di “maggiordomo”. Proprio per questo, non può cessare la critica alla sinistra che ha inneggiato ad Obama, che lo ha eletto a proprio “faro” politico. La critica è quella rivolta ai servi dell’ipocrita, che è in trepidante attesa della “felice” fine del massacro onde pavoneggiarsi, fingendo condiscendenza verso i traditori, sempre presenti in qualsiasi schieramento, all’interno di qualsiasi popolo.  

Tuttavia, non si può negare che, nel presente frangente (ma che potrebbe durare poco, almeno nella sua configurazione attuale), è difficile non accorgersi che la cosiddetta “destra” (quella di governo) assume posizioni di una laidezza difficile da imitare. In particolare An sollecita un disgusto tutto particolare; i suoi dirigenti hanno seguito esattamente lo stesso percorso dei rinnegati postpiciisti (negli anni novanta), ma li hanno persino superati in stupidità e meschinità, in capacità di capovolgere la verità. Sono stati fascisti a tutto tondo, adesso vorrebbero criticare perfino la Chiesa per antisemitismo e corresponsabilità nell’Olocausto. Immaginare uno schifo maggiore, è francamente al di sopra di una mente non completamente abnorme e mostruosa.

Pensate poi il “divertimento” delle dichiarazioni di governicchio ed opposizioncella. Frattini: “si all’autodifesa di Israele [sembra la “difesa integrata” di D’Alema quando andava a bombardare la Jugoslavia assieme a Clinton], ma si salvi la popolazione civile”. E come, fatuo Ministro? Il Times (giornale notoriamente conservatore ma di “gran fama” da tempo immemorabile) riporta la notizia del più che probabile uso, da parte dell’esercito israeliano, delle bombe al fosforo bianco; in un’area che ha la più alta densità di popolazione al mondo (3800 ab. per kilometro quadrato). Veltroni ribatte invece: “posizione inadeguata, bisogna chiedere il cessate il fuoco”; e come, o vacuo bamboccione? Per costringere Israele a fermare l’aggressione (altrimenti il fuoco non può cessare!), sarebbe necessaria una forza armata Onu; ma decisa a combattere e con una potenza bellica adeguata. E chi la mette in piedi?

Qui arriviamo all’altra similitudine con il passato. La Società delle Nazioni naufragò completamente negli anni ’30. Adesso, è arrivato il momento di dire con chiarezza che non esiste di fatto più l’Onu. Questo organismo sarà tenuto in vita come quegli esseri umani, ad encefalogramma ormai piatto, cui si continua a dare inutile alimento. L’epoca delle Nazioni (presunte) Unite è definitivamente finita; bisogna attendere il multipolarismo, dove l’iniziale mediazione tra potenze – prima che si mettano le mani addosso – potrà risolvere qualche crisi “locale”. Ma l’Onu, basta! Non prendiamoci più per i fondelli. Un simulacro di vita, un mondo delle ombre. E’ solo uno spreco di risorse per tentare di salvare il moribondo monocentrismo statunitense, mentre invece ci si avvita nel più completo disordine globale con prevaricazioni d’ogni genere.  

Tuttavia, non è solo finita l’epoca dell’Onu. E’ finita da vent’anni l’epoca del bipolarismo, in cui né l’Urss né la Cina furono società in transizione verso un nuovo “modo sociale di produrre” – per cui, lo ribadisco, non c’è stato alcun effettivo fallimento della rivoluzione pretesa “proletaria” e “comunista” – ma furono in grado di cambiare il mondo mettendo in discussione l’unico “modello” di capitalismo esistente (la formazione dei funzionari del capitale) e rovesciando dappertutto il vecchio mondo coloniale e neocoloniale, mediante appoggio deciso alle varie lotte (armate) di liberazione nazionale, guidate per buona parte da comunisti. Nessuno capirà quanto mi addolora dover pensare – ma sono convinto di non sbagliare giudizio, pur se sarei ultralieto se fosse il contrario – che quanto sta accadendo a Gaza non è il vagito della nuova epoca, bensì un rantolo (uno degli ultimi) della vecchia. Questo non significa non protestare contro lo sterminio, non provare disgusto nei confronti di questa infame “destra”; e solo un po’ meno (e solo per questo periodo particolare) verso la “sinistra”. Tuttavia, dobbiamo raccapezzarci meglio, orientarci in base al realismo e non alla sola indignazione.

Siamo in una fase in cui i reazionari, grazie all’impasse (anche se non totale, per fortuna) dei cosiddetti “estremisti” (anzi, li chiamano “terroristi”, attribuendo agli altri ciò che essi sono), si permetteranno adeguamenti tattici e forse strategici, cercando di trarci in inganno. Troppo facile, e bello, credere ad esempio che Israele si stia muovendo come un pugile suonato, assestando gli ultimi “colpi di coda”. Simile ingenua credenza serve solo ad avallare l’idea che con Obama potrebbe iniziare un’era più pacifica; o che almeno queste sarebbero le sue intenzioni. Niente di tutto questo. Obama dovrà prendere atto della strada iniziata verso il multipolarismo; tenterà di contrastarla con manovre (forse) più duttili, e pericolose per la loro doppiezza, di quelle attuate sia da Clinton che dai Bush in una fase che sembrava indirizzata all’Impero monocentrico degli Stati Uniti. Saremo però sempre più immersi nel “grande disordine” mondiale; e non sarà facile orientarsi, perché il nemico sarà più sfuggente, poliedrico (i vari “poli” saranno comunque guidati da gruppi dominanti). Non si potranno considerare i nemici tutti allo stesso livello; però nemmeno tale livello, cioè la gerarchia dei diversi gradi di “inimicizia”, resterà fisso. Chi sta con i dominati, da un punto di vista strategico e di fondo, sarà costretto a tanti “balletti”; se starà fermo e fisso su rigidi “principi”, sarà solo più facilmente infilzato.

Prepariamoci dunque ad un periodo non facile, e dove nulla apparirà chiaro e delineato come in un disegno perfettamente geometrico; sarà invece come quello “a mano libera” e per di più schizzato da un individuo con turbe psichiche. Questo blog (e sito) deve tentare di compiere un salto di qualità. Mi sembra che non sia più stata ripresa l’idea di una riunione degli amici del blog. E’ bene pensarci, preparando l’incontro; non so dove (bisogna sapere chi verrebbe e da quali luoghi) e verso primavera avanzata, anche per avere il tempo necessario ad organizzare tutto con una certa cura. In ogni caso, cominciamo a parlarne perché attraverseremo, almeno penso, dei tempi grami; in genere, però, lo sono quasi sempre i periodi di “transizione” tra due fasi diverse. E’ già tanto che siamo in pieno movimento, pur se non affatto con il cuore gioioso.

PS I TG riportano tutte le manovre “diplomatiche” compiute (senza tanto affrettarsi e in una serie di incontri volutamente ricchi di parole e senza alcun risultato) per giungere all’obiettivo voluto: consentire ad Israele di liquidare Hamas prima che si insedi Obama. La scusa addotta dai nostri vergognosi giornalisti (anche del TG3) è il timore di Israele che il neopresidente si opponga alle armi; in realtà, costui aspetta di poter trattare solo con Abu Mazen (e gli altri regimi arabi conniventi, con mascherature varie), al fine di creare apparentemente “due Stati”: uno predominante e l’altro vassallo, cosicché tutta l’area mediorientale sia sotto controllo israeliano, ma anche e soprattutto per conto degli Usa. Solo la rottura dell’attuale sfera d’influenza statunitense (con il suo sicario, pur dotato di autonomia, appresso) – effetto del futuro multipolarismo che al momento crea solo disordine globale – muterà la situazione.