TRANSIZIONE PROBABILE, di GLG, 30 aprile ‘13
(questo pezzo è stato in realtà scritto ieri mattina, ma nell’insieme mi sembra siano state rispettate le aspettative, quindi non apporto modifiche)
Il Giornale titolava un paio di giorni fa: “Governo DC”. Dopo aggiungeva la solita solfa: “fine dei comunisti”. In realtà si è trattato della fine (e forse temporaneamente) delle trite e ritrite cantilene intonate da chi ha continuato a definire comunisti coloro che hanno in realtà abbandonato tale orientamento politico e cambiato di campo da moltissimo tempo senza l’ombra di una spiegazione autocritica. Comunque, c’è del vero che in tale governo è stata eliminata tutta la componente degli ex del comunismo (più precisamente del piciismo, che era tutt’altra cosa). Si è dato spazio ai sostanziali centristi (non montiani, e situati dentro il Pd) e ci si è adattati al cosiddetto “inciucio” fermamente voluto da Napolitano e Berlusconi. Quest’ultimo ha, pure lui, “domato” la componente detta dei “falchi” e ha fatto promuovere ministri alcuni personaggi, che avevano mostrato parecchi cedimenti nei suoi confronti (non proprio come Frattini, ma poco meno), soprattutto nel periodo cruciale della campagna elettorale quando il cavaliere è partito in quarta, sia pure con ritardo, per non essere fatto fuori, visto che la speranza di essere lasciato in pace dai magistrati (in base ad un compromesso stabilito, ne sono convinto, con americani e presdelarep) si era rivelata illusoria. Anche il ritardo nel mettersi d’impegno in campagna elettorale, a mio avviso, è stato consapevole; il “nano” non voleva vincere ma creare stallo al Senato (e gli è andata bene per un pelo, rischiava di prevalere proprio alla Camera, una vera complicazione per lui).
Adesso si tratterà di valutare il programma del governo, ma ci sono già sintomi nella stessa direzione di “rappacificazione” (detta “inciucio”): ad esempio, le dichiarazioni di Saccomanni (vicino a Draghi), che almeno a parole mutano registro rispetto alla politica montiana. Quest’ultima, comunque, non era un errore e non è stata voluta e perseguita da tecnici incompetenti. Monti forse si aspettava più riconoscenza e forse invece no (o forse gliela mostreranno in altra direzione). Non lo so. So che ha assolto il compito di terrorizzare il popolo, di prospettargli una dura recessione con politiche di “follia fiscale” seguite da calo del Pil e da ulteriore crescita del Debito Pubblico. In apparenza, l’ex premier ha seguito le indicazioni tedesche, che del resto si ammorbidiranno anch’esse dopo le elezioni (per il momento la Merkel interpreta gli umori del paese e cerca una vittoria sonante; poi sarà libera di attenuare o mutare certe direzioni di politica verso il resto d’Europa, soprattutto quella “meridionale”).
Il popolo – spaventato facendogli balenare la prospettiva di un duro colpo ai conti correnti, depositi, ecc., insomma ai suoi risparmi già intaccati – dovrebbe essere invece lasciato in pace per un po’ di tempo, per cui crederà che questo governo è il migliore (o meno peggiore) possibile e che ha qualche idea per la fuoriuscita dall’attuale situazione. La crisi reale – non quella ingannevolmente prospettata iniziando dall’altalena della borsa valori e dall’ossessione dello spread, ecc.; cioè dal lato finanziario della stessa, dal presunto obbligo di dover rimettere ordine nei conti pubblici ecc. (una solfa che comunque sarà tenuta di riserva per ogni evenienza politica) – assumerà sempre più gli aspetti da me indicati fin dal suo inizio nel 2008, quando feci il paragone (poi ripetuto mille volte) con la depressione del 1873-96. Il multipolarismo macinerà via via, le prospettive di nuovi impetuosi sviluppi saranno sempre frustrate e si riveleranno al massimo delle brevi impennate, con differenti andamenti in paesi e aree socio-economiche diverse.
Comunque, dovrebbe essere finita (o alla fine) la fase da me definita (nuovo) “infausto ventennio”: quello “antifascista” (con Berlusconi indicato come il nuovo Mussolini o quasi). Senza dubbio questo “infausto ventennio” non ha avuto gli aspetti ed esiti tragici del primo, ma nemmeno ha lasciato in eredità speranze di rinascita e di nuovo sviluppo, non solo economico. E’ stato invece un periodo di infinita meschinità, di degrado culturale (altro che la letteratura e il cinema del dopoguerra e degli anni ‘60), di rimbecillimento totale e di formazione di quello che ho definito ceto medio semicolto (soprattutto per la sua abissale ignoranza storica e politica, per l’annientamento della memoria), che è divenuto l’autentica base elettorale della presunta “sinistra”. Personaggi, che potevano essere ritenuti di buona cultura – penso, che so, alla Rossanda, ad Asor Rosa, ad Eco, a Fo e tanti altri – hanno mostrato un vero processo di imbarbarimento e di volgarità intellettuale indubbiamente inaspettato. Quanto ai centri mediatici – come quello di Santoro (con l’aggiunta di altri quattro o cinque) – o alle riviste tipo “Micromega”, si è constatato un infantilismo politico (condito con mala fede e fanatismo) del tutto disarmante. Questa sedicente “sinistra” è riuscita a rimbambire e far precipitare il livello culturale e di coscienza civile di grosse quote della popolazione appartenenti a determinati strati sociali intermedi, alimentati dalla spesa pubblica (di piena inutilità e perfino parassitaria) e dai “cotonieri”.
Da parte di questi attardati si verificheranno senz’altro tentativi di risalire la china, di mettere in moto “ritorni di fiamma”. Con gente simile non deve essere intrattenuto alcun rapporto, pur se senza dubbio entreremo anche noi in un periodo di opposizione e critica dell’intero quadro politico così come si sta configurando. Dovrà però trattarsi di una critica affatto diversa, priva della benché minima concessione a qualsiasi riedizione dello stupido antiberlusconismo, che ci ha condotto in una situazione di simile degenerazione e debolezza. Quanto ai cosiddetti “grillini”, mi sembra sia chiaro che non rappresentano un’efficace alternativa. Non metto in dubbio che fra loro ci possano essere persone con cui intrattenere un dialogo, ma le mosse fatte finora non incoraggiano a pensare che ci si trovi in presenza di individui dotati di sufficiente esperienza. Inoltre, fatta salva la massa dei confusionari, ho sempre la fastidiosa sensazione che siano manovrati da personaggi legati in definitiva ad ambienti nazionali e internazionali da noi sempre criticati: filo-atlantici (lasciando perdere come si mascherano per non farsi individuare) e filo-“cotonieri”. Avevano la possibilità di creare forti imbarazzi al duo dei manovratori poco sopra indicati e non l’hanno sfruttata. Per fortuna, sia chiaro; altrimenti avremmo magari avuto Prodi quale presdelarep, nonché l’ineleggibilità di Berlusconi che avrebbe perpetuato l’ “infausto ventennio” (“antifascista”). Comunque, se hanno agito diversamente da come sostenuto a parole, mi viene da dire: “gatta ci cova”.
La mossa al momento più orripilante è la nomina della Bonino agli Esteri, che mi sembra non fosse stata ventilata (si parlava di Frattini o D’Alema). Teniamo tuttavia conto che il governo è di transizione, quindi a tempo, almeno nelle intenzioni (che possono essere sempre disattese). Non si dovrebbe andare – e proprio alla lunga – oltre il biennio, durata più che probabile pure per la (ri)presidenza Napolitano. Anche riguardo alla permanenza di costui, si sono avute manovre abbastanza abili, che hanno divelto le velleità della sedicente “sinistra antifascista” e hanno portato infine non ad un mero prolungamento, bensì proprio alla riconferma elettorale del presdelarep, che ha così tutti i crismi per cercare di condurre in porto la manovra congiunta con Berlusconi. Quando dico congiunta non voglio significare che tra i due ci sia vero accordo, che non ci siano state e non ci saranno frizioni; tuttavia, esiste un comune riferimento ai “desideri” degli Usa (alla neostrategia dell’Amministrazione attuale). La nomina della Bonino è un pegno dato a questi desideri, una promessa formale di proseguire con una politica estera – ma anche interna, anche di ristrutturazione dell’apparato economico, industrial-finanziario – adatta alla bisogna.
Gli ex del piciismo hanno mostrato di essere “alleati” degli Usa – cioè allineati e servizievoli verso tale paese, così come lo sono gli ambienti confindustriali di cui sono divenuti i reali rappresentanti politici fin dal 1993-4 – molto più inetti ed inefficaci del “Mostro” da loro stessi creato su input dei suddetti ambienti. Il “padrone” sa bene che non si può troppo fidare di coloro che sono “più realisti del re”, nel senso che questi non hanno capacità d’iniziativa propria nel loro servire, e sono di solito inetti e controproducenti. Tutto diverso un Berlusconi. Ha fatto gli affaracci propri, e quindi ha flirtato anche con i russi (e con Gheddafi). Si è però subitamente allineato quando ha capito che non poteva spingersi oltre; sempre però con qualche dichiarazione fuori tono. Si pensi al suo piegarsi ai ministri tipo Frattini e La Russa nell’aggressione alla Libia per poi, dopo molti mesi, dichiarare che era stato commesso un errore, anzi una soperchieria; e senza l’avallo degli alleati nella Nato, ecc. Il “padrone” ha piena consapevolezza che un tipo del genere se ne sta, alla fin fine, tranquillo, ma apprezza la sua capacità di mostrarsi meno supino e non accovacciato ai suoi piedi (come un D’Alema durante l’aggressione alla Jugoslavia). E’ meschino come gli altri, in definitiva ubbidiente quando gli si affibbiano opportune strigliate; è tuttavia più furbo e quindi di buona utilità per certe manovre in cui occorra duttilità e qualche attività di mascheramento.
Dobbiamo attrezzarci ad una nuova fase di opposizione, dedicando tempo e riflessione pure ad un ripensamento teorico che personalmente credo di aver già iniziato. E’ inoltre necessario un ripensamento storico, sia pure per grandi tratteggi delle epoche passate; e con il tentativo di rivelare ciò che sempre viene tenuto nascosto. Il discorso sulla contingenza quotidiana e di congiuntura, che dovrà essere sempre da noi curato, non potrà che avvantaggiarsi di questa maggiore apertura teorico-storica. Stiamo attenti a non farci prendere dalla frenesia dell’intervento politico, delle improvvisate trovate intorno alla “prassi” da seguire. Ci sono fin troppi “interventisti”, che finora hanno solo creato un’enorme confusione e scambiato i loro malumori, espressi alla rinfusa nella “rete”, quale grande esempio di azione politica.
Occorre lucidità (e poca megalomania) per riconoscere l’esistenza di una fase storica di transizione, che conosciamo pochissimo e continuiamo perciò ad interpretare con categorie vecchie di secoli, riverniciate di superficialità à la page. Se Marx fosse nato trenta o più anni prima – e all’età in cui elaborò il primo libro de Il Capitale si fosse trovato negli anni ’20-’30 di quel secolo – non avrebbe potuto scrivere ciò che ha scritto; e, malgrado il suo genio, non avrebbe combinato molto di più di quel che siamo in grado di “arrangiare” noi. Credere il contrario è puro idealismo (realmente utopico); in questo il marxismo – quello scientifico, e dunque continuamente rivedibile alla luce degli eventi storici, non certo quello dei credenti e scriteriati fideisti – mantiene la sua superiorità rispetto ai puri “fantasisti”.