TRA LA FED E LA BCE (G. DUCHINI)
Anzitutto c’è un antefatto da non sottovalutare e da tenere sempre presente: la Bce è indissolubilmente legata alla Fed nel senso che da quest’ultima dipende; più esattamente la Fed detta la linea di direzione entro cui la Bce può muoversi con un certo grado di autonomia, pur essendo a sua volta sottoposta ad un vaglio dI ultima istanza, al di fuori del quale non si può andare, pena una destituzione immediata dei responsabili preposti alla guida della superbanca. E’ altrettanto ovvio che esiste una catena di trasmissione che lega in modo indissolubile la Fed alla Bce con “uomini in carne ed ossa” cresciuti a pane e banche; esemplare è il caso di Mario Draghi (Presidente della Bce) che si è fatto le “ossa” in qualità di manager della Banca d’affari americana Goldman Sachs.
Da questo antefatto possono discendere varie considerazioni in ordine a quanto è successo in questi ultimi tempi.
Il Diktat posto dalla Fed a Mario Draghi è un processo di normalizzazione delle politiche monetarie per superare un impasse dovuto ad una troppa bassa inflazione dell’euro. Nella disposizione imposta dalla Presidente della Fed (Janet Yellen) c’è un definitivo abbandono della lotta contro la tendenza deflazionistica ingaggiata da Mario Draghi in una sorta di graal irraggiungibile.
E’ in atto un duello a distanza tra la Fed e la Bce e cioè tra le due banche Centrali maggiori dell’occidente, nel senso che la prima difende la politica monetaria Usa e l’altra è custode della moneta unica europea. Il gioco è quello dei tassi d’interesse. La Fed dovrebbe alzare i tassi di interesse, insieme all’annunciata riduzione del proprio bilancio con la conseguente limitazione della liquidità sul mercato. La Bce dovrebbe mantenere i tassi a zero con un restringimento del Qe(1). Ma dietro questo duello si nasconde la reale partita del contendere. La Fed vuole arrivare in tempi relativamente brevi ad una sostanziale crescita dell’economia Usa che sta crescendo più lentamente del previsto. Occorre una più incisiva inversione di tendenza di Draghi che è troppo attardato sulla politica a tassi a zero e con una Bce che continua ad acquistare titoli di Stato. Questa situazione ha frenato in Usa la rivalutazione del dollaro e spinto al rialzo le Borse, anche se presto potrebbe cambiare tutto sul fronte del reddito fisso dove i titoli di Stato acquistati dalla Bce rischiano di perdere valore per allinearsi ai nuovi più alti rendimenti.
L’unico problema alla rottamazione del Qe è l’incertezza politica che grava su Eurolandia, gli esiti elettorali poco favorevoli per la Germania, la questione catalana, la mancata formazione di una coalizione di governo nei Paesi Bassi, fino alle elezioni in Italia nel 2018. Non è escluso che il Qe continui ad operare dimezzato per altri nove mesi, senza dare un’indicazione precisa su quando verrà posta la parola fine agli acquisti, non senza dimenticare che Usa, Gran Bretagna ed altre banche centrali si accingono a ridurre i rispettivi Qe.
GIANNI DUCHINI
(1) “ Ecco perché una Banca centrale interviene: alzando i tassi, spinge le banche private a chiedere meno liquidità alla banca centrale e, di conseguenza, a prestare meno soldi a imprese e famiglie, già reduci da un eccessivo ricorso all’indebitamento. Quando invece l’inflazione è molto bassa (o quando addirittura accade il fenomeno opposto ovvero quando i prezzi dei beni e servizi diminuiscono, la cosiddetta deflazione) una Banca centrale tende a tagliare i tassi, rendendo più accessibili i prestiti all’economia. Regolando il costo del denaro una banca centrale cerca quindi di regolare la quantità di prestiti elargiti dal sistema finanziario all’economia reale in modo tale da evitare situazioni di frenata o di surriscaldamento dell’economia. Esattamente come si regola la temperatura in un appartamento con un termostato.” Da “ Il Sole 24 Ore”.